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Dopo lo straordinario successo della scorsa edizione, con circa 400 partecipanti, tra pazienti,
medici, amici, studenti, volontari e cittadini provenienti da tutta Italia, si riaffaccia a Roma la
SarkRace, un evento sportivo amatoriale aperto a tutti, per sensibilizzare e raccogliere fondi per la
ricerca e la cura dei sarcomi dei tessuti molli, rara forma di tumore, dalla complessa gestione
clinica.

L’appuntamento è per domenica 24 settembre 2023, con partenza alle 10,00 da via Àlvaro del
Portillo, 5
, sede del CESA, Centro per la Salute dell’Anziano della Fondazione Policlinico
Universitario Campus Bio-Medico. Il percorso si svolge all’interno della Riserva naturale di
Decima Malafede lungo un tragitto di 5 km.
Al termine della manifestazione sportiva, saranno premiati i primi tre classificati e verranno donati
alcuni gadget ricordo per tutti i partecipanti.
L’evento, ideato ed organizzato dall’Associazione Sarknos, in collaborazione con la Fondazione
Policlinico Universitario Campus Bio-Medico, è patrocinato dalla Regione Lazio, dal Municipio IX
di Roma Capitale e da F.A.V.O. (Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in
Oncologia).

Numerose le autorità istituzionali che hanno abbracciato l’iniziativa e non hanno voluto mancare a
questo appuntamento di solidarietà, impegno, testimonianza e sensibilizzazione. Saranno presenti
la Senatrice Paola Binetti (Presidente onorario Associazione Sarknos), l’On. Luciano Ciocchetti
(Vice Presidente XII Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati), l’On. Massimiliano
Maselli
(Assessore Servizi sociali, Disabilità, Terzo Settore, Servizi alla Persona della Regione Lazio),
l’On. Marco Bertucci (Presidente IV Commissione Bilancio della Regione Lazio), l’Ing. Carlo Tosti
(Presidente della Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio Medico), il Dott. Patrizio
Chiarappa
(Assessore Sport e Grandi Eventi Municipio IX Comune di Roma).
La “iena” Filippo Roma, da sempre amico e sostenitore dell’associazione Sarknos, condurrà la
giornata in tutti i suoi momenti e sviluppi.
Le iscrizioni sono aperte al costo di 10 euro. Il ricavato verrà interamente devoluto per le attività di ricerca e di cura del sarcoma.
Per info e iscrizioni: amministrazione@sarknos.it


Sarknos: la rete per chi è affetto da sarcoma. Sarknos è un’associazione benefica di medici e
pazienti, nata per sostenere e supportare le persone affette dai sarcomi dei tessuti molli durante il
percorso di diagnosi, spesso lungo, complesso e impegnativo, dal punto di vista fisico ed emotivo.
Fondata il 26 marzo 2022 su iniziativa del Dott. Sergio Valeri – Responsabile Unità Operativa
Semplice – Chirurgia dei Sarcomi dei tessuti molli presso la Fondazione Policlinico Universitario
Campus Bio-Medico di Roma – e di un gruppo di pazienti e medici, spinti dal desiderio di voler
creare una rete di contatto e unione per quanti sono affetti da questa forma di tumore.
La Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico, che ospita la sede legale
dell’associazione, ha accolto la sua nascita stipulando una convenzione. L’accordo ha l’obiettivo di
promuovere l’associazione patrocinandone le attività e supportandone le iniziative. Sarknos
sostiene la ricerca scientifica grazie all’organizzazione di eventi di informazione aperti a tutti.
Inoltre, favorisce l’incontro e il confronto tra pazienti, familiari e personale sanitario e promuove
la socialità, per far nascere idee e stimoli dalle esperienze comuni, abbattendo le barriere
dell’isolamento e della paura. Tra i suoi obiettivi, inoltre, c’è quello di sensibilizzare i professionisti
sanitari presenti sul territorio in merito all’importanza di un corretto percorso diagnostico e
terapeutico, diffondendo la conoscenza dell’Ambulatorio per la Chirurgia dei Sarcomi e
contribuendo a garantire un’adeguata presa in carico alle persone con una nuova diagnosi di
sarcoma dei tessuti molli, con l’obiettivo di superare gli ostacoli che si frappongono all’accesso al
miglior trattamento possibile.

Ufficio stampa SarkNos
Gerry Mottola
Tel. 3332725538
ufficiostampa@sarknos.it

Di solito si arriva a questi “anniversari” dicendo “10 anni e non sentirli”. Forse si potrebbe anche provare a parafrasare quell’aforisma di Wilde che enunciava che “La tragedia della vecchiaia non è di essere già vecchi, ma di essere ancora giovani.”
E invece non è così: sono passati 10 anni da quando è nata Condivisione Democratica e li sento tutti. Ne sento il peso, ne sento la fatica.

All’inizio fu un’idea di Gerry, non solo una scintilla ma una vera intuizione, il dare voce alla necessità di avere uno spazio di discussione, di rappresentazione delle idee, un laboratorio di idee – ancora non andava di moda chiamare “Think Tank” queste cose. Gerry col suo entusiasmo ha coinvolto un gruppo di amici e così è nata questa Testata Giornalistica. Non un blog, non un sito, non una pagina Facebook, ma una vera e propria testata giornalistica, che è molto più vincolante, che è un progetto molto più “ambizioso” – diciamolo.

In questi 10 anni sono cambiate tante cose – non mi dilungo a fare l’elenco, ma esorto a pensare a cosa è accaduto nel frattempo, partendo proprio da quel 2012 arrivando fino ad oggi, sia sul lato “pubblico”, “internazionale e nazionale”, ma anche “privato e personale” – e questo progetto ci sta un pò “stretto”. Quella necessità di rappresentazione delle idee, di darle forma, di elaborarle e di condividerle, non è venuta meno, anzi è aumentata, è accresciuta e si è piano piano strutturata in modo diverso. Quindi è arrivato il momento di dare una nuova veste a tutto.
E’ ancora presto per raccontare “cosa sarà”, ma sicuramente è arrivato il momento di salutare “cosa è stato”.
Condivisione Democratica per me è stato un grande progetto, è stato un bel laboratorio, dove sono cresciute nuove esperienze e nuove alchimie. Potrei perdermi nei ringraziamenti – l’elenco delle persone sarebbe davvero lunghissimo, con le persone che sono nella redazione o ne hanno fatto parte in questo lungo percorso, le persone che hanno dato un contributo scrivendo proprie testimonianze e anche le persone che ho avuto l’opportunità di intervistare – e quindi mi limito a dire che ho scoperto, in questo progetto, quale fosse il vero significato di “Condivisione”. A parole forse lo conosciamo tutti, ma “sperimentarlo” ha fatto la differenza. Dentro di me.
Sono stati 10 anni bellissimi.
Ma, come amo citare spesso, “The Best is yet to come”.

Abbandonare non è lasciare, lasciare è un’azione pensata, calibrata, ponderata… Abbandonare è un atto viscerale, un’esigenza inevitabile e improrogabile. Un’azione imposta alla persona o all’oggetto che la subisce. Lasciare qualcuno, invece, prevede un confronto, uno scambio dialettico, prevede l’atto di informare l’altro di ciò che sta accadendo.

E’ stano come si possa soffrire per la paura dell’abbandono e allo stesso tempo essere affascinati dai luoghi desueti, è come guardarla in faccia la paura e forse volerci trovare anche un lato positivo, il fascino, l’attrazione.

Anche abbandonare parti di sé è necessario, perché cambiamo, maturiamo, invecchiamo, evolviamo, perdiamo pezzi e ne acquisiamo di nuovi, non abbiamo più le stesse esigenze, ma soprattutto prendiamo consapevolezza di noi stessi e realizziamo quanto sia necessario, a volte vitale, abbandonare modalità, abitudini, legami, pensieri e persone che ci hanno accompagnato da sempre. E’ un processo dolorosissimo, crudele, destabilizzante e l’apice della sofferenza è nel momento in cui si abbandona senza riuscire a riempire, sostituire, ripartire.

C’è un luogo abbandonato che mi ha particolarmente affascinato, a cui ultimamente ripenso molto, tanto da riguardare le numerose foto che ho scattato.
Le sensazioni che mi dà sono tante, tantissime, forse perché in tutti i suoi aspettati immortala esattamente questo preciso momento della mia vita.

