INTERVISTA A NORA LUX NEL SOL INVICTUS 

Nora Lux è un’artista romana che proviene da studi psicologici ma con una formazione multidisciplinare che prosegue all’Accademia delle arti e nuove tecnologie. Artista trans-mediale che spazia dalla fotografia, al video, alla performance, dalla poesia alla musica con forti richiami allo sciamanesimo e al femminino sacro, attraverso simbologie esoteriche che rimandano ad Ermete Trismegisto.

Vent’anni di ininterrotto lavoro nella natura, in cavità e nelle profondità della terra per narrare la storia del femminile nella nostra anima: il percorso artistico di Nora Lux inizia con opere in bianco nero in pellicola e prosegue con immagini di sé stessa come Dea Madre nelle vie sacre e negli ipogei degli etruschi. Il lavoro evolve successivamente in azioni performative che, nell’approccio dell’autrice, rappresentano il naturale sviluppo degli autoscatti.

L’originalità di queste “azioni” consiste nell’essere veri e propri rituali di sintonizzazione con le energie dei luoghi, riti che possiedono la funzione di immergere l’artista nell’inconscio collettivo e nel consentirle di conquistare e trasmettere al pubblico il frammento di una nuova conoscenza. Proprio nel corso di una di queste “azioni”, infatti, mentre assumeva la ieratica posizione della potente Dea Madre, l’artista ha trovato il riferimento Totemico: un corvo, simbolo dello stato iniziale dell’opus chiamato “Nigredo”.

Da questa dimensione di oscurità, Nora Lux ha integrato nuove figure di comunicazione spirituale tra la terra e il cielo, come il pavone (Albedo) e l’aquila (Rubedo), simboli di trasformazione presenti nel suo Vitriolum (2017-2019). Fotografia e performance si compenetrano poiché per l’artista non c’è confine tra l’agire e il momento fotografico. Ciò che porta in scena nelle performance è il risultato delle sue esplorazioni, l’autoscatto è un momento vissuto con e nella natura. L’elemento Terra e le grotte della civiltà etrusca, dove la donna era la più libera delle società antiche, sono i luoghi della metamorfosi, passaggi ctoni, simboli della profondità dell’inconscio.

La fotografia può fissare l’eterno, il suo proposito è più ambizioso, lasciare scorrere, permettere al tempo di passare, non fermarlo e dominarlo ma, creare con esso e su di esso, sfuggire alla vocazione naturale di specchiarsi nell’obiettivo fotografico per attingere ad un altro universo, quello degli Dei, e più specificatamente a quello della Grande Dea, influenzata dalle teorie di Marija Gimbutas, e dall’indagine di Erich Neumann sull’archetipo della Grande Madre e i Simboli della trasformazione di Carl Gustav Jung.

Nora, ci siamo conosciuti in una tua nuova iniziativa, SpeculumamoriS, di cui dopo parleremo. Mi ha da subito incuriosito la tua arte con i suoi forti richiami primordiali. Puoi raccontarci come è cominciato il tuo percorso?

E’ iniziato tutto all’età di 8 anni quando mio padre mi regalò una macchina fotografica.  In famiglia c’era uno zio intellettuale che mi portava spesso nei musei dove mi affascinavano le statuette che poi ricollegai alla Dea madre, come divinità femminile e primordiale. Questo è stato il primo germoglio, da cui è scaturito il Maestro Albero della mia arte ma, direi forse della mia vita. Le radici si sono formate all’Accademia delle arti e nuove tecnologie e l’albero è continuato a crescere, alimentandosi con l’interesse per le civiltà preistoriche e gli etruschi. In quest’ultimi, il principio femminile fu massimamente celebrato e coincise con il diffondersi dei culti misterici e delle civiltà matriarcali, che ho poi approfondito con gli studi dell’antropologa e archeologa Maria Gimbutas.

Ho iniziato il lavoro sul corpo in Accademia, fotografandomi in pellicola, l’uso della fotografia analogica, del bianco e nero con i suoi contrasti, mi proiettava in una dimensione intima e oscura,  vedevo me stessa in luoghi rarefatti, abbandonati, misteriosi.

