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Quando decidiamo di organizzare un viaggio, che sia stato programmato da tempo o che si colga l’occasione dell’ultimo minuto, ci troviamo di fronte ad alcune scelte da fare: innanzitutto la destinazione, il mezzo per raggiungerla, quando partire, con chi partire, cosa portare nella nostra valigia! Un “viaggio” è un’esperienza progettata e immaginata, carica di aspettative, desideri e curiosità nei confronti dei percorsi che ci troveremo ad affrontare. Decidere di progettare un viaggio significa partire per poi tornare. E come nella vita, nonostante tutti i preparativi, sarà proprio il viaggio ad arricchirci, meravigliarci e stupirci.

Talvolta si decide di partire per trovare nuovi stimoli, perché è arrivato il momento di cambiare. Il cambiamento, qualunque esso sia, caratterizza l’esistenza ed è sempre positivo. Significa mettersi in gioco, evolversi, trasformarsi, volgere lo sguardo verso nuovi orizzonti. Porta con sé anche il timore nei confronti del nuovo. E proprio per tale ragione che quando decidiamo di attuare un cambiamento è necessario abbandonare ciò che è stato sino a quel momento e accogliere nuove idee e spunti di riflessione, che ci porteranno verso un percorso ancora sconosciuto.

[ Autore: Tom & Anna | Ringraziamenti: https://pixnio.com | Copyright: public domain (CC0) ]

Abbandonare non significa dimenticare né tantomeno
cancellare quel che abbiamo costruito. Quando la spinta verso un progetto –
lavorativo o di vita che sia – si esaurisce, resta comunque il frutto
dell’esperienza che abbiamo vissuto. Semplicemente talvolta arriva un momento
in cui è necessario cambiare per evolversi. È importante fare tesoro
dell’esperienza vissuta, sentita, e costruita, e arricchirla con nuove idee e
progetti. In realtà non si tratta di un abbandono vero e proprio ma di una fase
di trasformazione. E certamente ci vuole coraggio! Perché cambiare significa
abbandonare la “zona di confort” e mettersi in gioco, progettare un nuovo
“viaggio”.

Per intraprendere un percorso verso il cambiamento occorre
anche abbandonarsi un po’, ovvero lasciarsi andare, lasciar fluire emozioni
e sentimenti.
Abbandonarsi come atto di fiducia verso il nuovo e – nel
nostro caso – soprattutto nei confronti di chi continuerà a leggerci e a condividere
esperienze, emozioni, vissuti, sensazioni, racconti dai mille colori e
sfumature, con attenzione e sensibilità verso temi di attualità e con lo
sguardo sempre rivolto alla diffusione della cultura a 360 gradi. Conoscere ci
permette di comprendere, sentire e fare parte della cultura dei nostri tempi e
di quelli passati.

Con coraggio, ci accingiamo dunque a preparare la
nostra valigia
, nella quale porteremo chi eravamo e chi siamo, ciò che
abbiamo condiviso e affrontato, ma anche tanta energia, curiosità, ricerca di
novità e tanto cuore.

Sino ad ora abbiamo percorso insieme un fantastico viaggio,
ricco di storie, persone, colori e fantasia, e siamo pronti a ripartire per
affrontarne uno nuovo. Dunque, torneremo a riflettere su temi di attualità e su
fatti e persone dei giorni nostri e di quelli passati; solleticheremo la
curiosità e offriremo spunti di riflessione su tematiche sociali, momenti di
vita quotidiana, emozioni e sentimenti, che appartengono a ciascuno di noi. In
fondo, ognuno è parte e fa parte della cultura di questo tempo che, attraverso
il legame con il passato, la tradizione, la memoria storica, costituisce quel
terreno su cui si fonda il futuro, nostro e di chi verrà dopo di noi.

E voi, cosa mettete nella vostra valigia?

“L’uomo non può tornare mai allo
stesso punto da cui è partito, perché, nel frattempo, lui stesso è cambiato.
Tutto quello che siamo lo portiamo con noi nel viaggio. In verità, il viaggio
attraverso i paesi del mondo è per l’uomo un viaggio simbolico. Ovunque vada è
la propria anima che sta cercando. Per questo l’uomo deve poter viaggiare.”

   
Andrei Arsenyevich Tarkovsky

Siamo nel pieno del Carnevale, una festa popolare che affonda le sue radici in un antico passato.

I dolci, gli scherzi, i travestimenti rendono il Carnevale uno dei periodi più allegri e divertenti dell’anno.