Lascio parlare le foto, che esprimono più di mille parole….vi presento l’Ex Orfanatrofio della Bufalotta, all’interno della riserva della Marcigliana, a Roma Nord.

Nella città in cui vivo c’è un luogo incredibilmente affascinante e misterioso: il vecchio manicomio, uno dei più grandi d’Italia, venti padiglioni e un parco di 125 mila metri quadri.

Nato nel 1937 come Ospedale Psichiatrico Nazionale e chiuso nel 1978 con la legge Basaglia, legge promulgata dal dott. Besaglia, neurologo e psichiatra, che pose al centro la questione dei diritti umani e ricollocò questi individui come pazienti, e non più come detenuti. Certo, questa legge vide anche una massiccia contrazione delle spese pubbliche, ma preferisco pensare che non fosse la priorità. Alcuni padiglioni rimasero ancora attivi come A.S.L. fino al 1991, quando in città venne inaugurato il nuovo ospedale, dopodiché fu definitivamente abbandonato a sé stesso (e agli appassionati di urbex). Naturalmente non è aperto al pubblico, ma questo non è mai stato un freno per i numerosi gruppi di curiosi, che spesso arrivano anche da fuori confine, attraversando campi, orti e reti metalliche per potersi introdurre all’interno e tuffarsi nella magia dell’esplorazione. Questo luogo ripaga di tutti gli sforzi. Addentrandoci troviamo ancora le vasche, i lettini, i tavolini autoptici, un’infinità di libri e articoli scientifici, le cinghie di contenimento, fino alle schede dei pazienti e ai registri, scritti a mano, con quella calligrafia così anacronistica. Sorvolando (anche se un po’ contro la volontà) sul fatto che tutto il materiale contenente dati sensibili andasse conservato in maniera più idonea, archiviato con maggiore attenzione o distrutto, rimane quel senso di incredulità e fascinazione a trovarsi circondati da oggetti come questi.

Sì chiamano luoghi abbandonati o luoghi fantasma,
eppure non manca mai qualche amante che faccia loro il filo.  C’è sempre una forza di attrazione che ci
spinge a voler esplorare ciò che un tempo era vitale e attivo, e la
fascinazione che subiamo di fronte a questo passato pieno di interrogativi,
pronto a raccontarci storie incredibili e che in fondo è un po’ in nostro
terriccio, da dove le nostre radici traggono nutrimento (e si spera anche
qualche insegnamento).

Ripercorrendo i corridoi del vecchio manicomio,
contemplando la violenza che il passare del tempo può esercitare anche sulle
cose inanimate, e respirando quell’odore di muffa e di marciume, in questa
cornice dove il passato è sospeso, e dove le pareti sembrano voler soffocare il
grido degli orrori vissuti, è difficile non fantasticare su come vivessero la
quotidianità tra quelle mura medici e infermieri, ma soprattutto i pazienti. Quale
fosse l’ingrediente in eccesso nella ricetta, che li facesse passare agli occhi
delle persone comuni come “pazzi”?! E se fossero stati solo dei sognatori
cronici? Vittime inghiottite dal mondo Onirico? Uomini e donne riluttanti ad
una realtà troppo complicata? O semplicemente persone in qualche modo scomode,
da dover privare della propria libertà… E mi domando se anche la nostra psiche
non sia un po’ come uno di questi luoghi abbandonati. Un universo infinito, da
esplorare con cautela, ma dal quale non farsi inghiottire completamente,
mantenendo il ponte con la realtà, un luogo in cui avventurarsi in punta di
piedi , con la giusta attrezzatura e poi uscirne, possibilmente integri.

Secondo Jung, fondatore di uno dei due
approcci principali della psicoanalisi, il centro della nostra psiche è
l’inconoscibile sé, che se esplorato e indagato può diventare una straordinaria
forma di libertà e autodeterminazione. Come si può farlo vi chiederete voi? In
un modo bellissimo: attraverso i sogni. Quelle immagini folli e apparentemente
senza senso che si sviluppano quando dormiamo e lasciamo andare le redini. Il linguaggio
dell’inconscio, e quindi dei sogni, non è facilmente fruibile al conscio perché
non è razionale, si esprime attraverso immagini, metafore e simboli,
esattamente come fa il linguaggio artistico.

E cosa succede quando questo luogo non lo
esploriamo e lo consegniamo all’incuria? Quando diventa il luogo dei potenziali
irrealizzati? Quando non siamo armonizzati con il sé? Ebbene c’è il rischio di
sviluppare sintomi, inquietudine o addirittura nevrosi. Ma analizzando questo luogo,
spesso dimenticato, abbiamo una guida per realizzare il nostro destino.

Penso all’inconscio come ad un luogo
abbandonato perché i sogni mirano ai nostri lati oscuri, non a ciò che già conosciamo,
non sono l’espressione dei nostri desideri e delle nostre paure. Associare o
proiettare eventi accaduti nei sogni a cose che conosciamo nella realtà può
rivelarsi incorretto o impreciso. I sogni hanno una struttura ed un linguaggio
a sé e ciò può rende complicato fare un’autoanalisi.

Abbiamo detto che è importante comunicare con
il proprio inconscio attraverso i sogni, ma sappiamo bene che non è così facile
registrarli prima ancora di analizzarli e tradurli. Molte persone fanno fatica
a ricordare i propri sogni. Ci vuole un po’ di allenamento, in effetti, ma
anche l’impegno di scriverli non appena svegli. Perché questi, al mattino, con
il primo raggio di luce che contempliamo, 
svaniscono come una folata di vento.

Una buona tecnica sarebbe quella di prendere
un foglio e dividerlo in due, come si faceva con i temi alle superiori. Nella
parte sinistra registriamo il sogno e nella parte destra annotiamo le nostre
associazioni, quello che il sogno ci ha evocato. E bisogna farlo nel modo meno
razionale possibile. Lasciare la mente libera di vagare e lasciar parlare le
immagini, come se fossimo di fronte al Trittico del Giardino delle Delizie di
Hieronymus Bosch. Opera complessa, sublime ed assolutamente folle agli occhi
severi della razionalità.

I sogni sono spontanei e imprevedibili eppure
tutti presentano una struttura identificabile nella quale si organizzano.

La psicologia junghiana ci permette di
esaminare il sogno dividendolo nelle sue tre componenti strutturali: introduzione
o ambientazione, azione e conclusione (obiettivo del sogno, la
fase che fornisce la soluzione inconscia). Ma alle volte semplicemente non
esiste una libera associazione. E qui è il caso di alzare l’asticella e passare
al livello superiore, prendendo in considerazione i sogni archetipici. Gli
archetipi sono dei modelli di comportamento primitivi, che l’umanità ha
sviluppato nel tempo attraverso l’adattamento all’ambiente. Dei veri e propri
centri di gravità dell’inconscio collettivo. Hanno quindi un significato
mitologico, che prescinde dall’individuo stesso.

Spesso quando sogniamo qualcuno, magari qualcuno
che non c’è più, ci abbandoniamo a un senso di nostalgia e/o pensiamo che lo
spirito di quella persona voglia comunicare con noi.  Qui bisogna stabilire su quale piano ci
troviamo: oggettivo o soggettivo. Mi spiego meglio, se nel sogno compare il nonno,
interpretarlo sul piano oggettivo vuol dire che le azioni di questo personaggio
appartengono davvero a lui, mentre su un piano soggettivo le attribuisco ad una
parte di me, che può avere delle affinità con la figura rappresentata (il nonno
può essere il lato maschile della mia personalità, per esempio). Nella
stragrande maggioranza dei casi, la giusta interpretazione ha carattere
soggettivo!

Solitamente nella prima metà della vita i
sogni riguardano maggiormente l’andamento della vita esteriore terreno e
materiale Nella seconda metà invece il modello onirico induce l’individuo a
occuparsi del suo mondo interiore, a sviluppare una certa saggezza, a prendere
coscienza dell’aspetto profondo dell’esistenza. A rendere il sé un luogo non
completamente abbandonato.

Città fondate e cresciute, raffazzonatamente, durante la “febbre dell’oro” in Klondike o in California, le cui case ora sono riempite dalla sabbia del deserto e contengono un’aria polverosa che vortica, riempendo solo di rumori quello spazio altrimenti silenzioso e vuoto.
Antiche costruzioni erette dalla sapiente opera dei Popoli Antichi. Mura, a frammenti, che hanno respinto barbari per secoli e ora nulla possono contro l’edera e la natura che le vince con nuove foglie e nuovi fiori.
Questo, forse, abbiamo in mente quando pensiamo ai “luoghi abbandonati”.
Forse.

