Intervista ad Alex Barberis
Una vita a suon di bacchette “magiche”, il ritmo inarrestabile di un percussionista romano: Alex Barberis ed i suoni del mondo
“Lo spirito della percussione è qualcosa che si può sentire ma che non si può afferrare, ti fa qualcosa che ti entra dentro…Colpisce la gente in modi diversi. Ma la sensazione che si prova è di soddisfazione e gioia. E’ uno stato d’animo che ti fa dire a te stesso “Sono felice di essere vivo oggi! Sono felice di essere parte di questo mondo” – Babatunde Olatunji, percussionista e musicista nigeriano.
“Se non avessi fatto il percussionista sarei diventato un archeologo”. Per fortuna è diventato un percussionista anche perché sarebbe stato capace di utilizzare pale, picconi e picconcini, zappe, palette, scopette, spazzole e cazzuole al posto delle bacchette probabilmente da battere a suon di musica su carriole, secchi e antichissimi e preziosissimi reperti.
Un mondo di musica e di passioni, quello di Alex Barberis, percussionista romano. Il suono portato ovunque, in ogni tipo di esperienza in un arco di tempo importante, quasi quarant’anni. Studia, sperimenta, da vita a gruppi musicali, Maximum Available Gain capitanato dal chitarrista compositore Max Alviti, Simposio, Traccia Mista, L’Albero di Maggio, Janis is Alive, Colors 3, è promotore e partecipa ad iniziative musicali tra cui il primo “Working Progress Clinics Drummer Festival”, di cui è fondatore, una iniziativa messa in atto da un gruppo di insegnanti di batteria appartenenti alla realtà di Roma e dintorni. Un gruppo eterogeneo che si è formato allo scopo di cooperare, con il fine ultimo di divulgare, attraverso l’organizzazione di Clinics, le proprie singolari scuole di pensiero. Ha realizzato brani di sonorizzazione per le trasmissioni Linea Blu (Raiuno) e L’Italia sul due (Raidue), ha collaborato con il musicista americano Buddy Miles ed Alex Britti, il suo cd di musica improvvisata “Colori” è stato utilizzato nella rappresentazione teatrale Medea. Nel 2007 diventa Endorser delle batterie V-Drums Roland esordendo presso l’Open Day, la più importante manifestazione fieristica del settore musicale del centro sud Italia. Con i Three Way Drummers svolge il primo Summer Drummer Masterclass a Firenze. Suona nella maratona musicale “Dalla pelle al cielo” a Roma e per lo spettacolo “Io, Anna e Napoli” tra parole e musica di e con Carlo Delle Piane.
Ma questa rappresenta solo una sintesi di tutto il lavoro svolto da Alex Barberis. I suoi orizzonti musicali si estendono a molti generi tra i quali drum’n’bass, R&B, funk, etnofunk, hip hop, jazz funk, jazz fusion, latin jazz, cubana, latino americana, salsa, musica sinfonica, musiche di scena, canto popolare, musica africana, musica araba, world music, ambient, samba ed elettro jazz. Raccontando della sua partecipazione al progetto Khelè è come se descrivesse sè stesso: “Khelè è un universo di simboli e di enunciazioni evocative che trovano nel processo creativo e nelle modalità organizzative prescelte, l’evoluzione dinamica di un autentico viaggio sonoro in continuo divenire. Khelè non si pone alcuna limitazione sul tipo di strutture o tipo di improvvisazione o stile musicale. L’obiettivo principale di Khelè è esprimere creativamente la bellezza dei vari linguaggi musicali, usando in modo ambivalente strutture definite, libera improvvisazione, ricerca timbrica e uso delle nuove tecnologie di sintesi sonora. Khelè è la materializzazione delle infinite emozioni che la musica può offrire: un viaggio musicale che supera qualunque barriera spazio-temporale legata ai limiti di genere o stile musicale”. Perché Alex è un po’ tutto questo, un bellissimo universo di improvvisazione, creatività, stili differenti, ricerca, dinamicità e poesia.
Lo abbiamo intervistato per i nostri lettori.