Passavo giornate intere nei luoghi che sceglievo, spesso ci dormivo anche. Nel 2008, suggestionata dal Film di Pasolini “Il Vangelo secondo Matteo, mi sono recata a Matera nel parco della Murgia, fotografandomi principalmente nelle Chiese Rupestri, e ho realizzato la mia prima immagine iconica di nudo in natura “Mater Lacrimosa”.

Da questo momento ogni mia foto è creata in ambienti esterni, la Natura, che non ho più lasciato, diventa la mia scenografia ed inizio ad ambientare la GRANDE DEA in Etruria (Toscana, Alto Lazio e Umbria). Prediligo ancora oggi le zone tufacee del triangolo magico tra Pitigliano-Sorana-Sovana, area di insediamenti etrusco-romani, all’interno di cavità, grotte e boschi, in 15 anni di lavoro negli stessi luoghi.

Oltre al rapporto con la Natura e con gli elementi primordiali, prevale la dimensione della trasformazione, sia del corpo sia del paesaggio, come si può vedere dall’evoluzione storica degli autoscatti. C’è una tensione tra la foto che vuole eternizzare ed il divenire del tempo che è anche ciclico. Anch’io seguo questa ciclicità come Persefone, che passava sei mesi dell’anno (autunno e inverno) nel regno dei morti e negli altri sei mesi (primavera ed estate) andava sulla Terra da sua madre Demetra, facendola rifiorire al suo passaggio.

Le feste solstiziali hanno infatti avuto nel tempo, la funzione di ricordare all’uomo che il continuo ripetersi della morte e della rinascita del Sole è per analogia l’avvicendarsi della morte e della rinascita della vita.

Anche per me il periodo primavera-estate è quello di massima espressione e produzione artistica mentre quello invernale è più dedicato al ritiro spirituale e allo studio.

A proposito di solstizi, sappiamo che il 21 dicembre prossimo, giorno del sol invictus, presenterai il progetto SIGILLUM alla Galleria Canova 22. Ce ne potresti parlare, illustrando le novità e come si inserisce nella tua composita produzione artistica?

Con la performance SIGILLUM il corpo è medium tra microcosmo e macrocosmo.

La Performance si inserisce all’interno del progetto Close Up promosso da Roma Capitale Assessorato alla cultura con “culture in movimento”, curato dal dipartimento Attività culturali in collaborazione con Siae, in una delle location più suggestive della capitale, la Galleria Canova 22, diretta da Fiorenza D’Alessandro e Franz Prati.

L’Azione è L’Hypostasis greca, la persona in quanto unica “icona divina”. Dialogherò con una mia opera, una fotografia che con la tecnica del mapping verrà proiettata sull’intera galleria.

L’immagine, un autoscatto realizzato nella grotta perciata, maggiore esempio di grotta a scorrimento lavico dell’isola di Ustica, descrive il flusso di magma vulcanico che cambia forma e temperatura come il corpo è fluido e solido. Il corpo scenico di carne e ossa in performance genera un nesso con il versetto della Genesi 2,23: “Questa è osso dalle mie ossa e carne della mia carne”. Creo attraverso il simbolo un corpo che diventa oggetto della vita psichica sigillata nell’essenza del femminile e del maschile insieme in correlazione con i recenti fatti di cronaca riguardanti i femminicidi e la guerra in Palestina. Gli elementi sono incarnazioni terrene dei principi cosmici, così il mio corpo costruisce all’interno dell’opera fotografica un’inclusione totale con gli elementi. Il corpo formato da calcio, fosforo, sodio, potassio, magnesio e ferro unito alla roccia lavica richiama lo stesso ferro presente nel sangue. Il nucleo di ferro fluido della Terra con l’eruzione si manifesta nelle rocce magmatiche con le quali il mio corpo si confronta.