(Immagine dal Web)

Pensando ai Luoghi Abbandonati, mi vengono anche in mente diversi luoghi che ho attraversato – rigorosamente a piedi – avendo dentro quella strana sensazione di vivere in un mondo post-olocausto atomico, con tutta la popolazione svanita nel nulla, cose se fossi un sopravvissuto. Attorno a me un silenzio assordante.
Non c’è bisogno di arrivare in Klondike o di visitare Pompei. E’ stato così entrare in un ospedale durante il periodo di “Lockdown stretto”, a Marzo 2020, ed è stato così tornare all’Università nel periodo estivo di quell’anno terribile, è stato così prendere il treno al mattino presto, in una Stazione Termini popolata solo di qualche “invisibile” e di qualche “vigilantes” schivo.
Una sensazione stranissima.
Del resto – pensai proprio su quel treno preso prestissimo – quei luoghi sono stati proprio creati per ospitare persone, e tante, hanno significato intrinsecamente “Antropico” e senza di loro, senza gli essere umani, ne sono snaturati. Sono luoghi che mantengono “tracce di vita” anche se lì di vita non ce n’è più. Se ne può sentire l’impronta, il segno del passaggio dell’essere umano, degli esseri umani. Forse è questo che mi colpisce molto: vedere il segno di quello che l’uomo riesce a fare per adattare lo spazio a sè stesso, a proprio uso e consumo. Mentre lo viviamo ci sembra “naturale”, funzionale per noi, e quindi non ne percepiamo gli effetti, così come quando camminiamo sulla spiaggia pensiamo a mettere un passo avanti all’altro e non pensiamo alle orme che lasciamo dietro di noi. Ma questi luoghi abbandonati sono delle enormi impronte che pian piano la natura ricopre, così come il mare fa sparire le orme sulla sabbia.

Confesso che ho sempre provato un grande fascino per questi luoghi abbandonati.

(Immagine dal Web)

Quando ci penso mi vengono in mente gli attraversamenti dei loro “confini”. Penso alle Reti o ai Muri da superare, passandoci sotto – sfruttando qualche buco nella recinzione – oppure sopra – stando attenti a non graffiarsi con il filo spinato o con i luccicanti cocci di bottiglia rotti impastati nel cemento – oppure attraverso. Sento ancora la sensazione dei mattoni, spaccati e sbrecciati, o di un pezzo di rete ricurvo, che mi graffiano il petto, la schiena, i fianchi, che lacerano la maglietta o i pantaloni. “Se ci passa la testa, poi ci passa tutto il corpo” mi dicevano i miei cugini che mandavano avanti me, il più piccolo, per incitarmi. Sento ancora la fatica e l’impegno di voler raggiungere quei luoghi, per poterli visitare, per poterci passeggiare dentro, per guardare attraverso i vetri delle finestre ormai opacizzati dal tempo. Per cercare di capire a cosa servissero i macchinari ormai decisamente obsoleti.

Oltre a questi luoghi fisici, a pensarci, ci sono poi anche luoghi dell’anima, luoghi che sono dentro la nostra anima e che – per qualche motivo – non frequentiamo più, non visitiamo più, eppure hanno lasciato una impronta dentro di noi.
Forse non li frequentiamo più per paura, forse perché presi dal tran-tran quotidiano, forse perché non più coerenti con quello che siamo diventati nel frattemppo. Anche questi luoghi – penso – a visitarli, daranno la stessa strana sensazione: costruiti nell’arco degli anni per ospitare persone, per ospitare voci, luci, per ospitare risate fragorose o lacrime silenziose. Luoghi con la propria “impronta antropica” dentro.

Così come per i luoghi fisici – con le loro stanze polverose, i loro saloni dai vetri rotti, le fessure delle mura dalle quali sparare con gli archibugi, i loro macchinari bloccati, le bobine antiche, i ganci sul soffitto – cerchiamo di capirne il significato, la funzionalità, cerchiamo di capire come camminassero gli uomini, come corressero i legionari sui camminamenti, come vivessero quegli spazi.

Ecco, dopo tanti anni ho capito che quella esortazione forse fisicamente non era proprio vera ma, “Se ci passa la testa, poi ci passa tutto il corpo” è proprio vero.

@Lavizzari Donatella

Mi piace immaginare un mondo senza guerre, violenze ed ingiustizie.
Utopia? Il mio è un sentimento istintivo, un sentimento che mi abita.

Penso che l’ARTE, in tutte le sue forme, sia ancora in grado, anche in modo indiretto, di cambiare il mondo.
La CULTURA unisce il mondo.
Smettiamola di essere indignati e cominciamo a “disturbare”.
Come ha scritto Gian Paolo Serino, le bombe di carta e le molotov d’inchiostro sono le armi migliori per tentare di sconfiggere non solo dittature ma anche regimi democratici dove informazione e comunicazione sono ridotte a favole.
Il vero senso di una favola non é quello di creare dei lettori volta pagina ma dei lettori consapevoli.
Perché il vero senso di una favola non é farci vedere che esistono i draghi ma farci comprendere che i draghi si possono combattere.

E a quelli che mi chiedono come, rispondo con le parole pronunciate nel 1975 da Giorgio Strehler, durante la manifestazione celebrativa del trentennale della Resistenza, al Piccolo di Milano: “Come si può sconvolgere un costume, un modo di essere, mutare il grande gioco della politica, diciamolo pure, la grande miserabilità umana […]?
Ebbene, poco si può fare da soli ma molto insieme alle altre forze che esistono, che ci sono e che sono accanto a noi.
Le forze di quelli che lavorano e lottano per un mondo migliore.
E noi accanto a loro. Non siamo pochi né soli.
Soltanto restando legati come tentiamo, come tenacemente vogliamo agli altri uomini che non vogliono continuare a esistere in questa “pregevole” marea, in questa nebbia di memoria turpe che troppo ci circonda, in questo costume antico di compromesso, viltà, egoismo e tanto altro, anche noi piccola comunità teatrante possiamo aiutare il movimento della storia.

INSIEME RESISTIAMO AL ‘BUIO’, ALLA NON DIALETTICA VISIONE DEL MONDO.

@Lavizzari Donatella

Voglio ringraziare tutti gli ARTISTI e gli AMICI che hanno aderito con le loro meravigliose opere a IMAGINE PEACE e a MASTERS OF WAR.

In primis, grazie a Fulco Pratesi e a Bruno Bozzetto, Ambasciatori del Pianeta Terra, che dimostrano sempre una grande disponibilità e generosità nei miei confronti.

Un grazie speciale

a Marco De Angelis, attento scrutatore del mondo, per il suo sguardo ironico, schietto, a volte poetico, a volte tagliente;

a Alberto Fortis, Poeta visionario e Ambasciatore Unicef, per il suo costante impegno a livello sociale e umanitario;

A Riccardo Azzurri, Poeta e Spirito libero, per la sua grande sensibilità e l’intensa attività nel sociale, a tutela delle fasce più fragili;

a Gianfranco D’Amato, per la preziosa testimonianza resa con la partecipazione all’Odissea della Pace, una carovana guidata dal Vescovo ortodosso Avondios Bica, per portare aiuti in Ucraina e per il recente viaggio intrapreso, insieme ad altri volontari, per portare in Italia alcuni profughi.

Dedico a tutti quanti voi la Poesia “Il Silenzio“, che ritengo sia una delle più belle scritte da Pablo Neruda.

https://youtu.be/B62MqNGIaiU

ELENCO INTERVENTI E CONTRIBUTI

Fulco Pratesi Homo Sapiens

Bruno Bozzetto Il seme della guerra

Marco De Angelis Wartime

Alberto Fortis Siamo tutti piccoli istanti di UN enorme Firmamento

Riccardo Azzurri Ferma la guerra!

Giuseppe Afeltra alias Peppafè Stop War!