Cercando di visionare quanto più materiale possibile sulla sua figura professionale mi sono “smarrita” ed è stata una bellissima sensazione. Un mondo immenso di eventi, attività, esperienze, collaborazioni, nell’arco di circa quarant’anni. Mi aiuti a ritrovarmi iniziando a raccontarmi del suo essere bambino, immagino appassionato di tutto ciò che riusciva ad emettere un qualsiasi suono.
“Sono l’ultimo di sei fratelli, tutti ascoltavano musica di ogni genere, quindi, venivo a conoscenza di gruppi, musicisti, cantanti e cantautori di ogni parte del mondo grazie a loro. Una volta la musica si ascoltava con molta curiosità ed attenzione. Quando ero piccolo, sei o sette anni, ascoltavo principalmente musica tramite il famoso mangiadischi portatile, dischi in vinile a 45 giri saranno stati 400/500 dischi, da Battisti, Bennato, Frank Sinatra, Mozart, Bach, poi in breve tempo i vinili da 33 giri su piatto ed impianto stereo, e lì un’infinità di musica, Pink Floyd, Genesis, Doors, Rolling Stones, Led Zeppelin, Deep purple, Beatles, Bob Marley, Police, Bach, Beethoven, Mozart, Charlie Parker, Dizzy Gillespie, Miles Davis, e poi col tempo, Weather Report, Pat Metheny, Jan Garbarek, Bill Frisell. Insomma, tantissima musica e di vario tipo. Poi, ho iniziato a vedere concerti dal vivo, oltre ai tanti visti in TV, e questo mi ha portato ad avere sempre di più un approccio filosofico musicale, ma non cosciente del tutto. Avrei voluto suonare il pianoforte ma, in casa i problemi di sopravvivenza per una famiglia composta da 8 persone non erano semplici, quindi niente pianoforte. Le pentole erano la mia prima batteria ma non per cucinare. La simulazione di una batteria suonata con le cucchiarelle, mia Madre Valeria lo ricorda ancora.
Grazie ai miei amici d’adolescenza, che si riunivano in casa o in soffitta a suonare, approcciai, o meglio strimpellai la batteria….woooowww!…fu amore a prima vista, ma ero imbarazzato ad esternarlo e cominciai in intimità a pensare di comprarne una, purtroppo a quei tempi non esistevano batterie economiche come oggi. Cominciai a lavorare al Luneur, cercando di racimolare soldi per comprare ogni tanto un tamburo usato fino ad assemblare una batteria, ma la paga era bassissima, e vedevo la batteria molto lontana. Non importava, intanto simulavo la batteria con cuscini e i piedi battevano il pavimento simulando i pedali della cassa e del charleston, questa simulazione mi portò comunque a suonare nelle sale prova. Dopo due anni di esercizi sui cuscini, una mattina mio fratello Roberto, anche lui artista pittore della vecchia scuola dell’Accademia delle Belle Arti di Roma, mi vide e mi disse: “Ok!..basta, i cuscini servono per appoggiarci la testa..non per suonare, andiamo a comprare una batteria”. Lo guardavo incredulo. “Tu meriti di suonare veramente non di simularla la musica”, comprò a rate la prima batteria della mia vita, una bellissima Tama Swing Star color platino con piatti Paiste. Ringrazio di cuore mio fratello, che oggi non è più tra noi, il suo gesto meraviglioso ha dato a me la possibilità di percorrere una vita bellissima piena di soddisfazioni e mi ha liberato dall’apatia di quei tempi, quando non c’erano tante cose da fare, soprattutto nei quartieri periferici di Roma, e questo portava molti giovani in brutti percorsi di vita. La Musica mi ha tolto da percorsi negativi che, per molti cari amici è stato fatale…grazie ancora Roberto, grazie Musica!”
Inizia quindi il suo percorso professionale.