Le “maschere” sono protagoniste indiscusse: insieme a quelle tradizionali quali Arlecchino, Colombina e Pulcinella, legate alle tradizioni locali del teatro popolare, ritroviamo molti personaggi protagonisti di favole classiche e moderne avventure: fate e maghi, principesse e principi, supereroi della Marvel, fantasmi, strane creature e personaggi fantastici. 

È una festa molto amata dai bambini ed anche molto apprezzata dagli adulti.

Basti pensare ad alcune delle più classiche manifestazioni della tradizione popolare come il Carnevale di Venezia, di Viareggio, di Putignano, per citarne alcuni tra i più conosciuti, caratterizzati da sfilate di carri allegorici i cui protagonisti non solo sono maschere della Commedia dell’Arte ma rappresentano goliardicamente anche personaggi della cultura e della politica del nostro tempo. 

(Autore: Yoshi Nakanishi – Licenze Creative Commons)

Molto particolare è anche il Carnevale di Tufara, in provincia di Campobasso: l’ultimo giorno di Carnevale si assiste alla sfilata del diavolo, tra corse, danze, salti e acrobazie.

Una manifestazione che origina dalle tradizioni contadine e che riecheggia riti propiziatori legati alla natura e alla fertilità, nel periodo di passaggio tra l’inverno e la primavera, i un connubio tra sacralità religiosa e profano.

Il tema delle maschere e dei travestimenti riecheggia nelle culture di tutti i tempi che, con il Carnevale, prende forma dalla tradizione e dal teatro popolare.

Un tema affrontato in letteratura e approfondito dalle scienze sociali. 

Utilizzando la metafora del teatro drammaturgico, il sociologo Erving Goffman ha evidenziato come ciascun individuo metta in atto una rappresentazione di sé stesso nel corso delle proprie relazioni sociali quotidiane, dove l’identità individuale coincide, di volta in volta, con la maschera che egli indossa nelle differenti messe in scena sociali. 

Non possiamo fare a meno di volgere l’attenzione anche al pensiero di Luigi Pirandello, da cui emerge il contrasto tra maschera e volto, tra apparire ed essere, tra esteriorità e interiorità. Un precursore dei nostri tempi, dove tale contrasto emerge ancor più potentemente per il tramite delle tecnologie e per l’uso ormai quotidiano dei social media. La realtà – ma di quale realtà stiamo poi parlando? – diviene una realtà virtuale, in cui è facile immergersi fino a perdere la propria identità. 

Ed ecco che la maschera, da ciascuno indossata nel quotidiano, si tramuta in una moltitudine di maschere da mostrare, in una società sempre più caratterizzata da istanze narcisistiche, per apparire, per simulare ciò che viene richiesto dai ruoli e dalle circostanze, per conquistare uno spazio nella realtà virtuale…o forse anche nella realtà di tutti i giorni!

Oggi, forse in misura maggiore rispetto al passato – chissà poi se questo dipende dalla percezione di ogni donna o uomo che vive nel proprio tempo – viviamo un periodo storico in cui il contesto sociale e culturale è caratterizzato da profonde incertezze, accentuate trasversalmente dalla pandemia e, in questi ultimi giorni, da conflitti geopolitici che si tramutano in guerre. 

Siamo in un’epoca fortemente connotata da spinte narcisistiche e individualistiche, in cui è attribuita una grande importanza al successo, al denaro, e all’apparenza, che spesso sconfina nell’ostentazione. 

Spesso sono le generazioni di giovani ad essere viste come quelle che maggiormente popolano i social, cercando di conquistare il proprio spazio e la propria identità, anche nel tentativo di costruirsi un’immagine che possa portarli al successo (il web pullula di influencer, di beniamini da imitare). Ad una attenta osservazione non sfuggirà, tuttavia, che si tratta di un fenomeno trasversale, in cui narcisismo ed esibizionismo contagiano copiosamente tutte le fasce d’età. 

Forte è la spinta a condividere la propria immagine di sé, spesso indossando una maschera, per apparire, per fare bella figura, per celare le proprie incertezze e insicurezze.

La maschera rappresenta l’aspetto esteriore con cui ciascun individuo si presenta all’altro, ciò che gli altri vedono e giudicano. Ciò che appare è visibile, ma può anche non corrispondere alla realtà.

Come è possibile distinguere il vero e dal falso? 

