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(Foto di Irene Coppola)

Avvocato penalista che esercita la professione forense da oltre dieci anni presso il Foro di Roma, occupandosi con passione, dedizione e professionalità di diritto penale d’impresa,  di reati societari e contro la pubblica amministrazione, di colpe mediche, di reati personali (stalking e reati da codice rosso) e patrimoniali, di responsabilità degli enti, di diritto sportivo e militare. Inoltre ricopre la funzione di membro stabile del tribunale Federale presso la Federazione Italiana Nuoto e presso la Federazione Italiana Pallacanestro, e collabora come autore per la rivista “il Penalista” di Giuffrè.

Irene in Condivisione Democratica cura la rubrica “Cultura & Diritto”

Flavio Villani è nato a Roma nel 1975 ed è ingegnere edile-architetto. Scrive di narrativa e architettura su varie riviste, tra cui Yanez Magazine e Cultweek. Tra il 2005 e il 2010 ha vissuto a Helsinki, dove ha partecipato alla progettazione strutturale del nuovo auditorium. Dal 2010 vive a Berlino, dove si occupa di sicurezza antincendio.
Per amore e per lavoro ha girato l’Europa, la Russia e il Medio Oriente.

Sposato, padre di due figli, a casa mischia romanaccio, russo e tedesco. Tifa per la Maggica e il Sankt Pauli.
Nel 2019 ha pubblicato l’audiolibro “Cenerentola beve vodka”.

Avvocato, vive a Firenze, ed esercita la libera professione.
Ha collaborato e promosso sin da studentessa, nei primi anni ’90, a numerose iniziative e network sulla comunicazione digitale, a partire da StranoNetwork. È stata responsabile dell’area giuridica del Craiat – Centro Ricerche e Applicazioni dell’Informatica all’ Analisi dei Testi. Dal 1994 si occupa di ICT e questioni giuridiche correlate, di proprietà intellettuale ed industriale e di comunicazione.

Ha incarichi di docenza e formazione in materia di ICT, proprietà intellettuale, privacy e sicurezza da Istituzioni, enti pubblici e privati. E’ stata presidente dell’osservatorio del Centro Studi di Informatica Giuridica di Firenze “CSIG” (www.csig.eu ,Firenze) dal 2002 al 2005.
Crede nelle potenzialità egalitarie e partecipative delle tecnologie digitali, che ha promosso a livello europeo nel 2006 quale membro della CPO (Commissione Pari Opportunità) del Cnf presso il Ministero della Giustizia.

Dal 2007 è Presidente del Movimento Difesa Cittadino di Firenze.
Nel 2012 ha ideato ed elaborato il Green Entertainment Act e la teoria del Theatre Cluster e Green Stage, coniugando nuove tecnologie digitali ed ecosostenibilità.
Ha svolto altresì attività di docenza in materia di diritto d’ autore e diritto delle nuove tecnologie informatiche per Enti pubblici, società private e Università.

Svolge attualmente docenze universitarie. Ha collaborato con la cattedra di Legislazione ed Economia dello spettacolo teatrale e cinematografico presso l’Università di Pisa; e nell’anno 2018/2019 Economia Internazionale e Sistemi Comparati di Welfare presso la Università Iul.
È ospite e consulente in trasmissioni televisive Rai e private nazionali e locali e su tematiche giuriche e consumerustiche.

Nel tempo libero pratica l’atletica leggera, passione da sempre; studia e scrive articoli per alcuni settimanali e mensili di tiratura nazionale e manuali e libri nelle materie di interesse.
Ha una figlia quasi tredicenne, Eva Sofia.

Mi chiamo Carla Panetta, sono una Psicologa del Lavoro e delle Organizzazioni e per molti anni ho lavorato nell’ambito della selezione del personale e della formazione e mi sono occupata anche della riorganizzazione dei processi in contesti aziendali a livello nazionale e internazionale.
Da queste esperienze professionali nasce la mia pubblicazione “Gender Diversity e strategie manageriale per la valorizzazione delle differenze”, che si propone di sottolineare l’importanza delle diversità di genere a livello istituzionale, aziendale ed individuale.

Al tempo stesso, ho coltivato sempre il mio interesse per temi aderenti l’ambito della psicologia clinica, prendendo una specializzazione in Psicoterapia ad orientamento Cognitivo – Comportamentale ed un Master di II livello in Psicodiagnostica, acquisendo una pluriennale esperienza nel campo della psicoterapia individuale e di gruppo, realizzando progetti di psicoeducazione finalizzati al supporto dei pazienti e delle famiglie di pazienti, in ambito ospedaliero e privato.