“Diciamo che inizia un percorso più strutturato. Per due anni suonai ad orecchio poi iniziai a studiare batteria con il Maestro Mario Paliano della famosa Scuola di Musica Popolare di Testaccio. Purtroppo, non potevo frequentare sempre perché le lezioni costavano, ed io non avevo la possibilità. Nel tempo, mentre suonavo con vari gruppi, andai a lezione dai Maestri Beppe Giampiero e Alberto D’Anna, presso il Centro di percussioni Timba a Roma. Il tempo per andarci e per studiare non era molto, per pagarmi le lezioni lavoravo con mio zio svegliandomi alle 2:30 del mattino per essere pronto ad andare in giro per il centro di Roma a consegnare gelati nei bar. Alcune volte finivo di lavorare nel tardo pomeriggio ed attraversavo Roma da un capo all’altro con i mezzi pubblici per andare a lezione, alcune volte ero così stanco da non capirci assolutamente nulla. Ma anche quello è servito, uscivo dalle lezioni con un punto interrogativo in testa mentre mi appassionavo sempre di più”.
E poi arriva l’incontro con un grande maestro.
“Con gli anni, la vita mi ha voluto premiare con un grande Maestro, Horacio El Negro Hernadez. Con lui ho compreso molti insegnamenti dei precedenti insegnanti o musicisti. Io cercavo di seguire i dischi di Afrocubana, dove la batteria non esisteva ma, soltanto con le percussioni e con i miei quattro arti, potevo ricreare in poliritmia i movimenti ritmici dei percussionisti, e come dal cielo ecco arrivare El Negro, che suonava al cubo in modo eccezionale quello che tentavo di fare io. Il direttore del Timba, mi disse, “credo sia arrivato il maestro che fa per te”, nell’aula guardavo fulminato e potevo vedere chi come me aveva un altro approccio sulla batteria, ed in che modo meraviglioso!
Prima di lui, avevo seguito alcune lezioni con il maestro Gianni Di Renzo, maestro di grande umanità, purtroppo ho avuto poco tempo con lui per capirlo e fare un percorso più accademico, ma dopo tanti anni, l’ho incontrato di nuovo tra i docenti di batteria al Saint Louis di Roma. Il resto del mio percorso didattico l’ho proseguito da autodidatta, molte cose le ho dovute imparare da solo, soprattutto nel linguaggio musicale, ma anche in quello tecnico corporale”.
Batterista, percussionista, maestro di batteria e percussioni, endorser, compositore, musicista, ideatore dei cajondrums SFINGE, collaboratore e ideatore di progetti musicali di ricerca tra cui Alma Nua e Tupa Ruja. Cosa rimane fermo ed immutabile di lei ogni qualvolta cambia veste, ruolo e personaggio?
“Nasco principalmente come batterista, facendo un percorso esclusivo da batterista, poi ho cominciato ad assemblare un set con più strumenti a percussione. Al Centro di Percussioni Timba, seguivo laboratori di percussioni, afrocubane, africane e brasiliane, questi laboratori mi hanno fatto conoscere le percussioni, e non ho fatto altro che creare un set compreso di conga, Djembe, Darbuka, e vari aggeggi, oltre alla batteria, comunque acustici. Il mio mondo sonoro comincia ad avere uno sviluppo e approccio batteristico diverso, sia sonoro che tecnico perché suonare più strumenti diversi richiedeva un tecnicismo maggiore sotto vari aspetti, nella velocità e nelle dinamiche. Endorser dei prestigiosi piatti toscani UFIP di Pistoia, grazie all’azienda pistoiese ho potuto sperimentare molti suoni diversi con più set di piatti e strumenti come gong e aggeggi. Endorser per 5 anni con le batterie Mapex, ho potuto sperimentare due set diversi facendomi costruire il primo set più adatto alle mie esigenze. Endorser, attualmente, della prestigiosa casa di batterie Ludwig, anche qui ho 3 set diversi, di cui uno specifico per le mie esigenze attuali, costruito con misure e legno che ricordasse il suono vintage. Endorser per alcuni anni della Roland, con cui ho collaudato vari strumenti come batterie e percussioni elettroniche. La collaborazione con l’azienda giapponese nasce perché la mia ricerca sonora comprendeva anche quella elettronica, tanto da interagire con sequencer, ma soprattutto era incentrato sulla ricerca delle sonorità synth. Grazie alla mia conoscenza sulla strumentazione Roland, entro come docente di batteria elettronica al Saint Louis di Roma, in seguito anche come docente di batteria classica multistilistica. Grazie al mio corso di V-Drums Roland, ad Utrecht in Olanda, viene portato a conoscenza il mio corso V-Drums svolto al Saint Louis, così da avviare il corso V-Drums School nel mondo. Endorser delle batterie elettroniche 2Box (svedesi) nonché collaudatore. Endorser delle bacchette Vic Firth per molti anni. Endorser, attualmente, delle bacchette Roll Em ottenendo delle bacchette signatur Alex Barberis da me ideate. Endorser Korg con i Wavedrum, una multi percussione elettronica dai suoni estremamente realistici. Endorser dei microfoni per batteria e percussioni Carol, Endorser Remo per le pelli per batteria e percussioni. Per esigenze personali, con l’artigiano Piero Traditi ho ideato il Cajondrums Sfinge, un cajon con seduta e tapa obliqua per avere la comodità di suonare il cajon con un set di batteria, riconosciuto come il proseguimento moderno dei cajon tradizionali alla manifestazione multietnica svolta al museo della civiltà Pigorini di Roma. Endorser Latum di Alessandro Armillotta, costruttore artigiano dei tamburi armonici Latum, con l’ideazione dei tamburi armonici mono nota per batteria e percussioni.
