“LA DONNA DI VETRO”: intervista con Olivia Gobetti
AUTODETERMINAZIONE E RINASCITA NEL NUOVO ROMANZO DI OLIVIA GOBETTI “LA DONNA DI VETRO” : EMILIA E IL SUO VIAGGIO VERSO LA LIBERTA’ E LA REALIZZAZIONE di Giovanna La Vecchia
Emilia è una donna intrappolata in un matrimonio soffocante e oppressivo che lentamente, anno dopo anno, le fa perdere la fiducia in sé stessa e la voglia di vivere. La donna di vetro (Edizioni del Roveto, pag. 272, euro 17.90, 2024) è il nuovo romanzo di Olivia Gobetti, un potente racconto di resilienza e determinazione, che offre una importante e profonda riflessione sulla forza interiore necessaria per affrontare le situazioni più complesse e dolorose della vita.
Scrittrice, aforista e writing coach, Olivia Gobetti è romana di adozione. Nata a Brescia attualmente vive a Nettuno. Ha condotto programmi TV tra cui Sereno Variabile (RaiDue), con Osvaldo Bevilacqua, Sabato4 (Rete 4), oltre a diversi programmi radiofonici su RadioRai e Networks nazionali. La donna di vetro è il suo quinto libro. L’abbiamo incontrata per i nostri lettori conoscendo contemporaneamente due donne straordinarie, Olivia l’autrice ed Emilia la protagonista. Solitudine, silenzio, il crollo di tutte le certezze e sicurezze, la resa dei conti, la nuda e cruda realtà, la percezione che bisogna affrontare le proprie illusioni e farsi carico del senso di distruzione che opprime e annienta. La donna di vetro affronta tematiche drammatiche con un linguaggio schietto e diretto che rispecchia appieno Olivia Gobetti, donna solare, elegante ed empatica, con un sorriso che spazza via tutto, ripulisce in un attimo la via per far spazio al nuovo, al bello, all’estasi della rinascita e della riconquista di sé stessi.
La donna di vetro è una storia che ne rappresenta migliaia purtroppo, tutte molto simili, con dinamiche e linguaggio molto familiari. Emilia, la protagonista, compie un viaggio molto complesso dentro di sé per giungere ad una rappresentazione di sé stessa e della realtà quanto più possibile vicino alla verità. Cosa o chi fa scattare in Emilia la capacità e la possibilità di affrontare tutto questo?
“Se, come si dice, “Nessun uomo è un’isola”, penso che “Nessuna donna ancora lontana dalla sua isola ideale, possa prendere in mano lo scettro della propria esistenza”. Riconoscere il nostro percorso, accettandone le asperità, soprattutto queste, ci permette di lasciare alle spalle una vita poco compatibile con il nostro modo di vivere e sentire la vita. Emilia ‘sente’ quando l’approdo è a un passo: lo avverte nell’anima e, nel momento preciso in cui ne diventa consapevole, il cambiamento è già iniziato. E indietro non si può tornare. La sofferenza è tanta, le delusioni provate non si contano, ma una luce si sta facendo strada tra le lacrime, emerge dalle insicurezze, e infine trionfa sulla paura.
Come direbbe Raffaele Morelli, autore della prefazione, quando riconosciamo la nostra Itaca, togliamo tutti gli orpelli inutili e pesanti della vita, e respiriamo la brezza pura e incontaminata della nostra vera essenza”.
Il linguaggio adoperato nel romanzo è molto semplice, diretto, lineare ed efficace proprio perché non subisce filtri e non si nasconde dietro una facciata di insegnamenti e lezioni di vita. I dialoghi emozionano e colpiscono perché appartengono a molte donne, a molti uomini, a molte famiglie. Perché Emilia ed Edoardo appaiono così familiari e così vicini ad ogni lettore?
“Quando scrivo non uso filtri. Non lo faccio mai perché se racconto la vita, non posso e non voglio nascondermi dietro inutili pudori. Il lettore se ne accorgerebbe subito. La vita non è edulcorata, non chiede permesso aprendo una porta, né chiede scusa se ti offende. Io scrivo solo quando ho qualcosa da dire, e cerco di farlo senza tanti ‘girotondi di parole’. I personaggi di Emilia, Edoardo, ma anche Julian, Cloe, Marika e Simona, forse, in qualche modo, li abbiamo già conosciuti e sperimentati nelle nostre vite. Per questo ci appaiono tanto reali nelle loro grandi o piccole debolezze, nel modo di dar voce a pensieri e convinzioni, ma anche nelle scelte, corrette o meno.