Candido Baldacchino Guerra e Pace

Monica Bic Cara amica

Maurizio Biosa L’assedio

Maurizio Boscarol Il benpensante

Franco Buffarello Homo Sapiens? Homo Sapiens con Capinera

Francesco Cabras United Photographers for Ukraine

Virginia Cabras alias Alagon@alagooon Mettete dei fiori nei vostri cannoni

Marina Caccia In apnea. Manca il respiro

Virginio Carrobbio Dedicato a tutti i bambini

Carlo Casaburi alias Charlie Comics Pace – Black List – Anatomia

Piero Corva Stop the War

Gianfranco D’Amato L’Odissea della Pace
Il ponte di aiuti tra Italia e Ucraina
 
Alessandro Da Soller People Have the Power

Sergio De Agostini Vite rubate – S.O.S. al mondo

Alex Di Viesti e Marco Marsano Music for Peace

Cinzia Epis Anime in fuga

Cesare Gallarini 256 secondi, piovono bombe!

Carmine Cassese alias Gattonero Intelligenti

Nini Maria Giacomelli Homo Homini Lupus

Angelo Jelmini Forza Europa – Le bandiere di questa guerra

Kutoshi Kimimo L’atomica – Sangue freddo -L’aviazione russa

Francois Lapierre The Flag

Fabio Magnasciutti Evocando la pace

Pier Giuseppe Moroni War & Peace

Renato Orsingher Il fiore del silenzio

Giorgio Palombino & Barbara Cossu Society

Paolo Patruno Da qualche parte c’é luce

Pierpaolo Perazzolli Stop the War – No bombs on civilians – Save the Children

Ester Perin Sognavo per te una vita diversa

Ilaria Pregnolato e Igor Mazzone Imagine

Luca Ricciarelli Sanzioni – Neanderthal

Andrea Santanastaso Prime Pagine

Davide Scagno Accordi di Pace

Corrado Dado Tedeschi Dado e la Guerra

https://youtu.be/rUeH4ak1xgc

“Mai come in questi giorni questa canzone mi sembra avere un senso. Che delusione questo Futuro che si sta infeltrendo come un vecchio calzino di lana. Parafrasando il grandissimo Giorgio Gaber, ‘La Mia Generazione Ha Perso’, la testa e la memoria!
Scusate ragazzi… “

Eugenio Finardi

Il mondo osserva le scene più tragiche appiattite dalle immagini di monitor e tv. E’ l’immagine di un mondo fuori posto, dove ogni logica è saltata e dove la normalità è sospesa.
Non è una storia nuova lo svolgimento drammatico di questa guerra che ha frantumato in mille pezzi le molte illusioni sorte all’inizio degli anni Novanta con la figura di Mikhail Gorbaciov, allora segretario del Partito Comunista dell’Unione sovietica e presidente dell’Urss, a cui venne conferito il Nobel per la Pace, il 15 ottobre del 1990.
Grazie alla “Perestrojka”, ci fu un radicale cambiamento nella società del suo Paese. Le riforme politiche e la scelta di interrompere alla corsa agli armamenti giocarono un ruolo determinante per porre fine alla Guerra Fredda.
Ma questa parentesi illusoria, influenzata da un’eccessiva fiducia nel progresso, ha avuto vita breve. Perché la storia non ha un divenire lineare, ma è un’alternanza di periodi di pace ed espansione e di periodi di crisi e conflitti.

Lo sa bene Fulco Pratesi, Fondatore e Presidente Onorario WWF, a cui ho chiesto di darmi un suo pensiero su questo ennesimo disastro in atto. Con la grande disponibilità e cortesia di sempre, Pratesi mi ha risposto con queste parole:

“Cara Donatella, purtroppo quella a cui stiamo assistendo non è che una delle infinite scene del repertorio creato su un innocente Pianeta e sulla altrettanto innocente sua biodiversità, condannati a convivere con la più aggressiva, invadente e inarrestabile specie, assurdamente autodefinitasi Homo sapiens.

Da millenni la Scimmia Nuda  si accanisce sui propri simili e sulle incolpevoli creature vittime della sua avidità, intolleranza e violenza suicida, favorite da una crescita inarrestabile delle proprie moltitudini ai danni del Creato.


Queste infinite guerre ingaggiate dall’uomo, magari rispondendo a orrendi stimoli  di potere e sopraffazione ai quali stiamo assistendo terrorizzati e indignati, non finiranno mai finché non sarà tornata una nuova era in cui gli esseri umani non comprenderanno la necessità di amare tutte le creature e l’ambiente che le ospita, compresi i propri simili, anche i più indifesi.


Come dice il Signore, attraverso le parole del Profeta Geremia ,”Vi ho condotti in un giardino, per saziarvi dei suoi frutti e dei suoi beni. Ma voi, appena stanziati, avete profanato la mia terra, avete reso la mia eredità un’ abominazione”.

E quale abominazione dobbiamo soffrire, più delle infinite guerre del Pianeta, in una delle quali  oggi dobbiamo assistere a violente uccisioni, devastazioni di città e villaggi, prodromi di un futuro spaventoso che ci sta incombendo?”.

https://youtu.be/XSZDPlZLuNc
courtesy by Giorgio Palombino e Barbara Cossu

Già qualche mese fa, sul web giravano foto di bambini e giovani ucraini a cui veniva insegnato l’uso delle armi per prepararsi a difendere il loro paese dai soldati russi.
Ad altri erano state date delle copie in legno di fucili Kalashnikov per allenarsi a mirare e a sparare ai loro nemici.
Da tempo, a Kiev i cittadini erano stati messi alla prova su un percorso a ostacoli nel terreno di una fabbrica abbandonata, ricevendo lezioni di tattica militare e primo soccorso.

Foto: EPA

Le immagini rilasciate da Planet Labs PBC confermano le voci di azioni intraprese in tutta l’Ucraina prima dell’inizio dell’invasione russa. All’aeroporto, le piste e le vie di rullaggio erano state bloccate, presumibilmente nel tentativo di impedire agli aerei russi di atterrare e utilizzare l’aeroporto.
L’ampia offensiva della Russia, iniziata giovedì 24 Febbraio, si è rapidamente diffusa in tutto il paese con un attacco su tre fronti, via terra, mare e aria e ha preso di mira le infrastrutture militari in tutta l’Ucraina, nonché diversi aeroporti e altri luoghi chiave, utilizzando attacchi missilistici e artiglieria a largo raggio. L’aeroporto internazionale di Kiev era uno degli obiettivi principali.

Immagine satellitare che mostra le piste bloccate all’aeroporto Boryspil di Kiev il 25 febbraio.
Foto: Planet Labs PBC

Nelle scorse settimane le immagini satellitari hanno mostrato soldati russi e artiglieria nella città bielorussa di Brest, a soli 10 miglia a est del confine polacco. Jack Detsch, giornalista che lavora alla Sicurezza Nazionale del Pentagono, afferma che si contavano più di 50 unità che trasportavano attrezzature pesanti in un’area di addestramento vicino alla città e in uno scalo ferroviario limitrofo.
Le forze russe hanno preso progressivamente il controllo di porzioni dell’Ucraina settentrionale al di fuori della capitale Kiev, compresa la zona di Chernobyl, raggiungendo la città di Kherson, a nord della penisola di Crimea.
Mariupol, Kharkiv, Irpin, sono state bombardate pesantemente.
Irpin e Bucha, le due cittadelle alla periferia di Kiev sono il cuore del conflitto tra Ucraina e Russia alle porte della capitale.
E’ finita sotto i bombardamenti anche la città di Leopoli, al confine con la Polonia, crocevia di profughi in fuga e di ucraini che rientrano per combattere.
Secondo l’opinione del segretario di Stato americano Anthony Blinken, Vladimir Putin potrebbe spingersi ulteriormente nell’Europa orientale dopo aver preso il controllo totale dell’Ucraina.

Il negoziato di Instanbul

Da un video su Telegram, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha affermato che l’Ucraina continuerà il processo di negoziazione nella misura in cui dipende davvero da loro: “Contiamo sui risultati. Ci deve essere una vera sicurezza per noi, per il nostro Stato, per la sovranità, per il nostro popolo. Le truppe russe devono lasciare i territori occupati. La sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina devono essere garantite. Non ci possono essere compromessi sulla sovranità e sulla nostra integrità territoriale. Questi sono principi chiari“.