Gli uomini sono il piccolo mondo, perché legati alla Natura del Mondo. L’universo è il grande mondo, il Macrocosmo. Nella performance SIGILLUM attraverso l’immagine, la geometria sacra, il suono, la voce e il CORPO, come specchio ed eco di ciò che è stato violato, unisco Terra e Aria, Fuoco e Acqua.

Potresti sintetizzare il senso della ricerca alla base della tua espressione artistica?

Come dicevo in precedenza, la mia ricerca nasce dalla fotografia che si “muove” parallelamente alla perfomance art, la quale negli ultimi anni è diventata un’espressione necessaria quanto le opere fotografiche che realizzo in Natura.

Il progetto UNUS MUNDUS (2020) mette in evidenza questa corrispondenza, dal quale emerge l’evoluzione della mia espressione, la fotografia e la performance, prioritari nel mio fare, dialogano sempre di più.

Sacralità e Ambiente, retaggi antichi e connessione con il mio corpo, linguaggio alchemico e geometrie sacre. La consapevolezza che ciò che è dentro di noi vive anche al di fuori, in un rapporto di integrazione e unione continua con la natura, il sole, la luna, le stelle.

C’è un senso altro che muove il mio operato ultimamente, qualcosa che si avvicina alla purezza del fuoco. Bruciando puoi distruggere, se non compensi e mitighi con altri elementi, oggi la sfida è proprio questa, vivificare per perfezionare, sottraendo.

Il fuoco è interno alle cose e esterno, è nel cuore della Terra e nei raggi del sole ed ogni cosa si trasforma, si muove e diviene come il fuoco.

Con riferimento al genius loci, ci puoi parlare del tuo progetto “site-specific” TEMPLUM iniziato nel periodo pandemico in Puglia, nel sito preistorico più grande di Europa? e della visione cosmica, in particolare quello su cui sta lavorando attualmente

In uno spazio dove sono raccolti e consacrati i segni, nasce la mia visione del progetto artistico TEMPLUM.

Il Templum è un concetto etrusco, la stessa Roma città in cui sono nata e fondata da Romolo, primo Re Etrusco, viene edificata con il tradizionale rito di fondazione delle città etrusche. Il Templum è una divisione spaziale e temporale praticata in una determinata area, per estensione il Templum diverrà il tempio che conosciamo oggi, cioè la costruzione che si edifica sul luogo precedentemente augurato e reso sacro.  Questo augurare un luogo significa anche dare una centralità ispirata dal luogo.  Percorro sempre la stessa modalità che utilizzo nel progetto TEMPLUM poiché è divenuto un metodo performativo. Ogni cosa procede secondo una geometria e attraverso le ombre che il sole proietta nel cerchio, costruisco una vesica piscis, immagine iconografica sacra, mediazione tra cerchio e quadrato, i cui assi individuano l’orientazione dei futuri cardo Nord-Sud: asse del mondo e decumanus Est-Ovest: traiettoria dell’eclittica. Gli assi del Tempio Sacro.

TEMPLUM inizia in Puglia, nel sito neolitico più grande d’Europa, dove svelo una delle modalità d’azione che attraverso questo progetto diviene chiaramente visibile a tutti. Interpreto un mondo arcaico. Il mio corpo ricettacolo di energie cosmiche divine soglia medianica tra mondo sacro e profano. Nella grande pianura del tavoliere delle puglie, all’interno dell’area neolitica ripercorro i segni di ocra rossi, corrispondenti alla costellazione di Cassiopea, iconografia presente sul busto della statuetta della Dea sciamana, simbolo di sangue e di vita.

 Se il tempo, dice Platone, “è l’immagine mobile dell’eterno e l’istante è l’eterno, dove futuro e passato non esistono”, nell’istante in cui l’augure contempla fissando il Templum diviene tutt’uno col Dio, entra nell’eterno, nell’essere, il quale poi lascia segni indiscutibili di verità e presagio”.