Collaboro da anni in progetti di ricerca musicale, come il genere World Music, il Nu jazz, o tutto ciò che ha influenze musicali di vario tipo, diciamo una fusione di suoni, di musica etnica, jazz, meditativa e moderna. Con gli attuali progetti con cui collaboro, gli Alma Nua, progetto del chitarrista compositore romano Andrea Esposito insieme al bassista Fabio Penna, il concetto musicale di base è l’estemporaneità della musica, in pratica, suoniamo la vera improvvisazione basandoci su dei canovacci, ossia, riconoscimenti armonici, melodici e ritmici, dove possiamo improvvisare e quindi far uscire il proprio estro artistico. Il disco Alma Nua, per ora soltanto in formato liquido, ossia, in formato file mp3 o wave, viene distribuito dagli stessi Alma Nua. L’altro progetto, appena iniziato, è quello world music dei Tupa Ruja, progetto della coppia, sia musicalmente ma, anche nella vita, di Martina Lupi cantante e multi strumentista, e Fabio Gagliardi voce, Didjeridoo e percussioni. Nel nuovo progetto Tupa Ruja, oltre a me alla batteria e percussioni acustiche ed elettroniche, c’è il grande chitarrista Nicola Cantatore, con la sua ricerca sonora meticolosa, e grande arrangiatore che, con i Tupa Ruja svolge in modo impeccabile. Insomma, un quartetto che, oggi, ha raggiunto una sinergia tale da far fare un balzo musicale sonoro e ritmico di notevole spicco.
In tutti i progetti, ovviamente rimango fermo sul mio modo di interpretare la musica, ma ovviamente, mi immergo nella sinergia piena con il resto dei musicisti, nulla deve sfuggirmi, o creare un personaggio in modalità, non è per me un lavoro, è principalmente passione”
Quali sono i suoi riferimenti musicali ed in quale genere crede di riuscire meglio ad esprimere la sua forma artistica in modo più profondo ed incisivo affinchè lo spettatore si senta “a casa sua”?
“I miei riferimenti sono molteplici, ma non ridondanti, mi riferisco a tutta quella musica che lascia lo spazio interpretativo ed improvvisativo. La musica composta da eseguire soltanto con gli occhi e poco con le orecchie, non mi è mai piaciuta, è statica, noiosa e meccanica. Credo fortemente, per mia esperienza diretta, che il pubblico si senta a casa sua se il, o i musicisti, creino credibilità suonando, avendo ognuno un proprio carattere per interagire con gli altri componenti del gruppo e con il pubblico.
Riguardo il genere musicale, quello che più rende vario il genere, che fonda varie conoscenze musicali, e che non sia ridondante. Per esempio, Pat Metheny Group, Bill Frisell, Jan Garbarek, Hadouk Trio, Trilok Gurtu, Oregon, Joe Zawinul, Steve Coleman, Mynta, Jon Scofield, Glen Velez, Lyle Mays e tanti altri, non proseguo perché la lista sarebbe lunghissima”.
