Simulacri e Maschere
Mai come oggi nella società della comunicazione, viviamo immersi nei simboli o, meglio nei simulacri, come ben teorizzò nel suo trattato Jean Baudrillard (Simulacri e Simulazione del 1981), che costruiscono una realtà attraverso la quale “leggiamo” la nostra esistenza. I simulacri sono le gabbie semiotiche della società dei consumi che abitiamo e che costituiscono i nostri orizzonti di senso. Nello stadio della post-modernità in cui viviamo, il simulacro precede la realtà, redendo insignificante qualsiasi concetto di “originale” o di idea, annullando la distinzione tra realtà e rappresentazione, sostituendola con la simulazione
Siamo oltre l’opposizione di idea e realtà sensibile, di originale e copia, siamo ormai nella copia della copia, anzi nel regno delle copie e delle rappresentazioni fini a sé stesse.
Possiamo disquisire sulle molteplici cause, sicuramente sempre più legate alle dinamiche del dell’espansione dei media, della globalizzazione, della fine delle ideologie e del capitalismo multinazionale, di società sempre più individualistiche e atomizzate ma, sicuramente, il tema dell’ apparenza è sempre più centrale nel nostro tempo, dominato dall’incertezza, dall’insicurezza e dall’angoscia esistenziali. Condizioni dell’umano che ci sono da sempre, esplorate fin dall’antichità dal pensiero filosofico, a partire dalla divaricazione tra essere e divenire, oggi, più che mai, amplificate dal flusso assoluto che ci risucchia e rende tutto di difficile lettura e comprensione.
Da un lato c’è infatti il moltiplicarsi dei simulacri che vedono sempre di più i media coinvolti nella costruzione di senso, dall’altro la perdita di ancoraggio dell’Io a punti di riferimento valoriali.
Prima con i reality show poi in modo estensivo con i social, si è messa in campo in modo estensivo la messa in scena di sé. Possiamo definirci attraverso i profili con identità multiple, in grado di rappresentarci secondo quello che desidereremmo essere o, come vorremo essere visti dagli altri, il che acuisce quel processo di diffrazione dell’Io e di dissociazione esistenziale quali fenomeni già in atto da tempo con l’avvento della post-modernità, che ha ridefinito nuove forme della soggettività.
Emblematico in tal senso il Pirandello di Uno, nessuno e centomila con la cessazione da parte del personaggio principale dei contrasti tra l’Io ed il mondo e la “rinuncia” a quest’ultimo.
Interessante l’interpretazione della filosofa Barbara Carnevali sulla “libertà della maschera” che può essere vista da un lato come gioco di “sperimentarsi”, in tema tra l’altro con il periodo di carnevale inteso come parantesi e sospensione dei ruoli sociali, con una fondazione estetica che si ricollega alle esperienze rinascimentali e barocche; dall’altro come possibile esigenza di anonimato per ripararsi dal lato “pubblico” a cui si è esposti nelle società attuali o all’occhio del “potere” (si pensi ad esempio alla dissimulazione di libertina memoria o alle esperienze di “identità condivisa” del movimento anonymous).
Alla liberazione dell’Io moderno e a queste sue forme, riconducibili anche alla condizione umana, resta in tutta la sua problematicità la ricerca dell’autenticità e di un rinnovato rapporto con il mondo che non può non passare per la veridicità delle relazioni con l’Altro e la ricerca di una propria originarietà e di una soggettività profonda che si rapporta anche con la trascendenza.
Chiarificazione esistenziale, educazione, riconoscimento dell’altro, dovrebbero essere le dimensioni culturali per la crescita personale e collettiva, per contribuire anche a quel passaggio, attraverso la partecipazione ed recupero degli spazi sociali e di vita associata, dalla rappresentazione ad una vera rappresentanza anche nella dimensione politica.