Stop, con i Beatles stop…?

Gianni Morandi, quasi 60 anni fa – eh sì – cantava della fine della giovinezza, della fine della spensieratezza e dell’arrivo della cruda e brutta realtà.
Erano gli anni della guerra in Vietnam – che sarebbe durata ancora un decennio – e gli anni del twist ballato sulle spiagge, gli anni degli hippies e l’anno dopo si sarebbe tenuto il mitico concerto di Woodstock.
Qualche giorno fa parlando con il mio amico Fabrizio ci è tornato alle labbra questo ritornello per dire che forse anche la nostra “giovinezza” è finita e sarebbe il caso di chiudere con i ricordi nei quali siamo immersi. Dire, anche noi, uno Stop ai Beatles e ai Rolling Stones.
Così in questo dialogo abbiamo iniziato a fare quella che poi, a ripensarci successivamente, a mente fredda, si può definire essere una analisi sociologica e psicologica di quello che stiamo vivendo “noi”. Un “noi” che può essere calato nel senso di noi due, che ci apprestiamo a raggiungere il mezzo secolo, che “noi” intesi come generazione a cavallo tra gli anni ’70 e gli anni ’80. E questa riflessione vede proprio il concetto della memoria. Una memoria sempre “viva e presente”.
E’ già da qualche anno che si sono creati diversi gruppi sui social network che hanno come titolo “noi che…” declinato per un certo decennio, un certo tipo di esperienza comune. E così io, Fabrizio e tutta la nostra generazione, siamo quelli che hanno visto i robottoni che combattevano per difendere il giappone e il mondo intero dagli invasori, e ci siamo agitati cantando le loro sigle, siamo quelli che hanno visto Heidi e Conan e ci siamo commossi con quei cartoni animati al pensiero del triste destino della ragazzina svizzera o per quello che poteva essere l’ultimo bambino sulla terra, siamo quelli che si sono sfiniti di lacrime per Alfredino, siamo quelli che hanno cantato le canzoni degli “Wham!” tra una “Last Christmas” e una “Wake Me Up Before You Go-Go”, siamo quelli che hanno visto il muro che circondava la Berlino “Occidentale” da quella orientale, siamo quelli che ancora a volte pensano usando le lire e che hanno in mente la bicicletta con il sellino lungo e il cambio.
Siamo quelli lì.
Sicuramente.
E siamo ancora capaci di intonare quelle canzoni lì appena ne sentiamo un frammento.
Ma forse è questo uno dei problemi della memoria, o meglio il problema di una memoria lasciata sempre viva, come fosse sempre presente.
Possiamo, con la tecnologia a nostra disposizione, con gli algoritmi che seguono le nostre propensioni e i nostri “gusti”, possiamo rimanere in una bolla spazio-temporale che nella realtà non esiste più.
Il mondo è decisamente andato avanti da quegli anni ’70 e anni ’80 della nostra infanzia e anche da quegli anni ’90 che furono quelli della nostra giovinezza e poi quelli che hanno seguito.
Possiamo costantemente rivivere l’onda di speranza di Piazza Tien a Men o il terrore degli aerei che si schiantano nelle Torri gemelle o ascoltare e riascoltare, ad esempio mentre guidiamo, le bionde trecce e “ancora tu, ma non dovevamo vederci più” o le tre parole “sole, cuore, amore”. Possiamo vivere, se vogliamo, un mondo che in realtà non esiste più.
Possiamo prolungare, se vogliamo, la nostra giovinezza continuando a cantare “i Beatles e i Rolling Stones” senza che nulla possa perturbare la nostra confortevole ripetizione degli stessi gesti, senza nessun cantante Trap (no, nonostante questo articolo, non riesco nemmeno a considerarli cantanti…) che possa scuoterci proponendo nuove strofe, nuove rime.
Come vivessimo in un mondo congelato, statico.
Ecco pensando alla memoria, vorrei lanciare una riflessione: se il gusto nostalgico della memoria così facile per le tecnologie che abbiamo attorno a noi, non ci stiano privando in qualche modo di quel piccolo “stress” che però in ultima analisi è il vivere il “Quì e Adesso”.
Pensiamoci.

Fabrizio: copio e incollo il testo della Canzone di Gianni Morandi, semmai ti venisse voglia di canticchiarla così, anche senza base musicale.

C’era un ragazzo
Che come me
Amava i Beatles e i Rolling Stones
Girava il mondo
Veniva da
gli Stati Uniti d’America
… Non era bello
Ma accanto a sé
Aveva mille donne se
Cantava Help e Ticket to Ride
O Lady Jane, o Yesterday
… Cantava viva la libertà
Ma ricevette una lettera
La sua chitarra mi regalò
Fu richiamato in America
… Stop, coi Rolling Stones
Stop, Coi Beatles stop
… M’han detto va nel Vietnam
E spara ai Viet Cong
… C’era un ragazzo
Che come me
Amava i Beatles e i Rolling Stones
Girava il mondo
ma poi finì
A far la guerra nel Vietnam
… Capelli lunghi non porta giù
Non suona la chitarra ma
Uno strumento che sempre dà
La stessa nota
Ra ta ta ta
… Non ha più amici
Non ha più fans
Vede la gente cadere giù
Nel suo paese non tornerà
Adesso è morto nel Vietnam
… Stop, coi Rolling Stones
Stop, coi Beatles stop
… Nel petto un cuore più non ha
Ma due medaglie o tre

(Autori Migliacci, Lusini – Editore UNIVERSAL MUSIC PUBLISHING RICORDI S.R.L)