In TEMPLUM II risalgo le scale dell’unica Piramide etrusca presente in Italia, l’altare rupestre più grande d’Europa, con in mano una pietra rosso sangue, inverto il rito di scolatura del sangue, rianimando le vittime sacrificali. Dal sangue degli animali l’anima trasmigra nelle pietre che percorrono al contrario il destino infausto elevandosi in una propositiva e trasmutata nuova esistenza, non solo simbolica, ma incredibilmente reale. In questo mio gesto rinnovo e mi affido ad una metafora concreta, sui temi della vita sotterranea del mondo etrusco, proseguendo il percorso sulle tematiche della  Dea Madre. In TEMPLUM III, rappresento Cerere chiamata la Nera, Demetra per i greci e, Vei per gli etruschi. Il nero è il colore della fertilità, che spiegherà in seguito il proliferare In Europa delle Celebri Madonne Nere, che non a caso erano dotate di virtù curative. La Terra fertile di Cerere e la Lava vulcanica il cui principio è il fuoco si congiungono, ma il sale della Terra è L’anima, “Quell’acqua divina, aqua permanens che dissolve e coagula” la sostanza arcana che trasforma e al tempo stesso è trasformata, la natura che vince la natura.

In TEMPLUM il concetto di sacro è in continua evoluzione, in correlazione al rapporto che stabiliamo con gli elementi naturali e la rotazione dei corpi celesti. Realizzo, infatti, le azioni performative e le fotografie rispettando una divisione spaziale e temporale, seguendo concetti di assialità e orientamento. In questo senso sento di essere arrivata all’alba di un procedere nuovo in cui l’osservazione degli oggetti astronomici, dello spazio, e della natura è parte fondamentale del tutto, e nelle azioni performative è particolarmente evidente poiché si partecipa attivamente ad un modello cosmologico.

Ci potresti illustrare meglio i tuoi punti di riferimento artistici, alcuni di natura antropologica, psicologica e magari filosofici che sono alla base della tua ricerca ed espressione artistica?

Nell’Europa del Neolitico la società poneva la donna al centro della vita sociale e la Dea all’apice del Tempio degli Dei, poiché la donna porta e genera la vita e la divinità della Terra che dà nutrimento. Maria Gimbutas connette il rispetto sociale per il femminile al rispetto profondo religioso, la venerazione di Dee, dichiarando che le società matrilineari dell’Europa Antica rispettavano sia le donne mortali che le divinità femminili.

Molte di queste statuette sono acefale, puoi proiettare su di esse.

Mi viene in mente la testa della “Venere” di Willendorf una sfera granulosa e omogenea, come anche la “Venere” di Lespugue dalla forma ovale allungata, o le statuette di Grimaldi, il Bassorilievo di Laussel e molte altre.

Insieme alle statuette e ai bassorilievi le pitture preistoriche mi hanno sempre affascinata, segni disordinati che arrivano fino a noi con una composizione tangibile ai nostri occhi di un’epoca remota che appare vicina. In questo ho sempre intuito l’Arte, e anche per questo senso di appartenenza che proseguo il mio percorso artistico. Dopo molti millenni questi uomini e queste donne continuano a parlarmi mi assomigliano e tuttavia hanno trasformato loro stessi si sono fatti medium.

Nelle pitture preistoriche i pittogrammi annunciano immagini di animali e non di loro, l’annullamento della rappresentazione dell’uomo rispetto a quella dell’animale mi stupisce ancora portandomi dentro emozioni dal carattere sospeso.

Le tue performance e le tue opere fotografiche sono ricche di richiami ancestrali, esoterici, sciamanici che ci riportano a riflessioni intime ed universali allo stesso tempo.  Qual è la motivazione alla base ed il messaggio che intendi portare?

È innanzitutto una necessità che mi sospinge, un’urgenza, e per questo creo, trasformo, scompongo e ricompongo, non so se c’è un messaggio che intendo portare ma, spero di riuscire ad evocare la Grande Dea, attraverso gli scenari della civiltà etrusca, e della natura tutta, tramite le simbologie della tradizione alchemica occidentale, in maniera sia esoterica che essoterica.

