L’elezzione
Sì, così con due “z”.
Così Trilussa intitolò un sonetto con il quale raccontava l’elezione del 1912.
Roma all’epoca era tutta un’altra cosa, era stata “invasa” dai Piemontesi. Erano lontani i bombardamenti e le atrocità della Prima Guerra Mondiale ma si sentivano ancora gli echi della Breccia di Porta Pia: il Papa era chiuso nelle mura del Vaticano e si viveva in una situazione dove il riconoscimento era unilaterale, quello che, “umanamente”, potremmo definire rancoroso.
Non a caso utilizzo l’aggettivo “invasa” per Roma, perché anche per i romani più liberali e progressisti, la nuova Intellighenzia risultava essere quasi aliena, completamente “di importazione”.
Per dare un riferimento, solo l’anno prima fu inaugurato il Monumento a Vittorio Emanuele II, quello che ora chiamiamo il Vittoriano o l’Altare della Patria, per commemorare i 50 anni dell’Unità d’Italia che era – appunto – un corpo estraneo nella normale struttura urbanistica romana. Per completezza, una seconda inaugurazione si ebbe poi nel 1935 a conclusione di altri lavori che avevano demolito un intero quartiere e messo in luce altri reperti storici per realizzare Viale dell’Impero (ora Viale dei Fori Imperiali).
Nel 1912, dicevo, si svolsero le elezioni politiche e questa è la poesia che Trilussa, con il suo tono tagliente e sarcastico, dedica a quel momento.
Pubblico il sonetto perché fra pochi giorni, l’8 e il 9 Giugno, si svolgeranno le elezioni europee.
L’Elezzione
Se nun pagava sprofumatamente
te pensi che votava quarchiduno?
Nu’ j’è tornato conto a fa’ er tribbuno,
povero amico! Adesso se la sente!
E spenni e spanni, nu’ lo sa nessuno
li voti ch’ha comprato! Solamente
quelli der Commitato Indipendente
je so’ costati trenta lire l’uno!
Fra pranzi, sbruffi e spese elettorali,
c’è Pietro lo strozzino che cià in mano
quarantamila lire de cambiali!
Un’antra de ‘ste sbiosse, bona notte!
La volontà der popolo sovrano
je costa cara quanto una coccotte!