Ci parli del metodo drum time
“Più che metodo, è un percorso, dato che un mio metodo scritto non l’ho ancora realizzato.
Inizialmente è un percorso didattico come tanti altri, ma il mio intento è quello di tirare fuori il più possibile l’estro artistico dell’allievo, cercando di tralasciare inizialmente il percorso accademico, diciamo che la disciplina non deve mancare, d’altronde per ottenere dei risultati non se ne può fare a meno, ma l’approccio non è con la disciplina. Che siano piccoli o grandi, l’inizio è il gioco. Non ho mai dimenticato il mio approccio con lo studio della batteria, tutto troppo serio e noioso. Molti di noi sono nati con una vocazione artistica che deve essere indirizzata con il tempo, la difficoltà è notevole e molte volte può scoraggiare se non si riesce a miscelare bene lo studio con il divertimento. A volte si può avvertire la sensazione del fallimento, sia come allievi che come insegnanti. Per giustificare spesso un cattivo metodo di insegnamento si pone l’accento sulla selezione naturale, ma non è così. Credo che l’approccio di un bravo insegnante sia quello di comprendere la mente dell’allievo oltre alla sua vocazione o bravura, bisogna conoscere il vissuto dei ragazzi e poi trovare il giusto percorso per ognuno di loro. Molti si perdono non perché non bravi, ma perché non hanno incontrato l’insegnante giusto, con quella buona dose di sensibilità e di empatia”
Lei utilizza un suo percorso didattico musicale con la dispensa “6 x 10” da lei creata per tutti coloro che non hanno molto tempo a disposizione per studiare. Come si può con soli 10 minuti al giorno imparare a suonare la batteria? Ci spieghi il suo miracolo.
“Miracolo? Ma no. Io stesso, anni fa, avevo poco tempo a disposizione perché lavorando potevo dedicare poco tempo allo studio, ma ero costante e questo mi consentiva di fare grandi progressi.
Mi resi conto che la costanza, l’essere metodico e puntuale, la perseveranza, la determinazione potevano sopperire alle poche ore di studio. Iniziai ad applicarmi agli esercizi più importanti ogni giorno, ma ugualmente mi accorgevo che il tempo da dedicare alla batteria era troppo poco. Sperimentai che potevo rimediare a questo mio limite con meno esercizi ma ripetitivi. Costantemente gli stessi esercizi per la stessa durata.
Il metodo funzionò più di ogni altra cosa, tanto da applicarlo ai miei allievi, vedendo i giusti risultati. Sei Metodi, o meglio, alcuni esercizi fondamentali ripetuti in sei metodi diversi. L’allievo può dedicarsi iniziando con dieci minuti al giorno iniziando lentamente poi velocizzando sempre di più, sempre per la stessa durata, dieci minuti. Lo stesso esercizio, ad esempio della durata di pochi secondi, ripetuto per dieci minuti con pulizia sonora e di movimento senza mai fermarsi”.
Cos’è un batterista organico?
“Per organico si intende musicale, melodico, attento a suonare insieme alla ritmica sempre in movimento diverso degli altri strumenti, che non sia soltanto di accompagnamento ritmico, ma espressivo ed estemporaneo musicalmente, quello che, appunto, solitamente fanno tutti gli altri strumenti.
Il batterista e percussionista americano Bob Moses, ne fece una vera e propria filosofia batteristica, tanto da influenzare molti batteristi nel mondo”.
L’insegnamento per lei è una vera e propria vocazione oppure ha deciso nel corso del tempo di approcciarsi a tale mestiere? Cosa c’era nei suoi sogni di bambino? Essere un musicista puro l’ha mai contemplato?
“Iniziai ad insegnare trentuno anni fa, per caso. Un amico mi chiese di insegnargli a suonare la batteria. Non era nelle mie vedute, ma mi piacque molto, era molto soddisfacente..e mi consentiva di guadagnare in parallelo con il lavoro di musicista. Si unirono poi altri allievi, la sala era in un contesto piacevole, vicino la vecchia torre di avvistamento romana Tor di Valle, un edificio storico. In seguito mi sono perfezionato nell’insegnamento riprendendo e continuando a studiare, questa è stata una crescita per me, per migliorarmi e per aggiornarmi. La passione per l’insegnamento con il tempo è aumentata ed è poi diventata una vera e propria professione che amo molto.