Sono stata docente presso il Corso di Perfezionamento in “Psicopatologia della Donna” dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e collaboro da molti anni con medici privati e istituzionali come il Policlinico A. Gemelli di Roma.

Sono sempre stata attratta dall’osservazione di ciò che deriva dal rapporto tra aspetti individuali e temi sociali, da come e quanto i cambiamenti trasversali sui gruppi, sulla collettività, possano impattare sui mutamenti delle caratteristiche dei singoli e viceversa. Ed è proprio l’interesse per questi fenomeni che mi spinge a decidere di collaborare con Condivisione Democratica.
Il mio intento è quello di agevolare una comune riflessione, consapevole e critica, su temi psicologici, scientifici e d’attualità, uno spazio per ragionare, interrogarsi e magari anche trovare insieme qualche risposta.

Speriamo di riuscirci!

Sono le chiavi di casa buttate sulla cassettiera all’ingresso. Sono un vinile che gira: vibrazioni e musica. Sono un treno che deraglia. Il sogno che vuoi ricordare al mattino e che scivola via sperdendosi nel rumore del traffico. Sono quello che fai quando nessuno ti guarda. Un’adorabile imperfezione. Il mascara che ti finisce nell’occhio quando sei in ritardo. Sono i buoni propositi di fine anno e la mano che rimanda la sveglia 6 volte prima di alzarsi. Sono un sorriso di denti storti incorniciati da un rossetto corallo. Sono un cane che piscia sul muro della vita per lasciare un segno del suo passaggio. Sono il peso del mondo che ti trascini in ufficio o in fabbrica il lunedì mattina. Quel senso di paralisi quando ti tuffi nel torrente ghiacciato in piena estate per dimostrare quanto tu sia imperturbabile. Sono ciascuna delle persone che osservi per la strada. E quel nome che non riesci mai a ricordare. Sono quella risata al ristorante che ti fa girare la testa e non sai se ridere o se essere indignato. Sono la nostalgia dell’inverno per la vita. Sono lo scoglio instancabile e l’onda selvaggia e caparbia. La multa sul parabrezza.

Sono un istante che si trascina. Un’anima che ama e un corpo che si abbandona all’abbraccio del tempo che logora e consuma. Sono ciò che non ero prima. Forse, per un istante, sarò ciò che tu vorrai. O ciò che temi. O ciò che sei. 

Il mio nome è Letitia Vasile. Non amo definirmi, sono in continuo mutamento e in continua ricerca. Non sono il mio lavoro, né la mia famiglia. A rappresentarmi meglio sono le mie emozioni. Amo dell’essere umano la sua paternità artistica, l’inconsapevole forza interiore e la sua empatia. Sono una viaggiatrice curiosa. Mi spaventa tutto ciò che è piatto e definito. Amo perdermi e anche leggere. La scrittura, invece, è proprio un bisogno fisiologico, che non posso che assecondare.

Fabrizio è nato nel 1975 a Roma, dove ha compiuto i suoi studi universitari. In seguito alla laurea in Giurisprudenza, ha vissuto e studiato a Madrid e a Manchester e infine, nel 2008, è approdato a Bruxelles. Ha lavorato per 10 anni presso la Commissione Europea, dove ha avuto la possibilità di conoscere da vicino le dinamiche politiche e istituzionali e i meccanismi di funzionamento dell’Unione Europea (UE). Attualmente è consulente indipendente ed esperto tecnico dell’UE nei settori dell’agricoltura, della sicurezza alimentare e del commercio internazionale. Fabrizio vede con favore il processo di integrazione economica e politica dell’UE e ne osserva da vicino l’evoluzione. Da buon europeista, nei momenti liberi ama intrattenersi con la sua chitarra spagnola, guardare film francesi e bere birre belghe.

Al primo scoppio di bomba, nel 1914, Trilussa scrisse questa questa ninna nanna che è di una spietatezza, di un disincanto tipicamente romano.
Sicuramente non si aspettava che la guerra incendiasse il mondo intero, lasciando poi quei ceneri ardenti che anni dopo avrebbero acceso anche la seconda guerra mondiale. Pensava alle “solite” guerre europee.
A me è tornata in mente pensando a questa campagna elettorale. Ora tutti contro tutti, dopo il 4 Marzo ci sarà un accordo e un ricompattamento…

La ninna nanna della guerra (1914)

Ninna nanna, nanna ninna,
er pupetto vò la zinna:
dormi, dormi, cocco bello,
sennò chiamo Farfarello
Farfarello e Gujermone
che se mette a pecorone,
Gujermone e Ceccopeppe
che se regge co le zeppe,
co le zeppe d’un impero
mezzo giallo e mezzo nero.

