Vanità, selfie e mito.
Lo ammetto. Sono stata anche io e lo sono di tanto in tanto tuttora, attirata in quel vortice di vanità ed esibizionismo che impera attualmente nella nostra società: fotografarsi nelle più svariate situazioni, dando in fondo anche sfogo alla propria creatività, ma indubbiamente in un moto incontenibile di vanità.
Quando sono arrivata, nel leggere la favola di Apuleio “Eros e Psiche”, alla quarta prova iniziatica della bella Psiche, è stato come ricevere una carezza di assoluzione rispetto al mio peccato di vanità e, conseguentemente, una sorta di generalizzata assoluzione nei riguardi delle numerose donne che cedono alla tentazione dei selfie.
La favola di Psiche, esoterica e illuminante per ciò che concerne in particolare l’evoluzione spirituale femminile, ci racconta come la bellissima e coraggiosa moglie mortale di Eros, osteggiata e messa duramente alla prova da Afrodite, riesce a superare le prime tre difficilissime prove pur di riuscire a ricongiungersi al suo amato Eros e a venir elevata ed infine accolta nell’Olimpo. Soffermiamoci su ciò che simboleggia la quarta prova, dove la vanità femminile trova una sua sublimazione.
Narra Apuleio: “Ma per quanto frettolosa di portare a termine il servizio, le vinse l’animo una temeraria curiosità e si disse – Sciocca che sono! Io che porto la bellezza degli Dei non me ne prenderò neppure un pochino per piacere al mio bellissimo amante? – e detto così dischiuse il vasetto. No, dentro non v’era nulla di tutto questo, niente bellezza ma un sonno infernale”.
Come ci indica Erich Newman nel suo saggio “Amore e Psiche” Il tentativo di Afrodite di annientare Psiche raggiunge il suo culmine nella quarta prova: l’unguento di bellezza che Psiche deve andare a prendere è proprietà di Persefone, dea degli inferi. Mettere nelle mani di Psiche l’unguento di bellezza è un’astuzia degna proprio di Afrodite e della sua conoscenza della natura femminile.
Quale donna potrebbe resistere a questa tentazione, e come potrebbe resistere proprio una Psiche?
Lei che ha tra le mani l’unguento di bellezza della dea e decide di aprire il vasetto e di usare per sé l’unguento, dovrebbe essere perfettamente consapevole del pericolo che questo comporta. Tuttavia decide di non dare ad Afrodite quello che ha così faticosamente acquisito e lo ruba. Psiche è una mortale in lotta con una dea. Ma questo fallimento di Psiche spinge lo stesso Eros a entrare in azione, trasforma il fanciullo in uomo e l’amante fuggitivo in salvatore.
Quindi ci sarà un epico lieto fine a questa favola di tribolazione dell’animo femminile in cui trova il suo senso ed il suo sposto, financo la vanità, diventando un fattore di crescita iniziatica, in quanto diretta e motivata, dalla ricerca e la conquista dell’amato. Insomma, ragazze, giovani e meno giovani…se la sappiamo gestire con eleganza, la vanità può essere poetica e creativa.
Ovvio…non esageriamo!