Il culto della Dea Madre di cui parlo abbondantemente nella risposta precedente muove il mio operato da anni, e se pensiamo che questo culto dal neolitico si estende per tutto il paleolitico in un arco temporale che va dai 40.000 anni a.C. ai circa 3000 a.C. più o meno quando inizia la scrittura, è davvero un periodo vastissimo, nulla in confronto ai miei 20 anni di ricerca, nonostante la costanza.

Le statuette delle “Veneri” dalle quale riprendo le posizioni e il dialogo Sono figure di donne enigmatiche che stimolano la mia immaginazione interpretativa, statuette silenziose, così come le opere fotografiche, “aliene”, che lasciano nell’ombra ciò che invece la nostra società mette in risalto.

Probabilmente attraverso le tematiche che indago, metto in luce sia la società patriarcale che ci ha condotti ad ogni femminicidio ma, anche la responsabilità personale oltre le dinamiche sistemiche, strutturali.

Il corpo della donna è portatore delle generazioni future e tutte queste guerre e massacri disonorano la donna e la terra.  Noi siamo il nostro pianeta, uniti possiamo essere più recettivi e disponibili ad agire all’interno di noi.

Stando con i piedi a Terra mi affido al mondo invisibile. Attraverso le mie azioni performative esprimo attraverso il suono il tentativo di portare il pubblico in uno stato di frequenze alfa, per alcuni anche Theta, consapevole che per svuotarci dai condizionamenti culturali che sono l’ostacolo più grande alla nostra evoluzione, possiamo attraversare stati altri di coscienza e risvegliare la visione psichica assopita, per credere in quello che percepiamo.

La Tecnologia e la scienza non dà spazio al soprannaturale ma, gli ebrei tradizionalisti credono che Mosè parlasse con Dio, i mussulmani credono che Maometto ebbe incontri con l’arcangelo Gabriele, gli indù e i buddisti riconoscono entità, regni, intelligenze e stati di esistenza non fisici illimitati.

La nostra conoscenza del soprannaturale nasce da affermazioni di visionari religiosi in condizioni di estasi, profeti, sciamani. L’estasi sciamanica è alla radice di ogni cultura. Nei primi momenti dopo la sua fondazione, circa 2000 anni fa, il cristianesimo era una religione sciamanica. Cristo era uno sciamano non solo perché era umano e divino aveva il dono di guarire gli infermi. Quando pensiamo alla croce del Cristo in essa c’è la morte e la rinascita, è l’iniziazione dello sciamano tramite la morte, l’agonia e la resurrezione.

Ultimamente hai dato vita al progetto iniziatico SpeculumamoriS, a cui ho assistito alle prime due edizioni. Oltre che a un progetto artistico che ti consente di sperimentare per la prima volta il teatro e poterlo confrontare con la performance art che da vent’anni è il tuo mezzo artistico insieme alla fotografia, mi sembra di capire che sei mossa anche da una tua esigenza “spirituale” di metterti a disposizione di altri artisti, aiutandoli ad emergere. Un afflato ispirato dal testo “Lo specchio della anime semplici” della mistica medioevale Margherita Porete. Ci puoi parlare di questa esperienza e dei suoi riferimenti e di come si colloca la disciplina dell’Animazione della Spada che mi ha molto incuriosito e attirato?

Forse oggi le mie azioni hanno una pretesa che va oltre la ricerca artistica, c’è uno spazio nuovo, che mi sono concessa che avvicina me e gli altri alla conoscenza e alla realizzazione di Sé. La Lettura del testo “Lo specchio delle anime semplici“, della mistica del Duecento Margherita Porete, è un trattato allegorico tra Amore, Anima e Ragione, come se fossero tre personaggi. Amore e Anima sono Dio e Margherita che confliggono duramente con ragione. Il testo mira alla semplicità, intesa come unica realtà, non c’è alterità dell’essere. Leggerlo è stato come far vivere in me la non-dualità, un desiderio dell’Anima, l’amore e la conoscenza sono due ali. Questa visione mi ha condotto alla creazione di SpeculumamoriS sia per un sentire intimo ma anche per dare luce a questa mistica cristiana che fu bruciata sul rogo come eretica. Attraverso la via amoris contemplare vedere e amare in gioia. Lo spirituale non è né maschio né femmina il messaggio è aprirsi alla natura propria, che è coscienza. in questi appuntamenti mensili niente va raggiunto, ma svelato. Viene l’ora ed è questa.

