La poetessa romana Raffaella Belli pubblica la sua nuova raccolta di poesie “Tende all’eterno ogni sospensione” edita da Edizioni “Il Simbolo”.
A distanza di tredici anni dalla sua ultima raccolta, Raffaella Belli torna alla poesia con un volume vasto e intenso, dove la voglia per una ricerca di luce e armonia si sposa al canto della vita. Con “Tende all’eterno ogni sospensione” (Edizioni “Il Simbolo”, prefazione di Elio Pecora, 153 pagine, 15,00 euro) il poeta conduce il lettore in un limbo segreto, dove ognuno di noi può sperimentare il senso di un’esistenza altra che sappia mutare ogni vibrazione di un respiro che anela all’equilibrio e alla pace dello spirito, poiché senza il presupposto e l’impegno di una naturale preghiera, nonché dei fini trasformativi di una educazione, non è possibile mutare il corso di questo mondo. Non a caso la stessa poetessa avverte nella nota finale al testo come “Le tre sezioni che compongono l’opera poetica, scritte negli ultimi anni, sono testimonianza di un mio sentire poetico in evoluzione costante”.
Raffaella Belli (Roma, 1970) esordisce nel 2001 con la silloge “Pensieri d’Azzurro” (Ibiskos Editrice, prefazione di Giovanna La Vecchia). Tra il 2002 e il 2005 ha pubblicato su periodici, quotidiani e riviste, le seguenti sillogi: “Occhi invisibili”, “L’equilibrio dei fiori”, “Lunafiamma”, “I cedri e l’acqua” e “Silenzio di tempo”, ricevendo attenzione e riconoscimenti in numerosi premi poetici.
Con Maurizio Gregorini, nel 2006, ha pubblicato la silloge “Scaglie di passione” (Edizioni del Cardo). Nel 2011, sempre per le Edizioni del Cardo esce la raccolta poetica “Elitra Diafana – Partitura”. Anche Elio Pecora, nell’introdurre il lettore a questa poetica avverte come la poetessa “Mai lasciando la giornata che logora e trattiene, porta in un altrove i suoi pensieri misti di aspre verità e di cercati rispecchiamenti”. E prosegue citando suddetti versi:
“È linfa che corre veloce
la seduzione di un canto
nei recessi del tempo.
Lampo di onde silenti,
collegamento ritmico in un mondo
taciturno nell’estensione dell’attimo”
per poi chiarire in che modo “in questi versi leggiamo molto e tutto di quanto sostanzia questo libro e ne rende la vivezza e la necessità. Ed è l’altrove della parola che s’interroga, che sfida sé stessa nei significanti, e si concede e si nega insieme per un’attesa inesausta di interiore salute, di bramata conoscenza. Non si distinguono luoghi né volti in questo poetare; l’indeterminatezza ne estende la comunanza e la durata. Il tempo si compie per ‘impenetrabili passaggi’ e l’essere si presenta come la sola vera misura dell’esistere.
Così ricorrono nei diversi componimenti, tutti brevi e densi, tutti chiari e inquietanti, sostantivi (compiutezza, trasparenza, riflessione, inerzia) che segnano domande estreme e pretendono risposte. E’ che qui si vuole ‘plasmare parole oltre la materia’, opporsi all’affanno ‘dei limiti in lotta’, rendersi consapevoli anche nella pena e nella discordia, appressarsi all’imponderabile altresì ‘nei vincoli della carne’. Risuonano parole che accompagnano verso un meno angusto tragitto: ‘La mappa del mondo /
sognata da passi / è celata dal viaggio’. E qui vale rammemorare quel che James
Hillman chiama ‘l’anima del mondo’. Chi va così pronunciandosi ha lasciato le
stanze e le voci per risalire agli inizi e chiedersi le ragioni prime, quindi interrogare
e interrogarsi per riconoscersi, finanche nella stupefazione. Quest’anima, non legata
a un nome e a un destino, appartiene a tanti e a tutto: ‘Trascinata nei gorghi’ va,
ancora va, promettendosi ‘un’intesa d’amore’ e scioglie dal silenzio ‘inattese
risposte’. Così vasto e intenso è il suo desiderio di luce e di armonia che pure nella pena più fonda non si sottrae al ritmo della Terra, al canto della vita. Ed è in questa ondulante sapienza la misura raggiunta, il possibile traguardo”.
Abbiamo intervistato la poetessa Raffaella Belli per i lettori di Condi-Visioni. Ci accoglie nella sua bellissima casa romana, tra quadri, libri, due gatti ed un’atmosfera d’altri tempi. Tutto somiglia a lei e lei somiglia a tutto ciò di cui è circondata. Una luce soffusa avvolge tutto e l’accoglienza è calda e serena.