L’allontanamento da Kiev e dalle posizioni nel Nord dell’Ucraina, è stato definito da Vladimir Medinsky, capo della delegazione russa al negoziato, l’inizio dell’escalation militare. L’esperto politico Evgeny Minchenko ha rilasciato a Bloomberg la dichiarazione che c’é stata molta incomprensione su quel che le parti hanno detto ad Istanbul e ha sottolineato che, per ora, hanno avuto la comunicazione che ci sarà meno azione militare vicino a Kiev ed a Chernihiv, perché l’esercito russo sta concentrando le sue risorse contro l’esercito ucraino nel Donbass.

Da LaPresse
Washington, 29 marzo.
Nel loro colloquio telefonico il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, il premier italiano Mario Draghi, il presidente francese Emmanuel Macron, il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il primo ministro britannico Boris Johnson hanno esaminato i loro sforzi per fornire assistenza umanitaria ai milioni di persone colpite dalla violenza, sia all’interno dell’Ucraina che in cerca di rifugio in altri paesi, e hanno sottolineato la necessità di un accesso umanitario ai civili a Mariupol.

Courtesy by Marco De Angelis

La decisione di Putin di invadere l’Ucraina, con la visione di un imperialismo tout court, ha generato reazioni in tutto il mondo (reazioni di cui Le Grand Continent sta tenendo una mappa aggiornata).

Dalla Porta di Brandeburgo a Berlino, alla Tour Eiffel a Parigi, al Colosseo di Roma, sono state organizzate manifestazioni per dire un NO ALLA GUERRA, UNO STOP ALL’INVASIONE MILITARE voluta da Vladimir Putin.
Il 6 marzo a Firenze è stato posto un drappo nero sulla statua del David in Piazza della Signoria come simbolo di lutto e di dolore per la guerra in Ucraina.
Il sindaco Dario Nardella ha dichiarato: “Il David, emblema della libertà contro la tirannia, oggi si copre di nero. Nel giorno della nascita di Michelangelo, un gesto simbolico di lutto per ricordare le vittime di questa guerra e esprimere tutto il dolore di Firenze.

Un segnale molto forte è stato dato dagli artisti russi Alexandra Sukhareva e Kirill Savchenkov, che, assecondati dal curatore Raimundas Malaauskas, non parteciperanno alla 59a Biennale dell’Arte di Venezia.
Su Instagram, la Sukhareva ha scritto che “Non c’è posto per l’arte quando i civili muoiono sotto il fuoco dei missili, quando i cittadini dell’Ucraina si nascondono nei rifugi e quando chi protesta in Russia viene ridotto al silenzio. Poiché sono nata in Russia non presenterò il mio lavoro al Padiglione della Russia alla Biennale di Venezia“.

La rivista TIME ha pubblicato un’immagine di copertina, illustrata da Neil Jamieson, che presenta le parole pronunciate dal presidente ucraino in un discorso al Parlamento europeo il 1° marzo: “La vita vincerà sulla morte e la luce vincerà sulle tenebre“.
Su Twitter, colpisce la copertina insanguinata di The Economist.
Una narrazione visiva della violenza di una guerra che va fermata!

courtesy by Andrea Santanastaso

@alliance_francaise_paris

Ph. Marcus Schreiber

‘La bellezza apre l’anima e ci fa vedere il paradiso. Solo lì troveremo tutte le risposte.’
Renato Scarpa


‘Laughter is the sound of angels’
di Donatella Lavizzari
Opera dedicata a Renato Scarpa e Massimo Troisi

Questa bellissima versione di “En la orilla del mundo” di Pablo Milanes e di Martin Rojas, é stata realizzata e interpretata magistralmente dal Maestro Matteo Nahum (Film Composer – Arranger – Guitarist) per rendere omaggio a Renato Scarpa. https://www.matteonahum.com

Ci sono cose nella vita che hanno un valore inestimabile e che non si misurano con la durata nel tempo, ma, come scrive Fernando Pessoa, nell’intensità con cui avvengono.
Per questo motivo ci sono dei momenti indimenticabili, delle cose inspiegabili e delle persone Incomparabili.
Renato Scarpa era una di queste.
Penso che lui abbia lasciato un segno. Un profondo e indelebile segno proprio lì, in quel piccolo posto chiamato cuore.
Renato resterà per sempre nella vita di chi lo ha amato e di chi gli ha voluto bene, di chi lo ha conosciuto e di chi lo ha apprezzato, sia come Uomo sia come Artista.

Classe 1939, milanese di nascita ma romano d’adozione, dopo il Teatro tascabile (un collettivo teatrale maturato in ambito universitario) Scarpa approfondì i suoi studi frequentando l’Accademia d’Arte drammatica, dove ebbe tra gli insegnanti Nanni Loy.
Si dedicò con grande impegno anche al teatro, frequentando il Piccolo di Strehler e il Grassi.
Sul grande schermo, il suo esordio avvenne alla fine degli anni Sessanta, con il film ‘Sotto il segno dello scorpione’ dei fratelli Taviani.

Attore versatile, dalle mille sfaccettature, in grado di interpretare ruoli sia comici che drammatici, con una carriera lunga oltre cinquant’anni, Scarpa è stato protagonista di moltissimi capolavori diretti da registi del calibro di Mario Monicelli, Steno, Dario Argento, Dino Risi, Marco Bellocchio, Liliana Cavani, Luigi Comencini, Roberto Rossellini, Nanni Moretti, Luciano De Crescenzo, Peter Del Monte, Giuliano Montaldo, Nicolas Roeg e tanti altri.
Voglio ricordare ‘Suspiria’, ‘A Venezia un dicembre rosso shocking’, ‘Ricomincio da tre, ‘Un sacco bello’, ‘San Michele aveva un gallo’, ‘Così parlò Bellavista, ‘Un borghese piccolo piccolo’, ‘Piedone a Hong Kong, ‘La stanza del figlio, ‘Habemus Papam, ‘Il Postino’, ‘Mia madre’, ‘Giulia e Giulia’, …
Scarpa ha lavorato anche in produzioni estere come ‘Il talento di Mr. Ripley e ‘The Tourist, e negli ultimi anni lo avevamo visto recitare in ‘Diaz’ di Daniele Vicari, ‘Il racconto dei racconti di Matteo Garrone e ‘I due papi’ di Fernando Meirelles..

Bravo, lei è un vero imbecille“. Spesso raccontava, ridendo, che questo era il più bel complimento che gli era stato fatto nella sua lunga carriera, riferendosi, ovviamente, alla sua straordinaria interpretazione di Robertino, in ‘Ricomincio da tre’, (interpretazione che, come tante altre sue, ha per me il tocco di genialità surreale).
E mentre ricordava quel film e i giorni trascorsi insieme all’amico Massimo Troisi, dal suo sguardo traspariva un miscuglio di gioia, amore e commozione. Ogni volta che parlava di lui, diceva sempre che aveva un animo puro e che era una di quelle persone che si incontrano quando la vita ha deciso di farti un regalo.

Talento, semplicità, profondità, gentilezza e discrezione, queste sono le cifre che hanno contraddistinto il percorso umano ed artistico di Renato Scarpa, un uomo nobile che, con la sua ricca umanità, la sua sensibilità rara, il suo immancabile sorriso e il suo garbo, ha regalato gioia, accarezzando il cuore di molte persone.

Tra i tantissimi pensieri pubblicati in suo ricordo, mi ha molto colpito quello che Rosaria Troisi ha condiviso sulla pagina ufficiale del fratello Massimo:
Grande, caro Renato, amico mio! Non ti lascerò andare, metterò il lucchetto al cuore e sarai per sempre in dolce compagnia, con le persone che ho amato di più in questo mondo. Il Signore ti abbia in gloria, amico mio, grazie per avermi onorato della tua amicizia.’

Qui di seguito ho raccolto le testimonianze di alcuni amici e le opere di Artisti che hanno voluto onorare Renato Scarpa.

Un uomo delicato, puro. Un’anima semplice e meravigliosa.
Un amico speciale.
Mi mancherà tutto di lui.
La sua bontà, innanzitutto.
E i suoi complimenti per i miei piatti.

La “scarpetta” che non mancava mai.
‘Ho visto la guerra, la fame. E’ un crimine lasciare qualcosa nel piatto.’


Ti voglio bene
Renato.