La spada è una disciplina che ho imparato da Umberto Di Grazia, Maestro e Amico, Ricercatore e Sensitivo di fama internazionale, ideatore delle tecniche dell’Unione e del Risveglio® e, viene maneggiata in modo rituale sia negli esercizi meditativi che nei movimenti di combattimento, creando apposite figure geometriche nello spazio. In SpeculumamoriS, l’intervento con la spada è sempre presente per valenza del simbolo e connessione storica con la Porete, che anticipa le sorti di un’altra nota figlia di Francia, Giovanna D’Arco, anche lei bruciata al rogo, che guidata da Santa Caterina, ne impugnava una.

La spada, secondo le credenze e le civiltà, simboleggia diversi valori ma rappresenta anche la spina dorsale dell’essere umano, dalla testa al coccige, che è la punta della lama. I simboli come Umberto mi ripete spesso, comunicano più delle parole e risvegliano informazioni addormentate ed indipendenti dalla logica.

Portare questo simbolo, che rappresenta il potere che esercita la sua forza benefica se usata in purezza e nobiltà di intenti, per me significa trasmettere questo e molti altri messaggi a chi vorrà continuare il percorso SpeculumamoriS.

Nel ringraziarti per il tempo che ci hai concesso, c’è qualcosa che vorresti comunicare ai nostri lettori che riguarda la tua espressione artistica oltre che di vita, alle tue direttrici di sviluppo che sembrano inesauribili o, semplicemente, un messaggio da lasciarci?

C’è necessità di un’archeologia del rito per cogliere e ristabilire una verità collettiva attraverso i luoghi, come nei culti di fondazione e continuare a pensare e sentire. Gli algoritmi stanno ridefinendo la realtà. Le nostre informazioni danno luogo a un doppio digitale, un “gemello”, che diventa una nostra estensione. Prodotti e processi vengono ridisegnati dall’intelligenza artificiale: questo Doppelganger elettronico è lo specchio sul quale trasferiamo inconsapevolmente sensazioni, emozioni, pensieri e comportamenti che vengono catalogati in database. Attraverso di questi, coloro che immagazzinano i nostri dati studiano strategie di previsione delle nostre future azioni, dei possibili cambiamenti di direzione e persino gli imprevisti, cercando di tramutare ciò in avvenimenti prevedibili o addirittura prescrivibili. Non credo che questi processi ci aiuteranno a conoscerci meglio e ad avvicinarci maggiormente alla Madre Terra, poiché intaccano il libero arbitrio e violano il confine sacro dell’intimità umana. A questo punto mi chiedo se questi avatar alienati da noi e soggetti al controllo di invisibili padroni, potranno sviluppare addirittura una loroautonoma coscienza? Di fronte a quesiti così radicali e perturbanti sfide tanto poderose, possiamo attraverso l’unione e il risveglio della coscienza, iniziare veramente ad interessarci del nostro pianeta verde. Le specie vegetali e animali si spostano in modo imprevedibile da un ecosistema all’altro creando danni incalcolabili alla biodiversità di tutto il mondo.

Attraverso il mito in cui c’è il senso della nostra esperienza quotidiana, recupero le immagini visibili e invisibili, è come se nei giardini del sogno s’innescasse il potere di trasformare la materia in un elemento libero. Una forma simbolica del pensiero che per analogia organizza la riflessione sull’esistenza e l’esperienza umana mediante la narrazione di eventi passati, presenti e futuri.

*Le opere fotografiche sono state gentilmente concesse dall’artista