Archive for the
‘Estate 2022’ Category

Se anche tu sei sensibile al fascino dei luoghi
abbandonati e nello stesso tempo sei cresciuto con i film western devi
assolutamente attrezzarti per questa esplorazione. Si parte per la California, sulla
Sierra Nevada, tra lo Yosemite National Park e il lago Tahoe. Siamo a Bodie,
per la precisione Bodie State Historic Park, quella che era una comunità
mineraria ai tempi della corsa all’oro. Dobbiamo percorrere una strada
polverosa, accidentata, lenta, lunga 20 chilometri fuori dalla State Highway
395, ma finalmente all’ingresso, dopo essersi imbattuti nel relitto di qualche  automobile d’epoca, troviamo una targa che
dice:

 “è
stato designato un landmark storico nazionale registrato secondo le
disposizioni dell’historic sites act del 21 agosto 1935. Questo sito possiede
un valore eccezionale nella commemorazione e nell’illustrazione della storia
degli Stati Uniti. Servizio dei parchi nazionali, dipartimento interno degli
Stati Uniti. 1963

Bodie

L’oro qui fu scoperto nel 1859 da W.S. Bodey,
da cui la città prende il nome. Una volta la metropoli più fiorente della
contea di Mono. Le miniere di Bodie produsse oro per il valore di più di 100
milioni di dollari. Duro come unghie. L’uomo cattivo di Bodie porta ancora
le sue pistole e il coltello Bowie nelle pagine della storia occidentale…
12settembre1964”.

Nel 1861 a Bodie fu fondato un mulino, nel 1876
si trasformò in un centro isolato di pochi ricercatori, per poi arrivare
nell’arco di pochi anni fino a quasi 10.000 abitanti e 2 mila fabbricati.
C’erano: la miniera sopra alla collina, due banche, diversi giornali, la
ferrovia, una prigione, una chiesa, un cimitero, le scuole, la palestra e
perfino un quartiere a luci rosse e contava ben 65 saloon. Nel 1880 la città
brulicava di famiglie, rapinatori, minatori, proprietari di negozi, pistoleri,
prostitute e persone di ogni parte del Mondo.

Le presse della città sformavano i lingotti che venivano trasportati alla zecca a Carson City o a San Francisco.

Ben presto però l’oro cominciò a scarseggiare, però, e la cittadina divenne sempre più pericolosa, con risse e omicidi a causa dei numerosi giocatori d’azzardo, ladri e gangster. Nacquero tra i saloon e i bordelli anche le case di malaffare, le sale da gioco e le fumerie d’oppio. Ogni sorta di intrattenimento per i minatori che cercassero dello svago dopo le dure ore in miniera o come consolazione per il lavoro che scarseggiava.  I giornali hanno riferito, come se fosse una sorta di leggenda, che i cittadini al mattino chiedessero “abbiamo un uomo per colazione?!” per sapere se quella notte ci fossero dei morti in città. La criminalità aumentava e a partire dai primi anni del ‘900 Bodie iniziò a spopolarsi.

Nel 1913 compare ancora sulle guide turistiche
come città mineraria, nel 1917 la ferrovia fu abbandonata, ma mantenne ancora
una modesta ma permanente popolazione fino al 1942.

Bodie, diventata sito storico nel 1963, si
trova ora in una condizione di Arrested Decay, ovvero decadenza
arrestata, nel senso che la piccola parte  (circa un centinaio di fabbricati)
sopravvissuta all’incuria e all’incendio del 1932, è stata conservata intatta,
congelata, con gli edifici e i loro rispettivi contenuti, come nel momento in
cui è stata definitivamente abbandonata, senza alcuna opera di restauro, ma
preservandola nel tempo.

Questa cittadina permette di fare esperienza
in maniera autentica ed evocativa delle atmosfere western e di immergersi nella
vita,  congelata dei suoi abitanti, a
cavallo tra l’Ottocento e il Novecento. Affacciandosi alle finestre delle
abitazioni sì può scorgere , oltre al mobilio, agli utensili e agli effetti
personali, anche le conserve abbandonate nelle credenze, i vetri rotti, i
detriti e tutto ciò che non ha rappresentato una priorità nel momento della fuga,
e tutto rigorosamente conservato sotto ad un importante strato di polvere. Un
luogo fantasma, abbandonato, ma non dimenticato perché in qualche modo riprende
un po’ vita negli occhi curiosi dei visitatori e negli scatti “rubati”
all’interno delle abitazioni. Sì ha quasi l’impressione che gli abitanti si
siano smaterializzati contemporaneamente, lasciando tutto lì, sotto il sole
cocente e sotto quel cielo esageratamente blu per condividere con noi il loro
affascinante e colorato mondo.

PEPPINO DI CAPRI
CARISCH
N° Di Catalogo: VCA 26125
Stampato in: ITALIA
Data: 24 Novembre 1960
Rarita’: COMUNE
Quotazione: euro 4,00 / 7,00
Qualità Grafica Della Copertina: 7

NOTE
EVENTUALI
:
La incredibile popolarità, lo stratosferico successo di un personaggio come
Peppino Di Capri. Questo suo singolo, così come tanti altri, uscì con varie
copertine diverse ed in tempi differenti, pur restando nell’ambito del periodo.
Solo di questa copertina ne esistono almeno quattro varianti! Comprese
riedizioni con copertina fotografica differente. Ma era inevitabile. Chi non ha
amato all’epoca questo straordinario mescolatore di sonorità americane ben
infarcite di atmosfere fortemente italiane e speziate con sapiente gusto dello
splendido mare campano? Meriterebbe un monumento un personaggio di tal fatta, e
non è detto che, a mia insaputa, mentre scrivo esista già un qualcosa di
simile. Totalmente meritato; sottoscriviamo in
toto
.