Da bambino avevo tanti sogni, non solo la musica, ma ero un ribelle e le istituzioni mi fecero disamorare e distogliere da tanti altri obiettivi. Musicalmente sognavo ad occhi aperti la felicità di suonare per un grande pubblico felice di ascoltarmi. Mi emoziono ancora oggi nel ricordarlo e nell’immaginarlo anche adesso. I sogni di bambino non passano mai, non finiscono anche se non li realizzi completamente, sono belli proprio per questo motivo. Sono diversi dai sogni degli adulti.
Sono un musicista puro, faccio quello che più mi piace e mi va. I compromessi si fanno sempre, li fa chiuque. Anche se non sembra, li fai tutti i giorni e la vita non gira soltanto intorno a noi”
Se avesse potuto scegliere in quale band del passato avrebbe voluto suonare? Qual è stato il suo sogno gigante? Avrebbe voluto girare il mondo con Bruce Springsteen (mi perdoni la citazione, è il mio più grande innamoramento)?
“Doors quando ero molto giovane, Pat Metheny Group, Peter Gabriel, Jan Garbarek, Bill Frisell, ma questi sono sogni ancora vivi. Mi spiace deluderti ma non seguo Springsteen, un grande, ma non mi sarebbe piaciuto, non amo la staticità batteristica da sempre”
Nella sua intervista a Radio Città Aperta parla del grande progetto musicale “Alma Nua” del trio Esposito/Penna/Barberis. Le sue parole raccontano in libertà la sua vita da batterista senza compromessi. Quanto le è costato in termini professionali, morali, sociali, umani ed economici non scendere a compromessi?
“Il progetto Alma Nua è un progetto che amo molto perché mi consente di esprimermi liberamente e completamente a modo mio. Un progetto ancora vivo, nonostante il difficilissimo periodo, che condivido con i miei amici Andrea e Fabio.
La difficoltà di portare avanti un percorso sincero e serio professionalmente e artisticamente è sempre tanta, ma poi te ne fai una ragione, e non vedi il mondo come cattivo e menefreghista ma pieno di tante cose. Siamo in tanti, ognuno vive la sua scelta personale senza far del male agli altri. Io mi vivo la bellezza di quello che con le mie capacità artistiche ed imprenditoriali riesco a costruirmi, senza colpevolizzarmi o trovare alibi per quello che non ho potuto o voluto fare.
Comunque è una strada che mi ha portato a non avere il giusto economicamente, ma le dinamiche sono state tante e sono giunto a cinquantacinque anni con molte separazioni sia nel lavoro che sentimentalmente, ma questa è una lunga storia magari la raccontiamo un’altra volta”
Domanda banale ma di rito, per la curiosità dei lettori, se non avesse fatto il musicista cosa avrebbe voluto fare nella vita?
“In poche parole? L’archeologo”.
John Bonham, Neil Peart, Joey Jordison, Mike Portnoy e Buddy Rich vengono definiti i primi cinque batteristi più grandi al mondo. Cosa ne pensa e qual è la sua classifica?
“Tutti grandi batteristi, non è un caso che hanno e fanno la storia del batterismo, ma non li seguo, non sono per me l’ideale del batterista organico. Li ho seguiti perché è giusto che un musicista conosca i grandi. Tra tutti chi mi ha colpito molto è John Bonam, lui è stato veramente un batterista organico con i Led Zeppelin”.
Ci parli del progetto Ti-Amat
“Ti-Amat era un progetto in movimento, dico era perché è fermo da un po’, ma comunque esistente. Perché in movimento? Perché vedevo come organico un duo che poteva essere affiancato da più musicisti in base alle possibilità, cioè riuscire a non far fermare mai il progetto anche se mancava un elemento del duo. Con basi apposite pilotate da computer, il progetto poteva vivere sempre, ma la pandemia ha dato un fermo, purtroppo, a molti progetti”.