«In ogni falso si nasconde sempre qualcosa di autentico» è la frase cardine del film “La migliore offerta” di Giuseppe Tornatore. Il protagonista, Virgil Oldman, esperto di arte, sottolinea che spesso, nel ricreare un’opera d’arte, «il falsario non resiste alla fatale tentazione di metterci del suo», ciò che in qualche modo rende l’opera comunque autentica. Allora forse possiamo ipotizzare che non sempre celarsi dietro ad una maschera equivalga a fingere. Sono sempre presenti elementi di autenticità. Ciascuno vede la realtà attraverso il proprio modo di essere, le proprie idee e rappresentazioni del mondo, che mutano nel corso della vita. 

Dunque, indossare maschere è un’abitudine quotidiana. 

Che non significa soltanto apparire, talvolta significa anche proteggere le proprie fragilità o semplicemente scegliere a chi e come, dal proprio punto di vista, secondo la complessità del proprio mondo, regalare all’altro quel che si ritiene la parte più autentica e più preziosa di sé stessi.

A ognuno la propria maschera! 

A causa dell’emergenza “Coronavirus”
sono state adottate misure di distanziamento sociale che hanno costretto
un’intera popolazione ad adeguarsi a nuove modalità di vita.

Anche nel settore della ricerca
scientifica
vi è stata una rimodulazione di tutte le attività, spostando e
concentrando il “focus” sui fattori che maggiormente hanno e avranno una ricaduta
sulle “persone”, non solo in questo momento ma anche nei periodi
successivi in cui, lentamente, verranno rimesse in moto tutte quelle attività
quotidiane che siamo stati costretti a rivedere per far fronte all’emergenza.

Dalla collaborazione tra il Laboratorio di Psicologia Sperimentale Applicata, il Laboratorio di Ergonomia Cognitiva e il Laboratorio di Psicofisiologia del Sonno del Dipartimento di Psicologia, Sapienza Università di Roma è nata la ricerca Epsilon-COVID-19, i cui responsabili sono  il Prof. Luigi De Gennaro,  il Prof. Fabio Ferlazzo e la Prof.ssa Anna Maria Giannini, Coordinatori di tre Laboratori rilevanti afferenti ad un Dipartimento di Eccellenza per la ricerca.

Lo scopo della ricerca è quello
di monitorare l’impatto psicologico delle condizioni di isolamento e
confinamento presenti in Italia come conseguenza dei provvedimenti di
contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2. Si tratta di uno studio
focalizzato su aspetti cognitivi (tra i quali, ad esempio, i processi
decisionali, le performance, i processi attentivi), affettivi (quali, ad
esempio, il tono dell’umore, l’irritabilità, le emozioni provate, le strategie
di fronteggiamento di eventi stressanti), e psicofisiologici, come la qualità
del sonno, che prevede un monitoraggio con cadenza settimanale.

La partecipazione alla ricerca è
resa possibile dalla fruibilità dei contenuti attraverso la maggior parte dei
dispositivi in commercio quali Smartphone, Tablet, Computer
portatili o desktop.

Perché è importante partecipare
alla ricerca?

Tutti stiamo vivendo in prima
persona questa emergenza, sia coloro che si muovono in prima linea, che siano
medici, infermieri, operatori sanitari, forze dell’ordine, autotrasportatori,
volontari, commesse e commessi dei supermercati e tutti coloro che in qualche
modo si stanno adoperando, ma anche e soprattutto tutti coloro ai quali è stato
chiesto di restare a casa per contenere la diffusione della pandemia.

Il richiamo è certamente al “senso
di comunità”
, anche rispetto al preziosissimo contributo che è
possibile fornire attraverso la partecipazione alla ricerca scientifica. Senza
lo sviluppo scientifico non c’è progresso, ed è proprio attraverso
l’approfondimento e la conoscenza che è possibile l’avanzamento della
comprensione delle dinamiche individuali e della società.

Quel che emergerà da questo studio
sarà certamente utile a comprendere il vissuto più profondo della popolazione
durante il periodo di isolamento per poi poter far fronte ai bisogni e alle eventuali
richieste di aiuto che perverranno. L’auspicio è che si possano adottare le
necessarie strategie per far fronte a quelle che potrebbero essere nuove
emergenze legate al post-isolamento/distanziamento sociale e/o al burnout di
coloro che sono stati in prima linea, per fronteggiare le difficoltà e valorizzare
le risorse che ogni individuo porta dentro di sé.

Perché i dati forniti siano attendibili è necessario che la partecipazione venga estesa al maggior numero possibile di persone. Pertanto, vi chiediamo di partecipare e diffondere questa preziosissima ricerca attraverso il link che segue!

Epsilon-COVID-19