Il ponte di aiuti tra Italia e Ucraina.
Sono più di 70.000 i profughi ucraini arrivati in Italia dall’inizio della guerra, per la maggior parte donne e bambini. Non trovo le parole per poter descrivere le storie di chi ha perso tutto, dalla casa, alla famiglia, al lavoro, ed è fuggito dalle zone di guerra, scampando alla morte.
Sui loro volti si leggono paura, dolore e profondo smarrimento.
Non sanno come andrà a finire questa triste vicenda, non sanno quando e se rivedranno i propri cari, la propria patria.
Molti di loro hanno varcato il confine, ma sono rimasti sulla linea di frontiera, con la speranza di potere tornare nelle loro città. Ma la guerra sta dettando legge e allontana un popolo dalla sua Terra.
Tutto questo è inaccettabile.
Sono molte le missioni umanitarie in atto che stanno consegnando in Ucraina i beni di prima necessità, i medicinali, e che stanno portando in salvo migliaia di persone, senza poter contare sulla solidità dei corridoi umanitari.
Prezioso è l’impegno dei volontari che partecipano con grande volontà e tenacia a queste spedizioni.
Impegno che continua anche al rientro in Italia con la messa in campo di progetti di prima accoglienza, assistenza, inserimento e integrazione, grazie ad una fitta rete di contatti e alla disponibilità di molte famiglie italiane.
Queste imprese, queste storie di solidarietà e speranza, meritano di essere raccontate.
Ne parlo ancora una volta con Gianfranco D’Amato, reduce da pochi giorni dalla sua seconda “Odissea della Pace” in Ucraina.
Ciao Donatella, abbiamo deciso di fare questo secondo viaggio quando, la volta scorsa, arrivati con i 16 convogli di aiuti al confine tra la Romania e l’Ucraina, abbiamo deciso di portare con noi in Italia alcuni profughi.
Laggiù abbiamo visto tantissime mamme con i loro bambini e siamo riusciti a portare in salvo una ventina di persone.
Non eravamo andati laggiù con quell’intento, ma visto che nel frattempo alcune famiglie si erano rese disponibili all’ospitalità, lo abbiamo fatto.
Rientrati in Italia abbiamo ben ragionato sulla questione, avendo più chiara la situazione che avremmo trovato in quei luoghi, e ci siamo organizzati per tornare laggiù, con criteri totalmente differenti.
Siamo ripartiti venerdì 25 con 4 van. Eravamo in nove, per darci il cambio alla guida, e abbiamo caricato questi mezzi all’inverosimile, con scatoloni di viveri, medicine e altri beni di prima necessità.
A differenza dell’altra volta avevamo già una rete di contatti tramite l’Associazione di ex universitari di Villa San Giuseppe, a cui appartengo, e inoltre avevamo i nominativi delle famiglie disposte ad ospitare i vari profughi. Voglio sottolineare che le famiglie coinvolte sono tutte di persone amiche o appartenenti a questa Associazione, in modo da garantire maggior sicurezza e controllo.
La destinazione finale è stata il Piemonte, perché il nostro Collegio di studi è collocato a Torino.
Una signora ucraina che vive a Milano, Mariya Tatarenko, che già ci aveva aiutato con la prima spedizione, è stata il fulcro di questa missione.
Senza di lei non saremmo potuti partire. Ci ha dato molti suggerimenti e i numeri di telefono per individuare chi potesse avere bisogno del nostro aiuto e, cosa più importante, ci ha messo in contatto con Anna, la responsabile del centro di accoglienza di Zamosc, sul confine tra Polonia e Ucraina, meta del nostro viaggio.
Quello di Anna è stato l’aiuto determinante. Sono stato in contatto con lei per giorni interi, per individuare le persone da portare in Italia, già attese dalle famiglie dei nostri amici.
Arrivati al centro profughi, Anna ci ha accolti come se ci conoscessimo da una vita. Grazie a lei e al suo instancabile lavoro siamo riusciti a portare in Italia 19 profughi ripartiti con noi a bordo dei van. Con loro anche due cani e un gattino.
Quando eravamo a Zamość ci siamo impegnati al massimo per riportare più gente possibile, anche se il tempo a nostra disposizione era poco.
Eravamo riusciti a recuperare 16 persone e grazie all’intervento di Maryia, a Cracovia, si sono aggregate al gruppo altre tre, tra cui due anziani di Mariupol che avevano perso la loro casa ed erano stati tratti in salvo dalle macerie. Erano terrorizzati! E’ stato molto difficile convincere questi ultimi, perché erano talmente disorientati che facevano fatica a fidarsi e ad affidarsi. Ma alla fine, siamo riusciti a convincerli, assicurando loro che li avremmo accompagnati personalmente dalla famiglia che li avrebbe accolti.
Abbiamo accompagnato la piccola Evelina dal centro profughi di Zamość a Rivoli, da Mario e la sua meravigliosa famiglia. Con lei, la mamma, la nonna e l’inseparabile cagnolino.
A destinazione ha trovato un altro amico a quattro zampe e ha subito festeggiato il suo compleanno con una meravigliosa torta decorata con la bandiera ucraina.
Mille auguri Evelina!