Archive for the
‘La Terza Pagina’ Category

LATO A: Nineteen Days (Dave Clark – Denis Peyton)
ACCOMPAGNAMENTO: The Dave Clark Five
QUALITÁ ARTISTICO MUSICALE: Buona +
Il leader Dave Clark, batterista, fu una specie di despota all’interno del gruppo, ciò comunque non comportò alcuna rottura di formazione per almeno alcuni anni. Di certo il gruppo era realmente ben preparato e disposto a mostrare musicalmente la propria autenticità artistica, riscontrabile nei tantissimi dischi incisi durante la carriera. Nineteen Days era una sorta di allucinazione rock, brano ben tirato e cantato con grande impatto corrosivo; i fiati, che non difettavano mai, erano uno dei distintivi riconosciuti della band.
Brano ultra compresso e molto ritmato che dimostra come il gruppo fosse ben maturo per presentarsi in qualunque locale dove la musica scorresse a fiumi. Nonostante una loro ben precisa e distinguibile impronta musicale, alcune strizzate d’occhio al repertorio beatlesiano, sponda Lennon, non mancano affatto (cfr. con Dizzy Miss Lizzy…).

LATO B: I Need Love (Dave Clark – Mike Smith)
ACCOMPAGNAMENTO: The Dave Clark Five
QUALITÁ ARTISTICO MUSICALE: Super-
Sempre in co-abitazione con il leader, scritta dal tastierista e cantante Mike (Michael George) Smith, I Need Love è una disperazione d’amore, con un testo decisamente indigente in piena contrapposizione con la qualità della musica che lo sostiene. Un innamorato disperato e bisognoso d’amore, pronto a bussare alla porta della ragazza amata affinché finalmente lei gli dedichi un po’ di attenzione e un po’ d’amore. Lanciata durante lo speciale televisivo Hold On! serrato, brillante e coinvolgente, I Need Love non si discosta dalla percezione del già udito, ma perdoniamo tutto ragazzi, un brano talmente travolgente, con basso e chitarre che avvampano ed elettrizzano al massimo anche il più smaliziato degli ascoltatori. Un finale impetuoso è quanto di più adatto ad un pezzo così irresistibile. Insomma, al tirar delle somme: un 45 giri con il quale, se intorno al 1966/67, vi foste presentati ad una festicciola danzante, di quelle che ben ricordiamo, sarebbe stato meglio legarvelo alla cintura dei vostri pantaloni ben saldo, poiché le possibilità che qualcuno ve lo sgraffignasse sarebbero state davvero infinite e maledettamente giustificate! Scovate il 45 – se ancora non lo possedete – e mettetevi finalmente con l’animo in pace !

THE DAVE CLARK FIVE
COLUMBIA EMI
N° DI CATALOGO: SCMQ 7035
STAMPATO IN: ITALIA
DATA: 1967
RARITA’: MEDIA
QUOTAZIONE: EURO 25,00 / 35,00
QUALITÀ GRAFICA DELLA COPERTINA: 8

NOTE EVENTUALI: Pubblicata in UK il 28 ottobre del 1966, nel nostro Paese arrivò qualche mese dopo e quindi nel 1967. Fenomenale gruppo inglese, sempre ossessionato (ma non erano gli unici!) dallo strapotere dei Beatles, tanto è vero che quando i Fabs fecero uscire la pellicola di A Hard Day’s Night, immediatamente i DC5 si impegnatono in Catch Us If You Can ovvero, Prendeteci se potete e Nineteen days era una delle canzoni di punta del film che non raggiunse, come prevedibile, la popolarità del lungometraggio degli
Scarafaggi.