Ninna nanna, pija sonno
ché se dormi nun vedrai
tante infamie e tanti guai
che succedeno ner monno
fra le spade e li fucili
de li popoli civili

Ninna nanna, tu nun senti
li sospiri e li lamenti
de la gente che se scanna
per un matto che commanna;
che se scanna e che s’ammazza
a vantaggio de la razza
o a vantaggio d’una fede
per un Dio che nun se vede,
ma che serve da riparo
ar Sovrano macellaro.

Chè quer covo d’assassini
che c’insanguina la terra
sa benone che la guerra
è un gran giro de quatrini
che prepara le risorse
pe li ladri de le Borse.

Fa la ninna, cocco bello,
finchè dura sto macello:
fa la ninna, chè domani
rivedremo li sovrani
che se scambieno la stima
boni amichi come prima.

So cuggini e fra parenti
nun se fanno comprimenti:
torneranno più cordiali
li rapporti personali.

E riuniti fra de loro
senza l’ombra d’un rimorso,
ce faranno un ber discorso
su la Pace e sul Lavoro
pe quer popolo cojone
risparmiato dar cannone!

Emilia Kamvisi è un’anziana signora abitante dell’isola greca di Lesbo. Una anziana signora così come ce la potremmo immaginare. Ma Emilia è una delle candidate al Premio Nobel per la Pace del 2016.
La sua candidatura nasce da uno scatto e da una enorme umanità: nell’ottobre 2015 è stata fotografata da Lefteris Partsalis mentre con un biberon allattava un piccolo siriano approdato nell’isola greca assieme a migliaia di migranti che fuggivano dalla guerra in atto.

La foto che riportiamo è di pieno diritto della fotografa che l’ha scattata, la sua pubblicazione avviene in virtù della distribuzione sul web. Ringraziamo l’autrice.

Libertà e Giustizia non è un partito politico, ma un’associazione di cultura politica, ispirata ai due principi indicati nella sua stessa denominazione. Il suo metodo è la ragione applicata ai fatti. Allontaniamoci, allora, un poco dai particolari della cronaca politica quotidiana e cerchiamo di intravedere l’insieme dei fatti per ricavarne linee di pensiero e d’azione. Sempre che non sia un esercizio inutile.

IDEE-FATTI

Nella vita politica, le idee, le percezioni, le illusioni e le indignazioni che contano non sono necessariamente quelle veritiere. Sono quelle che permeano le coscienze, fanno senso comune e muovono i comportamenti dei grandi numeri, vere o false che siano. In ogni caso, sono semplificazioni e, proprio per questo, sono efficaci. Poiché sono efficaci, esse sono, per l’appunto, “fatti”, non effimere impressioni che passano da sé.

a. La prima idea-fatto – inutile dirlo – si esprime con la parola “casta”: giri intrecciati di potere politico, burocratico, economico e finanziario che si auto-alimentano per nepotismo e cooptazione, in base a patti di protezione e fedeltà; potere per il potere, inamovibile, spesso occulto e illegale; disuguaglianze crescenti tra chi sta dentro e chi fuori, chi sopra e chi sotto; privilegi e stili di vita incomparabili; ricchezza crescente per pochi e povertà dilagante tra i molti. Una grande divisione sociale, per la quale, un tempo, fu coniata l’espressione “razza padrona”.

La lotta di classe pare diventare, o già essere diventata lotta di casta, e a parti invertite: non degli sfruttati contro gli sfruttatori, ma degli sfruttatori contro gli sfruttati. Forse, ancora non si percepisce la dimensione globale di questa immensa ingiustizia, rispetto alla quale gli abusi, le corruttele, i furti di casa nostra, per quanto insopportabili, sono quisquilie. Quando si percepirà, cioè si farà strada l’idea, la reazione sarà la restaurazione delle piccole patrie, delle piccole comunità, come rifugi al tempo stesso protettivi e aggressivi: una vecchia storia.