Emilia e il marito Edoardo, pur nelle descrizioni e dialoghi più accesi, mantengono dialoghi verosimili. Quando ci appassioniamo a una storia, non è necessario sia tutto identico al nostro vissuto, quindi alle nostre esperienze dirette. Molto spesso, però, basta un paragrafo, se non un’unica frase, a farci sentire parte della narrazione. Credo sia questa la magia di un romanzo ben strutturato”.
Il dolore e la difficoltà di Cloe, la figlia di Emilia, spiegano molte problematiche sempre più diffuse nei ragazzi che tentano con le proprie forze ed i propri strumenti di resistere e di sopravvivere a due genitori in conflitto ed alla violenza che spesso caratterizza il loro quotidiano. Che mamma è Emilia?
“Emilia, come moltissime madri, pensa alla propria figlia come la parte migliore di sé. La osserva durante la fase della crescita con ammirazione, cerca di starle accanto per incoraggiare le sue scelte, ma anche per offrirle una spalla su cui piangere nei momenti in cui la vita si mostra poco generosa. Emilia si sentirà in colpa per aver offuscato l’orizzonte di Cloe con una visione distopica dell’amore. Ma qualcosa accadrà tra di loro, qualcosa in grado di offrire una nuova prospettiva di sé stesse e del loro rapporto”
Nella crisi matrimoniale ad un certo punto entra Julian, un nuovo amore che inizia virtualmente e che sembra per Emilia una rinascita ed una riconquista dei propri spazi e della propria libertà. A volte quella che sembra essere la salvezza è peggiore della condanna a restare cui una donna si sottopone. Forse l’appartenersi esclusivamente dovrebbe essere prioritario in una crisi matrimoniale e famigliare, dandosi un tempo di solitudine e di riflessione. Cosa ne pensa?
“Tutto ciò che ci attraversa, va vissuto. Così, nel modo più naturale possibile, senza pensarci troppo. Un amore nuovo arriva nel momento esatto in cui deve accadere. Non un attimo prima, né un attimo dopo.
Dobbiamo viverlo anche se sappiamo potrebbe farci male perché la passione, l’innamoramento, ci portano sempre a grandi evoluzioni, ci permettono di entrare in stretta connessione con noi stessi. Le emozioni provate ci trasformeranno nella parte più vera, quella trascurata da troppo tempo.
“L’Amore non si arrende, ma all’Amore ci si arrende.” Questo non è sinonimo di debolezza, ma tutto il contrario. Darsi senza limiti a un altro essere umano, è tra le esperienze più straordinarie della vita.
Quando un matrimonio o una convivenza hanno perso la strada del rispetto, è facile riconoscerci emotivamente in altre persone rispetto al proprio partner. Non è leggerezza, è dolore che cerca di respirare più forte per sopportare tutta la tensione prodotta. E’ vita alla ricerca di se stessa”.
Quando Emilia si sente male descrive in modo toccante “la sensazione di sentirsi completamente sola”, quel vuoto terrificante con cui ad un certo punto si impara a convivere. Ma si è veramente e completamente soli o ci si sente perché si ha paura di far vedere agli altri i nostri cambiamenti, che forse fanno paura addirittura a noi stessi e che temiamo? Forse bisognerebbe avere il coraggio di chiedere aiuto più spesso ed in un modo sincero e profondo. Cosa ne pensa?
“Chiedere aiuto è fondamentale. Alle persone giuste, però… Emilia si appoggia con fiducia a un paio di amiche storiche, ma come riconoscere la sincerità nelle persone amate? L’amicizia al femminile prevede solidarietà e onestà in qualunque situazione? Nella storia se ne parla, e forse,si arriverà a una risposta in grado di fare chiarezza sull’argomento”.
“Le persone ci devono deludere a tal punto perché possiamo contare sui nostri talenti, perché il nostro percorso diventi nitido, essenziale?” scrive Raffaele Morelli nella prefazione a La donna di vetro. “Come Ulisse bisogna arrivare stranieri, sconosciuti, soli, per vedere la propria Itaca?” prosegue. Una immagine veramente potente e straordinaria che penso racchiuda tutto il significato del romanzo. Emilia è dunque come Ulisse e non come Penelope, è d’accordo?