Nancy Cuomo – Cantante e produttrice discografica

Renato Scarpa
omaggio di Alex Di Viesti

Qualche anno fa, incontrai Renato Scarpa per caso a Roma, al Teatro Olimpico, durante una serata dedicata al Maestro Franco Califano.
Ho sempre avuto rispetto e una grandissima ammirazione per il modo in cui
Scarpa interpretava i suoi personaggi, così straordinariamente veri.
Abbiamo parlato del periodo che stavamo vivendo e di quanto fosse diventato difficile fare l’attore. Abbiamo poi ricordato i film di cui eravamo stati insieme protagonisti e ci siamo commossi ripensando all’amicizia che legava entrambi al regista
Gianfranco Mingozzi.
Renato aveva un aspetto mite. Mi ha sempre colpito la sua grande umanità.
Era un piacere ascoltarlo parlare di Sergio, il personaggio ipocondriaco interpretato in ‘Un sacco bello‘ di Carlo Verdone.
Grazie Renato per averci regalato tutti quei personaggi così strabilianti!
Il Cinema italiano dovrebbe essere più riconoscente con Attori di questo spessore.

Carlo Mucari – Attore e cantante

Renato Scarpa
omaggio di Antonia Carnasale

Una umanità e una sensibilità che mi avvolgevano ogni volta che ero vicino a lui, anche senza parlare.

Loretta Rossi Stuart – Attrice, autrice, coreografa

La sua umanità oltrepassava i confini umani, la sua amicizia e il suo affetto erano per le persone a cui voleva bene un dono prezioso.
Un’anima gentile, un uomo meraviglioso.
Ciao Renato, ciao amico mio.

Davide Mottola – cantautore, compositore, musicista e produttore artistico.

Davide e Gerry Mottola con Renato Scarpa

Facendo il mestiere dell’attore, ritengo che Renato Scarpa sia stato un gigante. Un riferimento come artista e come uomo.
Ho avuto il privilegio di conoscerlo e ho respirato la sua umanità e simpatia.
Grazie Renato per tutti i ruoli che ci hai regalato, ma soprattutto per la tua grande umiltà e semplicità.
I tuoi consigli li porterò sempre con me.

Pierluigi Cicchetti – Attore

foto @ https://thevision.com

Di Sandro Pertini restano alcune immagini indimenticabili, consegnate alla memoria da spezzoni televisivi.
Sono immagini che hanno scandito alcuni degli avvenimenti della storia italiana, come, per esempio, la strage alla stazione di Bologna o la vittoria dei Mondiali di calcio nel 1982.
In tutti quegli avvenimenti Pertini era presente sia nel suo ruolo istituzionale sia con la sua carica di grande umanità, con la sua storia che veniva da lontano, dalla guerra partigiana e dalla prigionia sotto il fascismo.
Era una figura che gli italiani sentivano vicina.
Divenne una sorta di nonno per i bambini e una vera e propria icona Pop.

PAZ, il geniale e visionario artista Andrea Pazienza vedeva in Pertini l’ultimo esemplare di una razza di uomini duri ma puri come bambini“, una luce nella notte di una prima Repubblica compromessa dalla corruzione e dal malaffare.
Con profonda ammirazione e complicità affettuosa lo trasformò in fumetto, dedicandogli storie, sketch umoristici, tavole e tantissimi disegni.
Un campionario vastissimo e prezioso, che si estende dal 1978 al 1987, e che vede persino il luogosergente Paz fare da spalla al temibilissimo Pert in imprese in nome della libertà e della giustizia.
Testimonianza di come Pertini fosse uno dei personaggi principali nell’immaginario dell’artista.
Pertini ebbe sempre un rapporto divertito con la satira che lo prendeva di mira, tanto da avere una collezione di tutte le sue caricature e invitare al Quirinale i vari autori, da Tullio Pericoli alla redazione del “Canard enchainé”.

Dalla mostra «Paz e Pert» a Roma al Palazzo Incontro
(2010 Fandango Libri S.r.l. Copyright Mariella e Michele Pazienza)

Nella sua figura, come mai prima di allora e come mai sarebbe accaduto dopo, un’intera nazione si riconosceva e riconosceva i valori ‘puliti’ della politica e ciò che la politica dovrebbe rappresentare nella sua accezione più alta: solidarietà, vicinanza e attenzione alle persone.

Ricordare Pertini, raccontarne la storia, ha senso non solo perchè ci consente di ripercorrere la storia di un italiano che attraversa il Novecento con piglio energico e picaresco, ma perchè ci permette anche di fare un punto su noi stessi, su come eravamo e su ciò che siamo diventati.
Ci restituisce l’idea che possa esistere una politica in grado di tracciare la linea di un’etica civile e solidale, capace di guidare una società dialogante, aperta e più conciliante.

Ph. Donatella Lavizzari

Andrea Santonastaso
foto @ https://teatrodellargine.org

Realizzare uno spettacolo biografico non è mai facile perchè si rischia di cadere nel didascalismo o, ancor peggio, nell’agiografia. Soprattutto quando si vuole affrontare una figura come quella di Sandro Pertini, che si staglia come un gigante nella memoria e nell’immaginario collettivo, capace di rassicurare un’intera nazione durante gli anni difficili, a cavallo tra i Settanta e gli Ottanta.

Andrea Santonastaso
foto @ https://teatrodellargine.org

Nicola Bonazzi, Andrea Santonastaso e Christian Poli hanno accolto questa grande sfida.
SANDRO è senza dubbio alcuno, un’opera teatrale che dipinge al meglio la figura del ‘primo impiegato italiano’, ‘del politico mai Ministro‘, come lui stesso amava definirsi.
Nelle parole di Poli e Bonazzi (SANDRO è scritto da Christian Poli, con inserti drammaturgici e regia di Nicola Bonazzi) e attraverso la voce e la forte presenza scenica di Andrea Santonastaso, prende vita quel piccolo grande uomo che mai si è piegato.

Andrea Santonastaso
foto @ https://teatrodellargine.org

Andrea Santonastaso
foto @ https://teatrodellargine.org

Con un monologo, viene raccontato il carismatico Presidente e, al tempo stesso, l’uomo perseguitato, il partigiano, il combattente per la libertà e l’uguaglianza.
Una voce politica in grado di dire cose spesso scomode (come per es. i rischi di un fascismo sempre incombente), dette in virtù di una vita passata per 13 anni in reclusione e in confino, a causa della lotta serrata contro la dittatura.
SANDRO è uno spettacolo a ‘tesi’ perchè prova a ricordarci che sono esistite persone che hanno combattuto per i propri ideali, fino a pagarne conseguenze molto gravi.

Ph. Donatella Lavizzari

Pertini Alessandro, del fu Alberto e di Muzio Maria, avvocato, socialista, fu confinato politico nell’isola di Ventotene.
Qui di seguito, voglio riportare uno stralcio di un suo racconto, pubblicato in Italia, il terzo volume della Geografia di Enzo Biagi.

Domenica 25 luglio: una serata come tutte le altre. Quando la radio diede il comunicato ci avevano già rinchiusi nel camerone.
Eravamo più di settecento, nella stragrande maggioranza comunisti: Longo, Terracini, Scoccimarro, Camilla Ravera, Secchia. Poi c’erano Ernesto Rossi e Riccardo Bauer, del partito d’azione, e anche degli anarchici, gente che veniva dalle prigioni, naturalmente, che aveva fatto la guerra in Spagna, che era stata nei campi di concentramento francesi.

…. Noi laggiù vivevamo secondo regole immutate, che dovevano essere rispettate con rigore: si poteva uscire dagli stanzoni, dove alloggiavano dalle tre alle cinquanta persone, verso le otto del mattino, bisognava rientrare per le otto di sera.
Non si doveva superre un certo limite, appunto, il confino.

Camilla Ravera racconta nelle sue memorie le strade sassose, le siepi gialle dei fichi d’India, il mare grande e azzurro che ci circondava: paesaggi che erano vietati.

….Un giorno il direttore mi mandò a chiamare: ‘Ho una bella notizia per voi. E’ arrivato un telegramma che dispone per la vostra liberazione’.
‘ Grazie’ dissi. ‘Però io non me ne vado finchè qui resta uno solo di noi
.’
Ma Camilla Ravera, che diede sempre prova di una straordinaria forza morale, Terracini e altri, mi convinsero che dovevo partire, per andare a perorare la causa dei detenuti, e così non diedi pace a Senise, Capo della Polizia, e a Ricci, che era agli Interni; li andavo a trovare ogni giorno con Bruno Buozzi. Erano restii, avevano nei confronti dei comunisti paura e odio. Minacciammo uno sciopero generale e l’argomento li convinse.
Quando arrivò l’ultimo di Ventotene, potei andare a trovare mia madre.
Era molto vecchia e mi attendeva. Stava sempre seduta su un muretto che circondava la nostra casa. ‘Che cosa fa signora?’ le domandavano. ‘Aspetto Sandro‘ rispondeva.”