Tutto è armonia e l’autrice di “Tende all’eterno ogni sospensione” ha un sorriso rassicurante che trasmette un infinito senso di pace. La poesia di Raffaella Belli è contorcente, i suoi versi si aggrappano alle viscere del lettore, ogni organo ne è profondamente ed intimamente coinvolto. E’ potenza pura, è urlo, è tenacia, forza, coraggio e conoscendo l’autrice tutto questo sentimento lacerante sembra celato, perché tutto ciò che noi vediamo è un volto rilassato con due occhi carichi di luce e di speranza. E’ rassicurante Raffaella Belli, è pacata, il tono di voce equilibrato e moderato, la sua ironia è
spiazzante, la sua autoironia è brillante, ed è disarmante e sorprendente venire a
conoscenza che quei versi arrivano da una donna così confortante ed incoraggiante.
Dentro di lei un mondo così profondo, intimo, personale raccontato con una potenza
devastante. Non deve essere stato assolutamente impresa semplice per lei, raccontarsi
così ferocemente, per questo forse dovremmo sapere apprezzare ancora di più tutto ciò che accade in questo nuovo libro edito da Edizioni “Il simbolo”.
Belli, ne sono passati di anni da quando la incontrai per prefarle il suo primo libro di versi. Le confesso che sono soddisfatta che abbia potuto, nel corso del tempo, trovare un giusto equilibrio di scrittura.
“Trova? Se così fosse la ringrazio davvero. Però per mia natura sono e resto sempre incerta, soprattutto se si tratta di scrittura, in questo caso, di poesia. Sono e resto assillata da dubbi: è giusto?, non è giusto?, questa poesia rende davvero ciò che intendo riferire? Sa, le confesso che ogni volta che rileggo versi da me scritti, il discutibile mi si presenta con sfrontatezza, lasciandomi incerta se si tratti di versi felici”.
Se così non fosse, non credo che un poeta della statura di Elio Pecora ne avrebbe aperto un dialogo col lettore. So bene come Pecora introduca solo libri di qualità.
“Guardi, sono ancora sorpresa: considerare che un poeta del calibro di Pecora
abbia speso parole significanti per il mio nuovo libro può solo significare che
davvero dovrei accettare il fatto che forse poeta lo sono per davvero. In altri termini:
devo considerare per forza di cose che in me vive anche questa identità”.
Ecco, identità. Questo nostro numero tratta proprio il tema della identità. Lei
come risolve la questione?
“Ah, proprio non saprei. Pero so che si tratta di un termine e un principio filosofico
che genericamente indica l’eguaglianza di un oggetto rispetto a sé stesso; nel mio
caso forse l’oggetto è la poesia stessa. Però in relazione ad altri oggetti l’identità è
tutto ciò che rende un’entità definibile e riconoscibile, perché possiede un insieme di
qualità o di caratteristiche che portano l’essere a divenire un tutt’uno col circostante.
Va anche detto, nel modo in cui ognuno di noi sa bene, che l’identità è anche presa di coscienza della propria individualità corporea, consapevolezza del valore del corpo come una delle espressioni della personalità.
Non è un caso anomalo che recenti ricerche chiariscono in che modo lo sviluppo dell’immagine corporea è il punto di partenza per la costruzione del sé in tutte le sue dimensioni. Infine, come ha affermato il filosofo Remo Bodei in un’intervista dell’Enciclopedia Multimediale
delle Scienze Filosofiche del 1996, il concetto di identità personale designa la
coscienza che un individuo ha del suo permanere lo stesso attraverso il tempo e
attraverso le fratture dell’esperienza. Ma tornando a noi, a me, se vogliamo
tratteggiare una probabile identità poetica, non posso non affermare che, in quanto
poeta, la mia identità è certamente visionaria. Come ogni poeta, anche io immagino
e ritengo vere cose non rispondenti alla realtà, elaborando, con le parole, disegni
inattuabili. Una sognatrice? Forse, anche se generalmente chi viene considerato tale
può essere soggetto a visioni, apparizioni soprannaturali, allucinazioni visive, ma le
assicuro che non è il mio caso. E soffermandomi sul mio nuovo libro di poesia, posso
dirle di essere una persona dotata di immaginazione e di sentimento, racconto il mio
mondo in modo verosimile, lasciando a me stesa la libertà di creazione e invenzione.
O perlomeno è quello che sostiene di me Maurizio Gregorini, editore di questo libro”.