b. La seconda idea-fatto è l’identificazione del potere che s’è detto con le Istituzioni. La politica moderna si basa sulla distinzione tra le istituzioni e coloro che le impersonano e le servono. L’idea odierna è il rovesciamento: coloro che stanno nelle istituzioni se ne servono. In tal modo, ogni degenerazione dei primi viene percepita come vizio delle seconde. Una volta, la corruzione di uno, era vista come corruzione di quello, poi del suo partito, poi dei partiti tutti quanti, poi della politica come tale, infine delle istituzioni tutte quante. I corrotti, gli insipienti, i dilettanti, gli arroganti, ecc. che operano nelle istituzioni non sono solo cattivi soggetti per se stessi, ma lo sono anche di più per le istituzioni democratiche. Nessuna azione antidemocratica è più efficace della corruzione e della propaganda che si basa su di essa. Anche questa è una vecchia storia.

c. La terza idea-fatto è che tutto s’equivale e che “sono tutti uguali”. Di conseguenza, non c’è nulla di possibile e nessuno di cui ci si possa fidare. Tanto vale, allora, starsene a guardare, sperando nella palingenesi, cioè nel crollo della politica e delle sue istituzioni e nell’apparizione di qualcuno che faccia piazza pulita. Che questa prospettiva esista e possa diventare persino maggioritaria è il crimine maggiore che dobbiamo imputare alla generazione che è la nostra. Di nuovo, ci appaiono i fantasmi d’una vecchia storia che si deve sapere dove porta.

LE RISPOSTE VUOTE

Queste generalizzazioni sono sbagliate. Sono anzi trappole pericolose. Ma sono fatti.

Come le vediamo contrastare? Con vuote banalità e con azioni controproducenti.

La prima banalità è l’accusa di antipolitica, che evita di fare i conti con le ragioni che allontanano dalla politica e si presta, contro chi la pronuncia, a essere ritorta con la stessa, se non con maggiore forza. Chi è, infatti, il vero antipolitico? La domanda è a risposta aperta. Non serve a nulla l’anatema. Serve solo la buona politica.

Non bastano le parole, quelle parole che si possono pronunciare a basso costo; parole banali anch’esse, che non vogliono dire nulla perché non si potrebbe che essere d’accordo.

Nella politica, che è il luogo delle scelte e delle responsabilità, dovrebbe valere la regola: tutte le parole che dicono ciò che non può che essere così, sono vietate.

Non vogliono dire nulla riforme, moralità, rinnovamento, innovazione, merito, coesione, condivisione, giovani, generazioni future, ecc.: vuota retorica del nostro tempo che tanto più si gonfia di “valori”, tanto più è povera di contenuti.

Chi mai direbbe d’essere contro queste belle cose?

COME USCIRNE
1) ATTI DI CONTRIZIONE E SEGNI DI DISCONTINUITA’

Alle vuote parole che non costano niente, corrispondono azioni e omissioni nefaste, anzi suicide. Si scoprono ora (!) ruberie, inimmaginabili nel mondo normale, e s’invoca subito una legge sui partiti e sul controllo dei flussi di denaro che arrivano loro: una legge che non si farà.

Si scopre ora (!) che la corruzione dilaga e si fa una legge-manifesto che, anche a dire di quelli che, all’inizio, l’hanno appoggiata, servirà poco o nulla.

Ci si accorge ora (!) che gli organi elettivi sono pieni di gente impresentabile e si prepara una legge sulle candidature. Leggi, sempre leggi, destinate a non farsi o, se fatte, a essere svuotate.

Ma nessuno obbliga a rubare, a corrompere e farsi corrompere, promuovere candidati senza qualità o con ben note “qualità”.

I cattivi costumi si combattono con buoni costumi. Le leggi servono a colpire le devianze, ma nulla possono quando la devianza s’è fatta normalità. Prima di cambiare le leggi, occorre cambiare se stessi e, per cambiare se stessi, non occorre alcuna legge.

Per chiedere rinnovata fiducia, occorrono ATTI DI CONTRIZIONE, segni concreti di discontinuità, non “segnali”, come si dice per dissimulare l’inganno.

Non è un segno, ma un segnale, per di più autolesionistico, la legge elettorale che è in gestazione. Mai più al voto con la legge attuale, s’era detto. Impedito il referendum da un’improvvida sentenza della Corte costituzionale, il problema della riforma è passato al Parlamento, cioè a chi ha da sperare vantaggi o temere svantaggi. Ci voleva poco a capire che, in prossimità delle elezioni, sondaggi alla mano, tutto sarebbe dipeso da calcoli interessati e poco o nulla da buone ragioni di giustizia elettorale. Non c’è bisogno di apprenderlo dal “Codice di buona condotta in materia elettorale” (§§ 65 e 66), che contiene il “minimo etico” segnalato agli Stati dal Consiglio d’Europa nel 2002. Lo comprendiamo da soli.