LATO
A:

Che Vita (Cenci – Lepore)

ACCOMPAGNAMENTO: I Rockers

QUALITÁ
ARTISTICO MUSICALE
: Discreta

Che vita è una delle canzoni che
fu utilizzata come colonna sonora del simpaticissimo film Mariti in pericolo (ancora non abusato dalle TV che trasmettono 500
volte lo stesso vecchio film), pellicola interessante e gioiosa di Mauro
Morassi, con un cast di sicuro interesse: Sylva Koscina, Franca Valeri, Mario e
Memmo Carotenuto, Pupella Maggio, Dolores Palumbo e altri vari. La canzone
diciamo pure che non è tra quelle che fanno saltare dalla sedia con entusiasmo.
Però è appunto adatta e concepita per la pellicola che la contiene; un cha-cha-cha che non pretende di
entusiasmare ma promette comunque momenti assolutamente spensierati;
immancabile l’apprezzato assolo del sax di Gabriele Varano (‘the best saxman in the world’ sentenziò
Peppino!) e impeccabile, come d’uopo, la lettura vocale del Faiella-Di Capri. Rivedetevi
il film, riascoltatevi la canzone e vi troverete immediatamente catapultati in
quel mondo, purtroppo ormai di fiaba, che tanto abbiamo amato in gioventù…   

LATO
B:

Tu sei l’orizzonte (Lojacono – Testa)

ACCOMPAGNAMENTO: I Rockers

QUALITÁ
ARTISTICO MUSICALE
: Ottima-

Capita, lo
sappiamo bene, che a volte la pietra più radiosa sia relegata sul lato B di un
singolo anziché sul suo lato più nobile. Se si cercassero conferme di questa affermazione,
eccovi subito un esempio indiscutibile. Tu
sei l’orizzonte
è davvero una bella canzone, concepita in slow terzinato di una semplicità estrema
e che, proprio per questo, sorprende in maggior misura. Una melodia dolce e
lasciva che si insinua tra le note di un giro armonico semplicissimo e quindi
ancor più difficile da offrire spunti vistosi di grandezza. Anche qui Varano ci
infila il suo irresistibile sax, restando nel motivo conduttore ma, chissà
perché, sempre bello, simpatico e innovativo. La voce di Peppino fila via via
che è una bellezza, fino all’acuto finale che ti mette addosso una maledetta
voglia di riascoltare per la millesima volta la canzone. Un pregio che solo le
belle melodie sanno trasferire nell’animo di chi sa ascoltare; un Peppino Di
Capri che offre una precisa e solida concezione del suo genere più abituale.  

Cosa determina un abbandono?
Io personalmente non so come descriverlo, ma ho trovato nella mia memoria un monologo scritto da Alessandro Baricco che lo racconta attraverso le parole del suo personaggio Novecento.

(copertina del libro “Novecento” – Feltrinelli)

Non voglio “spoilerare” nulla del libro, ma vorrei farvi conoscere solo un minimo chi stia “parlando”: Novecento è un pianista. Un pianista che accompagna le traversate lunghissime dei passeggeri di una nave che attraversa l’oceano. Un personaggio che vive tra le persone seppur rimanendo in completo isolamento.

Vale la pena leggere questa opera di Baricco, piena di poesia, piena di riflessioni sulle cose che cambiano e una lettura intima di come si vive la vita. Questo tempo che scorre e che viviamo.

Ma lascio lo spazio a Novecento:

“A me m’ha sempre colpito questa faccenda dei quadri.

Stanno su per anni, poi senza che accada nulla, ma nulla dico, fran, giù, cadono. Stanno lì attaccati al chiodo, nessuno gli fa niente, ma loro a un certo punto, fran, cadono giù, come sassi. Nel silenzio più assoluto, con tutto immobile intorno, non una mosca che vola, e loro, fran.

Non c’è una ragione.

Perché proprio in quell’istante? Non si sa. Fran.

Cos’è che succede a un chiodo per farlo decidere che non ne può più? C’ha un’anima, anche lui, poveretto? Prende delle decisioni? Ne ha discusso a lungo col quadro, erano incerti sul da farsi, ne parlavano tutte le sere, da anni, poi hanno deciso una data, un’ora, un minuto, un istante, è quello, fran.

O lo sapevano già dall’inizio, i due, era già tutto combinato, guarda io mollo tutto tra sette anni, per me va bene, okay allora intesi per il 13 maggio, okay, verso le sei, facciamo sei meno un quarto, d’accordo, allora buonanotte, ‘notte.

Sette anni dopo, 13 maggio, sei meno un quarto, fran.
Non si capisce.

È una di quelle cose che è meglio che non ci pensi, se no ci esci matto.

Quando cade un quadro. Quando ti svegli un mattino, e non la ami più. Quando apri il giornale e leggi che è scoppiata la guerra. Quando vedi un treno e pensi io devo andarmene da qui. Quando ti guardi allo specchio e ti accorgi che sei vecchio.

Quando, in mezzo all’Oceano, Novecento alzò lo sguardo dal piatto e mi disse: “A New York, fra tre giorni, io scenderò da questa nave”. Ci rimasi secco. Fran.”