“La trasparenza di noi donne non è sinonimo di fragilità: sbaglia di grosso chi ci definisce ‘deboli’. Morelli parla di ‘spoliazione’, condizione necessaria per mettere in luce i talenti nascosti, le virtù di cui non eravamo consapevoli. Da Penelopi in perenne attesa, siamo in grado di trasformarci in tanti Ulisse alla ricerca della propria Itaca, pronte a difendere noi stesse e i nostri figli. Questo non significa rinunciare alla propria femminilità, significa non permettere più a nessuno di trattarci senza rispetto in nome di un amore ‘a chiacchiere’, non certo nella sostanza.
Proprio come suggerisce Alessandro Baricco in una bellissima intervista televisiva, impariamo l’arte di ‘lasciar andare’: cose, situazioni, persone.
Non perdiamo tempo a rincorrere chi ci lascia, a dare altre possibilità a persone non meritevoli, non buttiamo il nostro tempo prezioso con chi usa la violenza per riparare l’amore, smettiamo di regalare anni e anni a chi non perde occasione per farci sentire inadeguate o perennemente colpevoli di qualcosa. Lasciamo andare!”
Quanto conta ancora oggi nella nostra società il giudizio degli altri quando si affronta un matrimonio infelice e drammatico ed una separazione in un contesto di violenza?
“Non ho mai amato il giudizio altrui. Soprattutto i classici matrimoni ‘di facciata’, tanto frequenti nello scorso secolo, ma che ancora sopravvivono in certe realtà del nostro Paese. I nostri nonni tenevano molto a ‘lavare i panni in casa’, oggi se un matrimonio si mostra disfunzionale, se la violenza verbale o fisica ne rappresenta l’essenza, dobbiamo parlarne.
Denunciamo anche quando pensiamo di essere sole in mezzo a un mondo ingrato, denunciamo anche quando in certi sorrisini ipocriti e di circostanza, leggiamo a chiare lettere: “In fondo, se lui ti picchia, è perché te lo sei meritato!” Denunciamo. Prima che sia troppo tardi. Per tutto”
La donna di vetro è un romanzo che contiene in sé infinite verità utili sia agli uomini che alle donne, anzi probabilmente i lettori dovrebbero essere in maggioranza uomini perché a volte riuscire a vedersi da fuori attraverso gli occhi di un altro, meglio ancora se donna, può essere un aiuto quasi terapeutico per un uomo. Pensava di avere tutta questa attenzione da parte del pubblico maschile?
“Sapere che questo romanzo viene letto con attenzione da molti uomini, è stata per me una notizia importante. Significa che sono in molti ad avere a cuore le proprie donne, a volere per loro il meglio, scoprendo attraverso questa storia i loro desideri, speranze, fragilità. E la loro forza. Questo ha acceso in me una piccola grande luce di speranza! Le persone belle esistono. E non sono poche. Guardiamoci attorno”.
“I mariti si conservano con lasagne e pompini” dice ad un certo punto del romanzo l’amica Marika, è una provocazione o c’è qualcosa di vero in questa affermazione?
“Magari, alle lasagne, preferiscono una pasta alla carbonara…”
La donna di vetro è il suo quinto libro, come e quanto è maturata la sua scrittura ed i temi trattati in questi anni? Ci racconti il suo esordio.
“In quel periodo, lavoravo come conduttrice a Rete 4 anche se, di tanto in tanto, scrivevo su alcuni settimanali dedicandomi alle interviste e agli argomenti legati al benessere. Un giorno, la mia agente mi disse di aver trovato una persona disposta a scrivere un libro per me. In pratica, io avrei firmato come autrice, e lei avrebbe lavorato come ‘ghost-writer’.
Rimasi senza parole e, a essere sincera, anche un po’ offesa da questa proposta inattesa. Risposi ringraziando e dicendole di avere già in testa l’idea per un romanzo. E quindi, non avrei avuto alcuna necessità di ricorrere a un aiuto esterno. Da quel giorno stesso, iniziai la scrittura del mio romanzo d’esordio. Dopo nove mesi esatti, nacque “Una Vita al Contrario”. La prefazione di Vittorio Feltri mi aiutò non poco a farmi conoscere come scrittrice, e per questo gli sarò sempre molto riconoscente”.
Scrittrice, giornalista, presentatrice, aforista, writing coach, madre di 4 figli, attualmente insegna scrittura immersiva, di cosa si tratta?