Comprendiamo che la nuova legge elettorale, se ci sarà, dipenderà dagli interessi dei partiti, non degli elettori che vi troveranno ulteriori ragioni di distacco o di rabbia. La riforma, che avrebbe dovuto servire a riavvicinare eletti ed elettori, allargherà la distanza.

Si persevera, invece, tentando di ritagliarsi comunque un posto o un posticino che conti qualcosa, in una barca che rischia di andare a fondo con quelli che ci sono dentro. Si pensa che non ce ne si accorga? e che ciò non porti altra acqua a chi vuol affondarla? Che insipienza!

2) UNA STAGIONE COSTITUZIONALE PER VIVERE IN LIBERTA’ E GIUSTIZIA

Dove appoggiarsi per uscire dal pantano, per suscitare coraggio, energie, entusiasmo, in un momento di depressione politica come quello che viviamo?

Dove trovare l’ideale d’una società giusta, che meriti che si mettano da parte gli egoismi e i privilegi particolari, che ci renda possibile intravedere una società in cui noi, i nostri figli e i figli dei nostri figli, si possa vivere in libertà e in giustizia?

È sorprendente che non si pensi che questo ideale, questo punto d’appoggio c’è, ed è la COSTITUZIONE. Ed è sorprendente che si sia chiuso in una parentesi quel referendum del giugno 2006 in cui quasi sedici milioni di cittadini si sono espressi a sostegno dei suoi principi.

Altrettanto sorprendente è che non si dia significato – forse perché non se ne ha nemmeno sentore – all’entusiasmo che accoglie, tra i giovani soprattutto, ogni discorso sulla Costituzione, sul suo significato storico e sul valore politico e civile attuale. Non c’è qui una grande forza che attende d’essere interpellata per cambiare la società?
Non è paradossale che ci si volga indietro per guardare avanti.

Le difficoltà in cui ci troviamo non derivano dalla Costituzione, ma dall’ignoranza, dal maltrattamento, dall’abuso, talora dalla violazione che di essa si sono fatti. Eppure lì si trova almeno la traccia della risposta ai nostri maggiori problemi.

  • Il LAVORO come diritto a fondamento della vita sociale, e non la rendita finanziaria e speculativa;
  • i DIRITTI CIVILI e non le ipoteche confessionali e ideologiche sulle scelte ultime della vita;
  • l’UGUAGLIANZA di fronte alla legge e non i privilegi per proteggere i deboli e combattere le mafie d’ogni natura;
  • l’impegno a promuovere politiche di EQUITA’ SOCIALE E FISCALE e non l’autorizzazione a gravare sui più deboli per risolvere i problemi dei più forti;
  • la garanzia dei SERVIZI SOCIALI e non la volontà di ridurli o sopprimerli;
  • la SALUTE come diritto e non come privilegio;
  • l’ISTRUZIONE attraverso la scuola pubblica aperta a tutti e non i favoritismi alla scuola privata;
  • la CULTURA, i BENI CULTURALI, la NATURA come patrimonio a disposizione di tutti, sottratti agli interessi politici e alla speculazione privata;
  • la libera INFORMAZIONE, come diritto dei cittadini e diritto-dovere dei giornalisti; ancora:
  • la POLITICA come autonomo discorso sui fini e non come affare separato di professionisti o tecnici esecutivi;
  • la partecipazione all’EUROPA come via che porti alla pace e alla giustizia tra le nazioni, a più libertà e più democrazia, non più burocrazia e meno libertà.

In generale, nella Costituzione troviamo la politica, il bene pubblico che più, oggi, scarseggia.

Invece, ancora una volta, come da trent’anni e più a questa parte, si ripete la stanca litania della prossima stagione come “stagione costituente”. Costituente di che cosa? Volete dire, di grazia, che cosa volete costituire? E credete con questa formula di ottenere consensi, tra cui i nostri consensi? Non viene in mente a nessuno che il nostro Paese avrebbe bisogno, piuttosto, di una “STAGIONE COSTITUZIONALE” e che chi facesse sua questa parola d’ordine compirebbe un atto che metterebbe in moto fatti, a loro volta produttivi d’idee, anzi d’ideali?

 

(tra i sottoscrittori: Zagrebelsky, Bonsanti, Eco, Saviano, Ginsborg, Lerner, Abate, Dalla Chiesa, Natale, Landini, Barbacetto, Settis)