Oh, il Gregorini: quando si tratta dei suoi versi c’è sempre lui di mezzo. Tra
l’altro anni fa avete licenziato una silloge insieme. So che lui stima molto il suo
lavoro. Tra l’altro io sarei una complice: vi feci incontrare anni fa e mai avrei
immaginato una totale empatia del vostro rapporto.
“Trovo Maurizio un uomo amabile. E sì, devo a lui una certa maturazione poetica. Sempre lì a chiedermi se scrivo nuove poesie, a volerle leggere, a consigliarmi su come costruire un libro. Anche nel caso di ‘Tende all’eterno ogni sospensione’ c’è stata la sua fermezza a volerlo editare. Aveva appena aperto la sua casa editrice e, nell’esprimergli la mia contentezza, ha chiesto immediatamente un libro. Ora, lei sa bene che io pubblico raramente, perché proprio nel modo in cui ci siamo detti poco fa, sono e resto esitante. Ma niente, ha voluto gli dessi le tre sezioni che sono parte
del libro e non c’è stato nulla da fare: alla mia incertezza ha avanzato il suo convincimento”.
E non ne è felice?
“Come non esserlo? Se non ci fosse stata la sua determinazione il libro non esisterebbe; forse tiene a questa nuova pubblicazione più di quanto ci tenga io (ride,n.d.i.). Ma è e resta per me un amico fidato, fondamentale. Pensi che a molti tiene sempre a dire che è come fossimo sposati, e in un certo senso è vero: sono certa di esistere poeticamente perché c’è sempre lui a sostenermi, contro ogni logica”.
Ma Gregorini ama la sua poesia…
“Sì, ed è sempre lui a ripetermi che debbo pensare, riflettere, scrivere, in quanto poeta, non in quanto persona comune. Mai incontrato un lettore più convincente di lui. Che dire? E’ evidente che si tratta di un destino che unisce le nostre anime”. Cosa pensa di aver aggiunto alla sua poesia con la nuova opera? “Proprio non saprei. Gregorini mi è solito affermare che, anche se i temi da me proposti sono ricorrenti, si tratta di una poesia affatto superficiale, che per penetrarvi si necessita di una rilettura costante, come si trattasse di un trattato spirituale; almeno a lui accade così. Non a caso ha scelto una incisione ottocentesca giapponese per la grafica e voluto mettere in quarta di copertina questi versi:
‘Soggiogata nell’ardente immortalità/ trascoloro ignara della tenebra./ Interminabili
fiammeggianti guizzi/ dispongono nelle altezze celesti/ la sontuosità d’ineffabili
amori./ Velato nel rigoglio dei fiori/ protetto dai perseveranti cieli,/ il canto della vita
mia/ narra di un giardino di pietre’.
Ma lui mi ama e non fa testo (ride di nuovo,n.d.i.). I motivi ricorrenti nei miei versi, lo ribadisco, sono sempre gli stessi: la luna, il mare, la terra, la flora, l’invisibile percepito nel visibile… in essi sono certa di riscontrare una libera spontaneità per una giocosità della naturale creazione: mi affascina il cosmo, l’energia, la fisica, l’imponderabile. Non spetta a me dire se abbia aggiunto o no qualcosa alle precedenti pubblicazioni; spero solo che chi si
appresta a leggere queste poesie ne gradisca la musicalità o un possibile fascino”.
Ci salutiamo con un caffè e le fusa dei gatti, rimane impressa in noi una immagine molto forte, un sentimento che ha accompagnato l’intera intervista, lo scambio di battute, la visita della casa, per tutto il tempo ci siamo sentiti avvolti e protetti, la poetica di Raffaella Belli e della sua casa ci tiene lontani da un mondo che non capiamo più e che ha perso e vuole farci perdere identità e natura. Per qualche ora siamo stati immuni al resto quasi con la certezza di una possibile salvezza. La poesia è vita e da vita ad ogni cosa, ne comprendiamo appieno la portata, ma la poesia di Raffaella Belli riesce a fare qualcosa di più, ci rende donatori di qualcosa di bello, di sano e di pulito a chi vuole comunicare con noi e vuole comprendere. Ci sono incontri particolarmente felici, questo è sicuramente uno tra quelli che potremo ricordare in un modo diverso. Leggere “Tende all’eterno ogni sospensione” (già il titolo è una poesia), è stato un viaggio lungo e memorabile, comodamente seduti su una poltrona ben imbottita e con un’ottima tappezzeria, eppure non esente da rischi, poiché la poesia, quella vera, ha in sé inevitabilmente il rischio della consapevolezza,
della coscienza e della verità.