Marzo 0

…marzo, e già cagna l’aria…

con le tue infinite apparenze, i tuoi infiniti volti…

con il profumo della primavera che accarezza il vento, con le dune che iniziano a colorarsi, accompagnate dalle giornate che si allungano, e che invitano le rondini a tornare e le lucertole a sguizzare, in allegria…

marzo ti adoro, non lasciarmi

‘La bellezza apre l’anima e ci fa vedere il paradiso. Solo lì troveremo tutte le risposte.’
Renato Scarpa


‘Laughter is the sound of angels’
di Donatella Lavizzari
Opera dedicata a Renato Scarpa e Massimo Troisi

Questa bellissima versione di “En la orilla del mundo” di Pablo Milanes e di Martin Rojas, é stata realizzata e interpretata magistralmente dal Maestro Matteo Nahum (Film Composer – Arranger – Guitarist) per rendere omaggio a Renato Scarpa. https://www.matteonahum.com

Ci sono cose nella vita che hanno un valore inestimabile e che non si misurano con la durata nel tempo, ma, come scrive Fernando Pessoa, nell’intensità con cui avvengono.
Per questo motivo ci sono dei momenti indimenticabili, delle cose inspiegabili e delle persone Incomparabili.
Renato Scarpa era una di queste.
Penso che lui abbia lasciato un segno. Un profondo e indelebile segno proprio lì, in quel piccolo posto chiamato cuore.
Renato resterà per sempre nella vita di chi lo ha amato e di chi gli ha voluto bene, di chi lo ha conosciuto e di chi lo ha apprezzato, sia come Uomo sia come Artista.

Classe 1939, milanese di nascita ma romano d’adozione, dopo il Teatro tascabile (un collettivo teatrale maturato in ambito universitario) Scarpa approfondì i suoi studi frequentando l’Accademia d’Arte drammatica, dove ebbe tra gli insegnanti Nanni Loy.
Si dedicò con grande impegno anche al teatro, frequentando il Piccolo di Strehler e il Grassi.
Sul grande schermo, il suo esordio avvenne alla fine degli anni Sessanta, con il film ‘Sotto il segno dello scorpione’ dei fratelli Taviani.

Attore versatile, dalle mille sfaccettature, in grado di interpretare ruoli sia comici che drammatici, con una carriera lunga oltre cinquant’anni, Scarpa è stato protagonista di moltissimi capolavori diretti da registi del calibro di Mario Monicelli, Steno, Dario Argento, Dino Risi, Marco Bellocchio, Liliana Cavani, Luigi Comencini, Roberto Rossellini, Nanni Moretti, Luciano De Crescenzo, Peter Del Monte, Giuliano Montaldo, Nicolas Roeg e tanti altri.
Voglio ricordare ‘Suspiria’, ‘A Venezia un dicembre rosso shocking’, ‘Ricomincio da tre, ‘Un sacco bello’, ‘San Michele aveva un gallo’, ‘Così parlò Bellavista, ‘Un borghese piccolo piccolo’, ‘Piedone a Hong Kong, ‘La stanza del figlio, ‘Habemus Papam, ‘Il Postino’, ‘Mia madre’, ‘Giulia e Giulia’, …
Scarpa ha lavorato anche in produzioni estere come ‘Il talento di Mr. Ripley e ‘The Tourist, e negli ultimi anni lo avevamo visto recitare in ‘Diaz’ di Daniele Vicari, ‘Il racconto dei racconti di Matteo Garrone e ‘I due papi’ di Fernando Meirelles..

Bravo, lei è un vero imbecille“. Spesso raccontava, ridendo, che questo era il più bel complimento che gli era stato fatto nella sua lunga carriera, riferendosi, ovviamente, alla sua straordinaria interpretazione di Robertino, in ‘Ricomincio da tre’, (interpretazione che, come tante altre sue, ha per me il tocco di genialità surreale).
E mentre ricordava quel film e i giorni trascorsi insieme all’amico Massimo Troisi, dal suo sguardo traspariva un miscuglio di gioia, amore e commozione. Ogni volta che parlava di lui, diceva sempre che aveva un animo puro e che era una di quelle persone che si incontrano quando la vita ha deciso di farti un regalo.

Talento, semplicità, profondità, gentilezza e discrezione, queste sono le cifre che hanno contraddistinto il percorso umano ed artistico di Renato Scarpa, un uomo nobile che, con la sua ricca umanità, la sua sensibilità rara, il suo immancabile sorriso e il suo garbo, ha regalato gioia, accarezzando il cuore di molte persone.