“A un certo punto della mia vita, pur non smettendo di scrivere libri, ho sentito la necessità di condividere quel poco o tanto imparato dall’esperienza letteraria. Adesso seguo alcuni laboratori di “Scrittura Immersiva”. Si tratta dell’ultima frontiera della scrittura creativa, ancora più coinvolgente per il lettore che si sente parte integrante della storia, attraverso la percezione di tutto ciò che sta vivendo e percependo il protagonista. Ci sono strumenti a disposizione per rendere sempre più fluido, accattivante e originale il nostro stile. Se la lingua è in costante evoluzione, la scrittura segue di pari passo”.
Gassman, De Gregori, Gervaso, Morandi, Faletti e molti altri, tutti protagonisti indiscussi del panorama italiano e non solo, con cui ha avuto la possibilità di dialogare e di instaurare delle importanti amicizie. La sua è una carriera lunga e piena di spessore. Ci parli un po’ di questi incontri.
“Da ragazza ero una giornalista entusiasta ma goffa sul modello ‘Bridget Jones’, per intenderci, anche se l’iconico personaggio in questione ancora non era stato inventato. L’intervista a Francesco De Gregori ai tempi de “ La Donna cannone”, “Rimmel”, “Generale”, quindi nel suo periodo di massimo splendore, andò davvero molto bene. Francesco si era mostrato disponibile, sorridente e generoso… peccato non avessi premuto il tasto ‘Rec’ per avviare la conversazione sul registratore a bobine.
Quel giorno, avrei voluto sotterrarmi e sparire nel nulla, giuro. L’indomani era prevista la messa in onda su RadioRai quindi decisi di rischiare un ‘Vaffa’ ben assestato dal famoso cantautore, tornando da lui con l’espressione di un condannato alla ghigliottina… Francesco si mise a ridere, aveva già capito tutto. Mi cinse le spalle rassicurandomi: “tranquilla, la rifacciamo meglio. Però, adesso, fammi premere il Rec!”
Tra i primi personaggi famosi intervistati, l’incontro con l’immenso Vittorio Gassman mi trovò come un pesce in una cristalleria. Nel camerino, al termine del suo spettacolo teatrale, respiravo male e mi guardavo attorno per evitare di inciampare in un tappeto o di rompere qualche vaso, fiori compresi. Gassman mi fece accomodare e, chissà perché, iniziò a parlarmi della famosa respirazione diaframmatica, tanto necessaria per gli attori e non solo…
Roberto Gervaso intervenne in modo significativo per aumentare il mio livello di autostima quando mi disse: “La tua intervista insieme a quella di Costanzo è stata la migliore di tutte!” Pensavo stesse scherzando, ma mi rassicurò fosse vero. La nostra amicizia, nel tempo si consolidò e lo ricordo quando, seduto nel suo studio, mi leggeva i suoi nuovi aforismi chiedendomi se potessero funzionare per un libro in uscita. Sentivo davvero tanta stima per me, forse non la meritavo ma mi aiutò non poco a crescere a livello professionale. Ps: devo a Roberto la mia passione perdurante per gli aforismi.
Morandi correndo venne ad aprirmi il cancello della villa (all’epoca abitava a Tor Lupara), mi portò in cucina e preparò la moka per il caffè.
Poi mi accompagnò nel salotto, si mise al piano e mi cantò le sue canzoni più belle. L’avrei sposato subito. Giuro”.
“Abbiamo paura di ciò che non conosciamo e spesso scegliamo di fare riferimento, di affidarci a ciò che conosciamo anche se non è né rassicurante né piacevole” mi ha detto. Questo atteggiamento spesso conduce ad un epilogo drammatico, cosa si può dire o fare per far comprendere soprattutto alle giovani donne che non bisogna temere l’ignoto piuttosto bisogna scappare a volte da quelle che crediamo certezze e sicurezze.
“Conosciuto o non conosciuto, in realtà quando si è molto giovani è facilissimo scivolare su decisioni o persone dall’aspetto affidabile. Spesso, capita d’incappare in relazioni sentimentali con un uomo dai tratti caratteriali simili al proprio padre. Anche se questo genitore non si è mostrato rispettoso e attento nei confronti di nostra madre. Questo perché il conosciuto è certo, anche se rappresenta un esempio negativo. I salti nel vuoto spaventano sempre un po’. L’unica soluzione è non smettere di parlare, di informare, di scrivere libri che possano chiarire queste tematiche. Io ci ho provato. E non smetterò di farlo”.
Emilia potrebbe tornare a raccontarsi in futuro in un suo nuovo romanzo? Probabilmente i lettori ne sarebbero molto contenti, perché Emilia è diventata un’amica per molti di noi.
“Quello de“La Donna di Vetro” è il classico finale aperto. Chissà, mai dire mai!!!”