Ph. Donatella Lavizzari

Pertini ha combattuto per i propri ideali, mai asseriti in maniera semplicistica o ingenua, ma sempre dentro l’agone delle idee, con la forza combattiva di chi si oppone ad una visione sopraffattoria della politica.
Per questo motivo, nello spettacolo, la vicenda biografica di Pertini viene contrappuntata da una voce ‘corale’, l’Odiatore, che prova a rappresentare grottescamente questi impulsi violenti, prevaricatori, di cui spesso siamo tutti preda: perchè SANDRO non vuole essere solo il racconto della vita di un uomo, ma prova a rappresentare la possibilità, l’utopia, il desiderio di un’umanità più cordiale e disponibile.
Come cornice, una scenografia essenziale, minimalista, ma caratterizzata da una forte potenza suggestiva e animata dall’alternarsi di buio e luce, e dai bellissimi disegni dello stesso Santonastaso, che vengono, di volta in volta, proiettati sulla quinta scenica.

SANDRO è uno spettacolo che ti entra dentro, ti avvolge in un abbraccio fatto di emozioni, pensieri, sentimenti, riflessioni, … e tu stai lì, immobile.
Ascolti, respiri, chiudi gli occhi… e ti lasci andare in quell’incanto chiamato Teatro.

GRAZIE ad Andrea Santonastaso, Artista Necessario.

https://youtu.be/6uqf8kqy5Mg

Tanto è passato dalle ultime elezioni politiche, 14 mesi nei quali è nato – e a quanto pare è anche “morto” – un governo e nei quali sono cambiati i rapporti di forza delle due forze che lo sostengono. Almeno per quanto riguarda i sondaggi perché in realtà – dirò una banalità – nel Parlamento le forze in gioco sono esattamente le stesse. Le elezioni si tengono in un tempo che non è quello dei sondaggi, non si rincorrono gli umori e le sensazioni a suon di Tweet o di post su Facebook o anche non si cambiano le composizioni perché in un altro luogo (Bruxelles) il numero dei parlamentari è diverso.

Il numero dei Senatori e dei Deputati è lo stesso di 14 mesi fa e ora Mattarella dovrà riprendere le consultazioni che aveva interrotto dopo la formazione del governo.

Il primo giro di consultazioni finì con un “Braccio di Ferro” della Lega e del M5S che avevano presentato una possibile formazione di Governo con Paolo Savona, noto “Euroscettico” come Ministro dell’Economia e il secco “No” da parte del Presidente della Repubblica che incaricò Cottarelli di fare una consultazione alternativa. A quel punto, mentre il M5S, chiedeva l’impeachment per il Presidente, la Lega lavorò (“ironicamente”) per spostare Savona al Ministero degli Affari Europei e far assumente a Giovanni Tria il Ministero delle Finanze. Così il Primo Giugno 2018, dopo quasi due mesi dalle elezioni, il Governo giallo-verde di Giuseppe Conte ha potuto giurare.

Tre mesi fa Savona è approdato come Presidente alla Consob e a quanto pare ora Mattarella dovrà fare altre settimane di consultazioni per ricompattare la maggioranza o per chiedere che se ne formi una alternativa. Ma sempre partendo dai numeri attualmente in Parlamento.

In una Repubblica Parlamentare, il ricorso alle urne -dirò un’altra banalità- è l’ultima spiaggia all’impossibilità di creare una maggioranza governativa.

La composizione della Camera dei Deputati

La composizione del Senato della Repubblica

Molti non sanno che il Ministero dello Sviluppo Economico  elabora e attua le politiche dei consumatori anche in ambito europeo.

La politica dell’UE per i consumatori agisce nel modo seguente:

  • protegge i diritti dei consumatori attraverso la legislazione, anche aiutando a risolvere le controversie con gli operatori commerciali in modo rapido ed efficiente (ad es. tramite la risoluzione alternativa delle controversie e i centri europei dei consumatori)
  • assicura che i diritti dei consumatori vengano adeguati all’evoluzione dei mercati, anche in riferimento a all’economia digitale, all’energia e ai servizi finanziari
  • garantisce la sicurezza dei prodotti acquistati all’interno del mercato unico (attraverso il Rapex, un sistema europeo di allerta rapido per i prodotti pericolosi)
  •  aiuta a effettuare scelte basate su informazioni chiare, accurate e coerenti, anche in riferimento agli acquisti online.

Quali sono le Reti Europee

L’ECC-Net (European Consumer Center Network) è una rete europea che fornisce gratuitamente assistenza e consulenza ai consumatori sui loro acquisti transfrontalieri, sia online sia attraverso uffici sul territorio.

È presente nei 28 Stati membri dell’UE, più Norvegia e Islanda ed è cofinanziato dalla Commissione europea e dai governi nazionali (per l’Italia il Ministero dello Sviluppo Economico) nell’ambito della politica europea per aiutare tutti i cittadini europei a trarre vantaggio dal mercato unico.

ECC fornisce assistenza su vari argomenti di consumo popolari (acquisti online, diritti aerei passeggeri, noleggio auto, frodi, multiproprietà, vacanze, ecc.) fornendo consulenza sui diritti dei consumatori, aiutando a risolvere una controversia con un commerciante con sede in un altro Paese dell’UE, Islanda o Norvegia o reindirizzando ad altro organismo competente.

Il Centro ECC-Net Italia, nella sua struttura attuale, è operativo in due sedi, una centrale a Roma (Adiconsum) ed una a Bolzano (CTCU).

Il CPC Network (Consumer Protection Cooperation Network) è una rete di cooperazione per la protezione dei consumatori composta dalle autorità responsabili dell’applicazione delle leggi UE sulla protezione dei consumatori nei paesi dell’UE , Norvegia e Islanda.
In Italia l’Ufficio di collegamento unico (Single Liaison Office), che garantisce il coordinamento delle autorità nazionali competenti per materia, è il Ministero dello Sviluppo Economico.
L’autorità di un paese in cui i diritti dei consumatori sono violati può chiedere al proprio omologo del paese in cui il commerciante ha la sede legale di intraprendere azioni per porre fine alla violazione del diritto. Ciascuna autorità dispone di poteri minimi per garantire una cooperazione regolare, che includono la facoltà di ottenere le informazioni e le prove necessarie per affrontare le infrazioni all’interno dell’UE, effettuare ispezioni in loco, richiedere la cessazione o vietare l’infrazione commessa fino ad imporre alle imprese sanzioni amministrative o pecuniarie.

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Chiunque vorrebbe avere ragione in una controversia. Ma quando si tratta dei tuoi diritti EU come consumatore, puoi agire in modo efficace solo se li conosci. Qui puoi scoprire altre informazioni su quali sono questi diritti, su come farli valere e quali azioni sono necessarie per dirimere una controversia. Se hai un problema con la tua banca, se sei vittima di una pubblicità ingannevole oppure se hai acquistato un prodotto difettoso o non sicuro, i tuoi diritti UE esistono proprio per renderti un consumatore felice, sicuro e soddisfatto.

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In Italia l’Ufficio competente è: Divisione IX – Politiche europee ed internazionali, cooperazione amministrativa europea e riconoscimento titoli professionali.

In questi giorni viviamo una recrudescenza delle tensioni internazionali e in molti parlano della Guerra come di una soluzione. Libia, Iran e Medio-oriente, come un grandissimo “Risiko” dove spostare pedine. Ma la guerra è altro, il significato della guerra è altro. Pubblichiamo un ricordo scritto da Giulio Moscardi.

La storia di Giulio, fratello di Luigi, mio nonno paterno, è una storia inaspettata, tragica, commovente, per certi tratti attuale.

E’ la storia di un ragazzo di Adria nella Grande Guerra,
falegname nella vita, mandato al fronte a 19 anni e morto a 25 per causa di
questa.

