In memoria della memoria

Quest’anno si è celebrato l’80° Anniversario della Liberazione del campo di concentramento di Auschwitz–Birkenau, il più grande campo di sterminio, istituito dal Terzo Reich di Hitler per eseguire l’eliminazione degli ebrei attraverso la “soluzione finale”, il più grande e terribile Olocausto di tutti i tempi, attuato nel Novecento dalla folle ideologia nazi-fascista.
Il Giorno della Memoria, che ricorre il 27 gennaio di ogni anno, designato a livello internazionale dall’Assemblea Generale dell’ONU nel 2005 per ricordare la Shoah (in Italia è stato istituito con la legge 211 del 20 luglio 2000), ha assunto quest’anno un significato particolare, alla luce delle varie guerre in atto. Come ha ricordato Papa Francesco “siamo in presenza di una terza guerra mondiale a pezzi”.

Monumento all’Olocausto a Berlino. Foto genomen 30/10/2005 door Pim Zeekoers.

Senza voler operare confronti o paragoni impropri, vogliamo solo accennare ad alcune delle atrocità passate e presenti, attuate nei confronti di popolazioni inermi e di minoranze civile, etniche e religiose.
Per restare nel Novecento, oltre al genocidio degli ebrei che resta sicuramente l’Olocausto più terribile a perenne memoria, va ricordato quello degli armeni, dei tutsie, dei cambogiani da parte dei Khmer rossi ma anche lo sterminio dei popoli nomadi (Rom e Sinti), le stragi politiche nell’URSS di Stalin, le pulizie etniche in Serbia e lo sterminio dei curdi, un popolo senza diritti e senza patria,
tuttora perseguitato.
Va ricordato che in Italia è stato istituito anche il Giorno del Ricordo, celebrato il 10 febbraio di ogni anno per commemorare i massacri delle foibe e l’esodo giuliano dalmata.

Questa rassegna degli orrori non è certamente esaustiva se pensiamo alle tante minoranze oppresse, più o meno consistenti o più o meno conosciute ma, tuttora perseguitate nelle varie parti del mondo.
L’attualità ci richiama ai conflitti Russo-Ucraino e Israelo-palestinese, tra i più gravi dopo la II guerra mondiale, per le implicazioni geo-politiche ed economiche con conseguenze drammatiche per la sicurezza, la pace e l’ordine mondiale, anche perché si stanno innestando in nuovi scenari di governo con derive “etnocratiche” in tutta la sfera occidentale, causando gravi divisioni e spaccature politiche nella stessa Europa. In particolare, quello Israelo-palestinese, che si inquadra nel più ampio conflitto arabo-israeliano che dura con alterne vicende anch’esso da circa 80 anni (anche se in termini “tecnici” non militari si potrebbe andare ancora più indietro nel tempo), con limitazioni allo sviluppo dei territori palestinesi e alla loro libertà di movimento ma con responsabilità ed errori da registrare da entrambe le parti. Quest’ultima guerra, scatenatasi dopo il massacro al festival musicale Supernova da parte di Hamas, perpetrato il 7 ottobre 2023, con l’uccisione di centinaia di civili e soldati e il rapimento di oltre 200 ostaggi, ha visto la reazione di Israele con la strage di migliaia di civili palestinesi e praticamente la completa distruzione di Gaza.
Va detto che la questione palestinese è improcrastinabile e va assolutamente ricercata la soluzione dei due popoli in due stati e che Israele, che ha tutto il diritto di esistere, deve anche rispettare il diritto internazionale e che non può rispondere ad atti terroristici bombardando un’intera popolazione inerme e impedendone gli aiuti da parte della comunità internazionale. Non a caso, la Corte penale internazionale dell’Aja ha emesso due decisioni che riguardano presunti crimini commessi dal Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu e dall’ex Ministro della Difesa Yoav Gallant, tra l’8 ottobre 2023 e il 20 maggio 2024, durante il conflitto a Gaza, con responsabilità imputabili alle persone, occorre ben evidenziare, e non alla popolazione ebraica, mantenendo alta l’attenzione contro l’anti-semitismo sempre in agguato.

Porta di Lampedusa , Porta d’Europa – CC BY 2.0

Anche per il conflitto Russo-Ucraino urge una soluzione diplomatica che si sarebbe dovuta ricercare fin dall’inizio, senza arrivare a cifre che rasentano il milione di vittime tra tutte le parti in causa, con soluzioni che si prospettano adesso nella stessa misura in cui si erano poste ai primordi.
C’è un’altra atrocità epocale che riguarda un fenomeno strutturale e non emergenziale, come spesso viene trattato, ossia quella dell’immigrazione, che miete anch’essa decine di migliaia di vittime, trasformando i nostri mari in un’immane tomba, nel silenzio inconsapevole o, peggio, nell’indifferenza. Dal 2026, il 3 ottobre è diventato la Giornata della Memoria e dell’Accoglienza, per ricordare il naufragio di Lampedusa avvenuto lo stesso giorno del 2013 in cui persero la vita 368 persone. Persone, tra cui molte donne e bambini, che cercavano di raggiungere il nostro continente nel disperato tentativo di
trovare rifugio e sicurezza.

C’è una data che mi sta particolarmente a cuore, è quella prossima del 9 Febbraio, l’anniversario della nascita delle Repubblica Romana del 1849, episodio fulgido del nostro Risorgimento che finì tragicamente per mano dei francesi (con Luigi Napoleone Bonaparte presidente dell’allora Repubblica
Francese), accorsi in aiuto del Papa Re. L’esperienza della Repubblica Romana, ispirata da Giuseppe Mazzini, finì tragicamente ma lasciò in eredità quella Costituzione che divenne la base di quella della nostra Repubblica Italiana. Quei sessantanove articoli sono incisi sul muro della Costituzione della Repubblica Romana al Gianicolo, luogo dove si svolsero i tragici fatti. Nel nostro Paese la memoria dovrebbe nutrirsi più anche del nostro Risorgimento.

Foto Comitato Gianicolo

In memoria della memoria, occorre allora recuperare un senso comune della tragicità della Storia e cercare un senso vero a queste giornate, che riporti tutta la comunità internazionale, compresi i governi fino alle singole persone, alle proprie responsabilità con coerenza e al di là di retoriche commemorazioni.

Proprio in questi giorni di prossime elezioni in Germania, c’è chi dichiara con disinvoltura che occorre guardare con “leggerezza” alla Storia, praticamente un richiamo alla smemoratezza. Riporta al concetto nietzschiano di storia critica di chi vorrebbe guardare alla storia non come un intralcio ma alla creazione del “nuovo” e di nuove verità. Questo però a patto che non ci siano negazionismi e che restino fermi i principi di dignità della persona, dei popoli e del rispetto del diritto internazionale. La Storia non può essere distorta a fini politici.

Bansky , Angel Skull – CC BY-NC 4.0

La memoria del passato ci dovrebbe far guardare con consapevolezza e sensibilità al presente, mettendoci in guardia da un eterno ritorno di atrocità che sembrano essere così lontane e sbiadite nel tempo, ma che si possono ripresentare in altri modi e forme ma simili nella sostanza.

L’Etnocrazia e l’Ipnocrazia, con il loro combinato disposto, sembrano essere le evoluzioni delle democrazie occidentali che hanno garantito per questi 80 anni, pur con i loro chiaroscuri, pace e diritti. La memoria deve lasciare la feticizzazione della testimonianza e le privatizzazioni della Storia, evitando vuote celebrazioni retoriche e sonnambulismi, nel rispetto di tutte le memorie e delle loro condi-visioni.