‘MASTERS of WAR’
CARA AMICA
di Monica Bic
Ciao Donatella
Come sai, mia madre è molto anziana e quindi spesso mi domando, guardando i diversi aspetti della sua fragilità, cosa pensa di questo mondo che sta per lasciare. Non che ne abbia intenzione. Direi tutt’altro: ma alla sua età ogni giorno è un regalo, una sfida all’odioso numerello della statistica di sopravvivenza.
E dunque, quando le apparecchio la tavola con le sue pietanzine dallo stile ospedaliero – cari Master Chefs perché non pensate ad una rubrica speciale per ultraottantenni? – apparecchio anche le mie idee, il mio pasto, la sussistenza presente e quella futura, sia per me che per i miei cari.
Non vedo cose meravigliose: in tavola ce ne sono molte, ma alcune del tutto indigeste.
La nostra bella natura ormai compromessa. I miei nipoti potranno gustare e sentire l’odore del mare come ho fatto io nella mia giovinezza? Era meraviglioso il sapore di mare (grazie Gino). Poi negli anni 70 abbiamo cominciato a vedere le chiazze di petrolio e le schiume dei detergenti galleggiare sulle onde e abbiamo cambiato spiaggia. Maldive – “non puoi capire come siamo stati bene e il volo è costato relativamente poco. Tutti a fare il saluto al sole sulla sabbia bianca (disseminata di micro plastiche portate da ogni angolo del mondo). Uno spasso”.
Un gruppo di nazioni apparentemente solidali, specialmente sulla volontà di far soldi ad ogni costo. Siamo stati contenti, ce la siamo goduta.
Poi qualche tiranno è spuntato qui e là ma era lontano, gestibile.
Un po’ meno di democrazia in qualche paesello.
Oh beh, non proprio un paesello.
Oh beh non proprio un ciccino meno di democrazia.
Parliamone, si certo, e con la stessa convinzione con cui trattiamo da esperti fiscalisti di flat tax o da pluridecorati virologi di Covid.
Mi raccomando i valori sempre il tema principe: argomenti densi, pesanti. Tanto pesanti che a volte si lasciano cadere, come la cicca della siga. Dopo che ci siamo rilassati sul divano.
Ora qualcuno evoca il disastro nucleare e mi serve in tavola un medio olocausto di 85 milioni di morti in Europa nei primi 45 minuti di guerra. Mentre sbuccio il mandarino trattato con i pesticidi, in preda ad un buio cupio dissolvi, mi dico che fra le tante possibili dipartite questa forse non è la peggiore, posto che la testata sia abbastanza intelligente da puntare diritto alla mia cucina. Una svampata veloce e via.
Dove siamo stati finora? Mentre sparecchio penso che non ci siamo accorti che sulla tavola c’erano cose che non dovevano esserci.
Dipendenze economiche rovinose stabilite non per necessità ma per scelta (economica?).
Il mito della globalizzazione come fattore di crescita … di chi?
Tutti a idolatrare il Jeff e l’Elon astronauti. Che miti, che figata andare su Marte. “Se avessi i loro soldi, ma non puoi capire cosa farei.”
Cazzate. Se siamo fortunati; né più né meno di quelle che già fai. Se siamo sfortunati: quelle che fanno loro. Compresi i finanziamenti alla ricerca per diventare eterni.
Cadono dalla tavola i miei studi di macro e microeconomia.
Che bei modelli e quanti bei grafici che ti spiegano le dinamiche della domanda e dell’offerta, il punto di equilibrio e l’elasticità.
Le raccolgo e peccato – mi dico – questa teoria non ha proprio retto.
È bastato qualche tiranno – appunto – con cui dobbiamo forzatamente dialogare e il modello lo butto nella pattumiera con le bucce del mandarino appestate di veleni.
La globalizzazione ha affrancato dalla povertà milioni di persone: vero. Evidentemente non c’era altra soluzione altrimenti, intelligenti e previdenti come siamo noi umani, l’avremmo applicata. O ci saremmo fatti delle domande prima di arrivare qui. Forse che la teoria economica deve essere mediata dalla politica?
Ma chi è che ha deciso che in Europa non ci doveva essere neppure una piccola fabbrichetta di mascherine chirurgiche o di aghi per punture o di flebo o di materiale sanitario in genere?
E ci sentiamo a posto che la stragrande maggioranza dei chip che servono nel mondo sia prodotta a Taiwan, che non so neanche bene dove sia?
Così quando sarà invasa dovremo decidere se far funzionare gli ospedali o i telefonini. Meglio i telefonini. Senza si va all’ospedale per disagi mentali acuti.
Abbiamo votato contro il nucleare – anch’io.
Ma perché hanno chiesto a me che sono la Sig.ra nessuno di decidere sulla strategia energetica a lungo termine del mio Paese? Qualcuno con uno straccio di competenze in tema lo abbiamo sentito?
Mi guardo allo specchio. Come mi vedi? Sto meglio con la centrale o il rigassificatore? Avrà forse pesato Chernobyl sul mio voto? Direi di sì. Ma la cosa buffa è che, come allora, corro il rischio di ribeccarmi l’insalata a foglia larga radioattiva perché qualche soldatino invadente e un po’ digiuno di nucleare non spegne l’interruttore prima di andare a dormire.
Tolgo dalla sedia la felpa di Salvini: mi hanno sfinito le discussioni politiche sul suo outfit. Felpa, barbetta incolta, canotta. Vago senso di nausea e imbarazzo.
Ora mi aspetto una campagna elettorale senza comizi, fatta solo con le Tshirt con slogan stampati.
Non c’è bisogno di pensiero basta la battuta.
Più efficace, e spacca con i Millennials.
Anche Mamma ha finito il mandarino.
Sento la notizia del bombardamento dell’ospedale pediatrico a Mariupol e penso a quando mi hanno portato il mio bimbetto dopo il parto.
Mi guardava, l’ho accarezzato tanto e gli ho cantato sottovoce una canzone d’amore dei Beatles.
Per i bimbi di Mariupol invece niente canzoncine: il sibilo delle bombe e i muri che si schiantano. Ho bisogno di un digestivo. Troppa roba sullo stomaco, indigesta.