Mi è stato raccontato poco di
lui: che aveva fatto la guerra, che era un ardito e che era morto giovane. Come
se parlarne non fosse conveniente.

Immagine dall’Autore

La
Storia di Giulio: la medaglia di bronzo

Giulio, richiamato nel
settembre del 1916, viene trasferito in zona di guerra all’inizio del
1917, prima sulle prealpi Trevigiane e poi sull’altipiano di Asiago. Promosso caporale combatte, durante
l’11°Battaglia dell’Isonzo, sul monte Vodice a nord di Gorizia, dove la sua
brigata riporta perdite ingenti.

E qui viene decorato con la medaglia di bronzo perché, il 19 agosto 1917, come “portaordini del comandante di reggimento, e
più specificatamente in una azione offensiva, disimpegna con grande sprezzo del
pericolo tutti i difficili e rischiosi incarichi ricevuti, essendo di
incitamento ed esempio ai suoi compagni
”.

La notizia della decorazione giunge ad Adria, riportata
nell’elenco dei decorati presente nel Corriere del Polesine. Giulio vive poi la
disfatta di Caporetto riuscendo a ripiegare oltre il Piave con il suo reparto
mentre suo fratello, mio nonno Luigi, verrà fatto prigioniero.

Giulio,
un ragazzo di Adria nella Grande Guerra: gli Arditi, la sentenza e la ferita

All’inizio del 1918 entra negli Arditi. Ma non vi
rimane per molto.

Succede un fatto. Mentre si trova nelle retrovie,
in provincia di Treviso, assieme ai commilitoni, una sera di maggio, si rifiuta “di eseguire l’ordine impartito di rientrare in camerata e di desistere
dal chiasso e dagli schiamazzi
..

Una “ragazzata” la definiremmo oggi: ma non all’epoca.

Giulio è condannato per ammutinamento a tre anni
di reclusione, degradato a soldato semplice, cacciato dagli Arditi e rinchiuso
in carcere.

Ma c’è bisogno di soldati: la pena potrà
scontarla successivamente; se sopravvive.

Viene spedito sul Grappa dove si combatte
ferocemente.

E’ un mattatoio. E sul Monte Pertica, il
29 ottobre del 1918, Giulio, degradato, condannato e consapevole di ciò che gli
aspetterà, seppur ferito da una fucilata che gli sconquassa il polso
destro
compie un’azione che gli varrà la
medaglia d’argento al valor militare
. Va a medicarsi solo ad azione
conclusa.

Immagine fornita dall’Autore

La
Storia di Giulio: le cure e la motivazione della medaglia d’argento

Le cure sono lunghe e penose. A Modena nel 1919, nel
centro fisioterapico dove comunque sconta la condanna, l’esasperazione la fa da
padrona: per essersi rifiutato di entrare in prigione viene accusato di rifiuto di obbedienza.

Ad Adria, nella
sua Adria
, fa ritorno solamente a maggio del 1920 debilitato e menomato nel braccio. Ha 23 anni; vive da solo in via
Orticelli dove continua a fare “forse
alla meglio il mestiere di falegname”
, come scrive il medico che lo visita.

Nell’estate riceve finalmente la motivazione della medaglia d’argento per l’azione
sul Grappa: “rimasto ferito durante un’attacco
di una forte posizione nemica, seguitava a combattere. Scorta, per primo,
l’esistenza di una caverna, si dirigeva risoluto all’imbocco di questa,
riuscendo, con lotta di bombe a mano, a trarre i pochi prigionieri. Si recava a
farsi medicare soltanto ad azione ultimata”.

Arriva la motivazione non però la medaglia.

La
Storia di Giulio: la morte e la consegna della medaglia d’argento

Giulio, viste le proprie condizioni, inoltra domanda
per ottenere la pensione ”per aver
contratto ferite e malattie”
 durante
il servizio.

E’ un iter lungo. Viene disposta la visita medica
ma Giulio non fa a tempo: muore nella casa dei genitori in “Stradòn”, il
17.1.1923. Ha 25 anni.

Un anno dopo arriva la condanna per i fatti di
Modena ma la pena è “condizionalmente
condonata.

Le cause del decesso sogno ignote. Il papà Carlo a
lungo scrive all’INAIL, al Comune di Adria, al Distretto Militare.

A gennaio del 1927, 4 anni dopo la morte, giunge
il responso: Giulio è deceduto per tubercolosi contratta
durante il servizio.

La medaglia
d’argento al valor militare
viene finalmente consegnata al mio bisnonno Carlo
nell’agosto del 1927 dopo mesi  di penose
e reiterate domande.

Di questa medaglia, non ricevuta in vita da
Giulio e che io ora conservo, non si è mai avuta notizia ad Adria.

Immagine fornita dall’Utente

La Storia di Giulio: il fare memoria

Il mio desiderio, con questo racconto, è di far
conoscere per intero la tragica storia di Giulio,
un ragazzo di Adria nella Grande Guerra.

Gratificante per me è stato il pensiero inviatomi
da Paolo Malaguti che ho avuto la fortuna di avere come lettore: “..l’azione del “fare
memoria”, in qualsiasi modo e con tutti gli strumenti, è da preservare e
potenziare da parte di ognuno di noi!….”

Ogni riga dei fogli matricolari, delle sentenze,
dei certificati medici, asettica nella descrizione dei fatti, mi ha posto di
fronte a scenari più ampi. Mi ha riportato a storie lette nei libri di Lussu, Salsa, Malaguti, tanto per
citare qualche autore, letture essenziali per comprendere fino in fondo quale
potesse essere il contesto e anche lo stato d’animo di Giulio.

Giulio, il papà Carlo e il fratello Luigi. Immagine fornita dall’Autore

La Storia di Giulio: le emozioni

Ricostruire quanto narrato ha suscitato in me emozioni
forti, intense. Spesso mi chiedo come abbia potuto Giulio resistere in scenari
così atroci: ai combattimenti, alla condanna, alle ferite, all’umiliazione. Come abbia
potuto sopportare condizioni estreme e psicologicamente devastanti ad un’età in cui oggi si è considerati dei “bambini” riuscendo, nonostante tutto, a
compiere azioni che gli sono valse due medaglie, cosa non comune per un soldato
non graduato in vita.

Concludo con un pensiero che descrive perfettamente la mia esperienza: “tu che porti il mio nome e parte del mio sangue ti scorre nelle vene ascolta il mio grido di verità. Che la tua bocca sia la mia bocca e renda onore alla mia memoria. Per anni ho sussurrato la mia preghiera e tu l’hai accolta e la porterai a compimento. E allora cesserà finalmente il rombo del cannone e l’unico assalto sarà il tuo pensiero che giungerà premuroso a me ”.

La Storia di Giulio Moscardi è stata raccontata anche in un libro che mettiamo qui, in formato ptt, a disposizione dei nostri lettori.

E’ possibile scaricare la storia di Giulio Moscardi in PDF seguendo il link.

Nella Prima Repubblica questo era il periodo del “Governo Balneare”, per dichiarare la fine di un patto e per iniziare a tracciare le linee per il prossimo Governo da farsi poi a Settembre, al rientro, buono per la preparazione della Finanziaria.

Sono cambiate tante cose da quel periodo storico e in questa Terza Repubblica il Governo del Cambiamento è diventato rimasto a Bagnomaria per questo Agosto che è iniziato con un voto parlamentare “surreale” e con una dichiarazione del Ministro degli Interni fuori dal Parlamento. In una dichiarazione dopo questi fatti il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha detto che la Crisi sarà la più Trasparente della Storia.

Il Movimento 5 Stelle ha presentato in parlamento una mozione parlamentare nella quale si dichiarava contrario
(dal voto il M5S era l’unica forza che ha sostenuto la sua stessa mozione) ai lavori per la TAV dopo che il Governo ha presentato una risoluzione alla prosecuzione dei lavori inviando documentazione ufficiale all’UE. La mozione è “surreale” perché la risoluzione è inviata direttamente dal Ministro “Grillino” Toninelli.

Dopo la votazione il leader leghista Matteo Salvini ha dichiarato che non aveva più fiducia del Presidente nel Consiglio e a Parlamento ormai chiuso per ferie ha presentato una Mozione di sfiducia che di fatto apre la crisi di governo che però dovrà attendere la riapertura dei lavori parlamentari per essere discussa.

Quindi per ora tante chiacchiere…e buon riposo 🙂