Il rispetto per le parole. Il pieno ed il vuoto.

Può mai andare d’accordo il pieno con il vuoto? Due vocaboli così distanti, due concetti così apparentemente in contrasto, possono mai trovare una via d’intesa, una logica comune che li unisca, oltre quella della evidente contrapposizione? A quanto sembra, sì. 

Quando il vice direttore Giorgio Gabrielli, conscio della mia perdurante traballante situazione di salute, con animo costruttivo e sempre presente mi ha suggerito il tema dell’eredità come leitmotiv del numero in corso, un sussulto ha accarezzato le corde della mia sensibilità, messa a dura prova negli ultimi mesi. 

Renato Scarpa ci ha lasciato. Un caro amico, un amico del nostro giornale, un amico della bellezza, della cultura e della poesia italiana. E cosa ha lasciato? Certamente una grande eredità. Certamente un patrimonio di sentimenti, di onde spirituali, di gesti nobili e puri, di vissuti preziosi, di sconfitte abbattute, di incoraggiamenti sottesi. Sì, certamente una grande eredità. Ma anche un profondo ed incolmabile senso di vuoto. La consapevolezza che nulla potrà riempire, appunto, il vuoto che ha lasciato. 

Questo accade per ogni creatura speciale che incontriamo nel nostro viaggio, e che poi perdiamo. Per ogni piccolo o grande paesaggio che affrontiamo o che guardiamo dall’alto. Questo è il destino di ogni essere, umano o animale, che prepotentemente si affaccia nella nostra vita. Ed è il destino di noi stessi per qualcun altro, sin dal primo giorno, gridando con il nostro primo pianto il desiderio di esserci e di iniziare a camminare.

Forse è arrivato davvero il momento di fermarci un istante. Osservare al microscopio la fretta e l’arroganza dei nostri giorni, l’incuria della nostra superficialità, la cattiva educazione delle nostre parole. Dovremmo analizzare i batteri che si insinuano in ogni lettera che esprimiamo, allontanare ogni tarma che può far cedere da un momento all’altro i bastoncini che le compongono.

Ne parlavo alcuni giorni fa con Faby (@_NonDirmelo_), una sensibilità curiosa ed intelligente, incontrata scambiando alcuni pensieri su twitter. Ha espresso la mancanza di educazione di buona parte del mondo social e la pesantezza da riunione condominiale di linguaggi ed espressioni.

Ecco cosa voglio ricordare, in questo momento, di Renato. L’eredità delle sue parole. Il contenuto di ogni suo pensiero, le carezze di ogni sua espressività, il caldo, spontaneo e tenero abbraccio di ogni racconto.

E invitare tutti farne tesoro. Tutti.

E allora… facciamo un pieno di parole, ma che non siano vuote. Coloriamole anche di allegria, di squisita ironia, di profonda leggerezza. Ma non lasciamole in pasto alla banalità, al tanto per dire, al vento che se le porta via, alla rissa o alla pesantezza di una riunione condominiale…

Ecco. Il rispetto per le parole. 

Caro Renato,

il nostro giornale è dedicato a te.

E al cucciolo di uomo che ci aiuterai a preservare.

Gerry