Incontro con Vittorio Gruzza
Venti di guerra e tentativi di pace. La chiesa cattolica è punto di riferimento per chi prova a proporre un trattato che possa assicurare pace anche in questo difficile conflitto, ma già da tempo, già prima che scoppiasse questo conflitto in seno all’Europa, il Sommo Pontefice aveva proposto di mettersi in cammino per la pace, parlando di chi si impegna a costruirla la pace.
Per parlare di questo incontro Vittorio Gruzza che è uno di quei “Portatori di Pace” che Papa Francesco a chiamato nella chiesa.
Trentino, classe 1980, laureato in Giurisprudenza all’università degli studi di Trento. Dopo aver lavorato per 10 anni nell’industria del gaming occupandosi di compliance aziendale a 360°, dal 2018 è analista finanziario indipendente. Oggi risiede a Roma dal 2011 con la sua famiglia e da quasi due anni fa parte dell’equipe pastorale della parrocchia San Giovanni De La Salle, costituita in risposta al progetto di Papa Francesco per rinnovare e riformare la Chiesa.
Interessi: macroeconomia e finanza, musica e trekking. In generale “cercare di far del bene ed essere utili, laddove si può”.
L’azione avviata in tutte le diocesi, in tutte le parrocchie è partita da diversi mesi: «Tutti siamo chiamati ad essere costruttori di pace», ha detto il Santo Padre. Ma che vuol dire effettivamente essere Costruttori di Pace?
Personalmente credo che essere “costruttori di pace” significhi essenzialmente essere portatori unilaterali e senza impegno di perdono, disinteresse, ascolto e semplicemente amore. Tutto gira intorno a questa parola. Saper amare è chiave fondamentale per portare la “pace”. Quella vera, quella che tocca il cuore e sa accogliere e placare il mare mosso che ognuno di noi porta dentro, inevitabilmente.
Il Papa ha invitato tutti i fedeli nell’occasione del Mercoledì delle Cenerdì a partecipare ad un momento di Digiuno e di Preghiera per la Pace, per percorrere ogni sforzo possibile. La Quaresima inizia proprio sotto venti di guerra. Che sforzi si possono fare? Serve la Preghiera?
Credo che la cosa giusta da fare sia mettersi a disposizione per quel che si necessita, a cuore aperto. Dire “io ci sono, se serve sono qui” e tenere gli occhi e le orecchie attenti per cogliere queste occasioni. Tuttavia, davanti ad eventi tragici come una guerra, credo che purtroppo le cose da fare che possano effettivamente controbattere alla drammaticità che un tale evento scatena nelle persone che la vivono, siano ben poche. E’ un aiuto, non è un rimedio. C’è un passo del Vangelo in cui Gesù ci dice che se pregassimo con fede avremmo il potere di ordinare alla montagne di spostarsi. La Madonna più volte ci ha ricordato in questi anni che la preghiera ha la forza di fermare le guerre e le leggi naturali. Per quanto tutto questo possa sembrarci lontano dalla materialità del nostro mondo, Io ci voglio credere. Quante volte abbiamo sentito che la vita di un essere umano è stata salvata da una cosa invisibile come una parola detta al momento giusto? La preghiera è uguale. Viaggia con “parole” scaturite dal cuore dell’uomo che vanno a bussare alla porta del cuore di Dio, nostro Padre. Oggi crediamo ad ogni cosa ci venga propinata sia in tv che alla radio senza minimamente verificare spesso le fonti. Credo sia giunto il momento di credere anche alla Parola di Dio.
Mi ha molto colpito vedere l’immagine del Cristo messo in sicurezza dai cittadini, quando hanno difficoltà a mettere in sicurezza loro stessi. Come se quel Cristo fosse effettivamente parte delle proprie vite, delle proprie identità.
E’ un immagine che insegna molto su ciò che può contare davvero nella vita delle persone. E’ una preghiera fatta con le mani e con il corpo. E’ un voler dire al mondo “stiamo perdendo tutto ma non siamo disposti a perdere la nostra fede e la nostra speranza”. Ci sono poche parole secondo me per carpire la profondità di questo gesto ed anche la sua disperazione. Ma il sapore ultimo che provo nel guardarla, non è certo di disperazione, semmai di coraggio, forza e fede. Grande esempio.
La guerra in Ucraina ci ha riportato alla mente situazioni fosche che hanno sconquassato l’Europa e che abbiamo sentito dai nostri nonni – come la Seconda Guerra Mondiale – oppure abbiamo visto nell’ex-Jugoslavia ma che abbiamo pensato relegata ad un momento storico particolare e irripetibile. E invece già l’Ucraina è stato territorio di guerra 8 anni fa. Come si fa ad assicurare la pace? E si può assicurare la pace?La pace si fa nel momento in cui si rinuncia a pestare i piedi al tuo prossimo per trarne un vantaggio. Al di là di posizioni geopolitiche o storiche, peraltro rilevanti, il fondamento di tutto questo sta ancora una volta, nel cuore. Non può esserci pace tra gli uomini se nel cuore dell’uomo ci sono altri idoli. Purtroppo basta guardarsi intorno per capire che oggi, qui, su questa terra, dal teenager che “posta” un video su Instagram e che fa del numero dei suoi follower la sua ragione di vita fino ad arrivare alla banca centrale di qualche paese che dietro la scusa della stabilità economica e dei prezzi opera in modo discutibile attraverso certe politiche monetarie, ciò che conta è il potere, il denaro e il controllo. Finché gli dei saranno questi, non avremo mai vera pace.
Nel mondo ci sono tanti e tanti teatri di guerra, non solo l’Ucraina. Il Santo Padre si è speso molto per quei territori abbandonati. Ricordo con toccante commozione il gesto umilissimo, con il respiro affaticato di un uomo anziano, che chiede di mantenere la Pace, davanti ai leader del Sud Sudan, sbigottiti e colpiti. Perché la pace non è solo da costruire ma è anche da mantenere, da custodire.
(NdR: questo è il momento al quale ci riferiamo, avvenuto ad Aprile 2019 https://www.youtube.com/watch?v=ZMl_Wf-0jmE)
Assolutamente si. La pace è un dono prezioso e santo. E come ogni cosa santa il demonio ce la vuole distruggere, rubare e portar via. E’ nostra responsabilità mantenere la pace donataci da nostro Padre in cielo, un giorno alla volta, con le nostre libere scelte. Sapendo di essere figli imperfetti e fratelli lunatici. Fa parte del gioco esserlo. L’importante, è avere ben chiaro la sacralità di ciò che la pace contiene e genera.
Lei, Vittorio, coordina un gruppo di una parrocchia a Roma e si spende in prima persona per questo obiettivo che è decisamente immenso. Non si sente un pò una goccia in un mare in burrasca?
Io, insieme a mia moglie Nadia, abbiamo solo dato il nostro piccolo “si”, come altri dell’equipe pastorale e certamente, sono meno di una goccia. Anzi io non sono nulla. Ma il mio nulla è sufficiente nelle mani di Colui che risorge i morti, di Colui che dà la vista ai ciechi e che guarisce gli ammalati. Se penso alla possibilità che Dio, possa usarmi anche per pochi secondi della mia esistenza per agire o toccare il cuore del mio prossimo che non a caso ho davanti, quanto, come e dove dice Lui, mi basta per essere in pace. Alla fine siamo solo strumenti. Tutti noi. Ma come dicevo prima, quando Dio opera credo lo faccia rapidamente. Pochi secondi per resuscitare un morto e ancor di meno per guarire un sofferente.
Bastano pochi secondi per fare del bene. Lasciamo decidere a Lui, il quanto, il dove e il come.