Un altro progetto molto interessante è Simul (dal latino, insieme), la sua collaborazione con la danzatrice Silvia Layla, i mantradrums. La danza ed il ritmo, due forme d’arte che viaggiano insieme e che mai si separano. Un’altra forma di ricerca e sperimentazione?
“Simula nasce dall’incontro con Silvia Layla, bravissima danzatrice di vari stili di danza, tra cui anche classica. Il progetto si basava sul suonare con le mie basi e le mie percussioni, un set percussivo non batteristico, e Silvia all’epicentro del progetto ovviamente. Anche questo progetto ha avuto un necessario periodo di pausa, sono stati anni veramente complicati artisticamente parlando, umanamente poi ancora più gravi. Siamo cambiati un po’ tutti e non sempre in meglio, un’artista fermo non per scelta ma per necessità imposte, è come un leone in gabbia, ma poi chissà magari una volta liberato riesce a lanciare un urlo così forte da far tremare la terra. Dentro di noi ognuno ha costruito qualcosa di forte, ora ripartendo dobbiamo trovare il modo per rappresentarlo, riprodurlo, interpretarlo”.
Arte, yoga e danza coinvolgono Argilla in movimento. Relax, camminate, musica, danza, mani nell’argilla, ascolto, una bella occasione per nutrire corpo e anima. Lasciar andare, rallentare, trasformare, fermentare, arare. Nel 2020 celebravate così l’equinozio d’autunno. Un atto creativo a tutto campo. Sembra non esserci ambito in cui la sua musica non sia presente e coinvolta.
“Questo progetto, anche esso fermo per la pandemia, aveva sempre di base il duo, un po’ come Simul ma, su una idea e progetto della Maestra Rita Malizia. Ho cercato sempre di avere persone interessanti intorno a me con cui condividere la musica, ogni altra forma artistica poteva rappresentare uno spunto, un inizio, un punto di partenza. La meraviglia di questo lavoro è fatta anche di incontri e di contaminazioni, dobbiamo imparare a fidarci ed affidarci agli altri se vogliamo realizzare progetti audaci e coraggiosi”
Diversificare per ampliare, mettersi all’ascolto, suscitare reazioni ed azioni. A tratti appare come un esploratore della vita e dell’essere umano, non solo della musica. Credo si tratti a volte di una sfida con se stesso o di una ricerca di se stesso?
“Semplicemente vivo la musica per come io la concepisco. Negli anni ho cambiato generi musicali, lavorato su vari generi musicali, ma quello che mi faceva vivere il piacere di farlo era la ricerca musicale, l’esplorazione di ritmi, suoni, facendomi avvicinare a musicisti con le stesse mie vedute., non è una ricerca introspettiva, ma soltanto vivere il piacere musicale”.
Cosa hanno rappresentato questi ultimi due anni di fermo nel mondo per lei e per la sua attività?
“Non in termini religiosi, ma per certi versi veramente una benedizione. Mi ha fatto capire veramente che la mia strada non doveva essere deviata da ciò che mi appariva davanti ma doveva essere influenzata da ciò che mi andavo a cercare. Nel periodo del lock down ho realizzato il mio primo disco di sole percussioni, realizzato in casa con il musicista compositore Matteo Colasanti, un disco ed un progetto “Olocene”, musica meditativa e di ricerca. Quindi, un fermarsi sì ma, anche ripulirsi da scorie varie, creando di nuovo e vivendo la musica felicemente in un momento difficile”.
Il potere della musica anche contro le guerre? Cosa ne pensa?
“La Musica è un linguaggio universale, una volta, storicamente, si parlava un’unica lingua, oggi la Musica è l’unico linguaggio per unire il mondo intero!”
Progetti per il futuro?
“Con i Tupa Ruja saremo a Roma il 28 aprile all’auditorium ed il 18 maggio all’Alexanderplatz. Poi dal 1 al 4 luglio in Friuli in quattro diverse località. Con gli Alma Nua saremo a maggio ancora a Roma al Riverside. Si riparte, speriamo, senza ulteriori interruzioni e con l’augurio che tutto vada veramente per il meglio”.