Tra i tantissimi pensieri pubblicati in suo ricordo, mi ha molto colpito quello che Rosaria Troisi ha condiviso sulla pagina ufficiale del fratello Massimo:
Grande, caro Renato, amico mio! Non ti lascerò andare, metterò il lucchetto al cuore e sarai per sempre in dolce compagnia, con le persone che ho amato di più in questo mondo. Il Signore ti abbia in gloria, amico mio, grazie per avermi onorato della tua amicizia.’

Qui di seguito ho raccolto le testimonianze di alcuni amici e le opere di Artisti che hanno voluto onorare Renato Scarpa.

Un uomo delicato, puro. Un’anima semplice e meravigliosa.
Un amico speciale.
Mi mancherà tutto di lui.
La sua bontà, innanzitutto.
E i suoi complimenti per i miei piatti.

La “scarpetta” che non mancava mai.
‘Ho visto la guerra, la fame. E’ un crimine lasciare qualcosa nel piatto.’


Ti voglio bene
Renato.

Nancy Cuomo – Cantante e produttrice discografica

Renato Scarpa
omaggio di Alex Di Viesti

Qualche anno fa, incontrai Renato Scarpa per caso a Roma, al Teatro Olimpico, durante una serata dedicata al Maestro Franco Califano.
Ho sempre avuto rispetto e una grandissima ammirazione per il modo in cui
Scarpa interpretava i suoi personaggi, così straordinariamente veri.
Abbiamo parlato del periodo che stavamo vivendo e di quanto fosse diventato difficile fare l’attore. Abbiamo poi ricordato i film di cui eravamo stati insieme protagonisti e ci siamo commossi ripensando all’amicizia che legava entrambi al regista
Gianfranco Mingozzi.
Renato aveva un aspetto mite. Mi ha sempre colpito la sua grande umanità.
Era un piacere ascoltarlo parlare di Sergio, il personaggio ipocondriaco interpretato in ‘Un sacco bello‘ di Carlo Verdone.
Grazie Renato per averci regalato tutti quei personaggi così strabilianti!
Il Cinema italiano dovrebbe essere più riconoscente con Attori di questo spessore.

Carlo Mucari – Attore e cantante

Renato Scarpa
omaggio di Antonia Carnasale

Una umanità e una sensibilità che mi avvolgevano ogni volta che ero vicino a lui, anche senza parlare.

Loretta Rossi Stuart – Attrice, autrice, coreografa

La sua umanità oltrepassava i confini umani, la sua amicizia e il suo affetto erano per le persone a cui voleva bene un dono prezioso.
Un’anima gentile, un uomo meraviglioso.
Ciao Renato, ciao amico mio.

Davide Mottola – cantautore, compositore, musicista e produttore artistico.

Davide e Gerry Mottola con Renato Scarpa

Facendo il mestiere dell’attore, ritengo che Renato Scarpa sia stato un gigante. Un riferimento come artista e come uomo.
Ho avuto il privilegio di conoscerlo e ho respirato la sua umanità e simpatia.
Grazie Renato per tutti i ruoli che ci hai regalato, ma soprattutto per la tua grande umiltà e semplicità.
I tuoi consigli li porterò sempre con me.

Pierluigi Cicchetti – Attore

Robin by Donatella Lavizzari

La mia è una storia magica e ve la voglio raccontare.
Durante una passeggiata nel centro di Roma, la mia mamma incinta e la sua amica umana, incontrarono Olympia Pratesi, figlia di Fulco (fondatore e Presidente Onorario del WWF Italia).
Era talmente bella che lei se ne era innamorata al primo sguardo.
In famiglia avevano sempre avuto barboncini e la mamma le ricordava tanto l’adorata Sheila, che purtroppo, dopo una lunga vita felice, era volata in cielo tra le altre stelle.
Iniziarono a parlare e quando Olympia si presentò, dicendo il proprio cognome, l’altra signora trasalì perché era stata un’allieva di suo padre Fulco, durante il corso di restauro dei monumenti, alla Facoltà di Architettura.
Si creò un legame tra di loro e al giorno dell’ottantesimo compleanno di FulcoOlympia si presentò a casa con uno scatolone come regalo di compleanno.
Fulco pensò che fosse il solito regalo tecnologico digitale, ma quando lo aprì, uscì il mio bel musetto color albicocca.

Robin da cucciolo
courtesy@Fulco Pratesi

Lui e la moglie Fabrizia impazzirono dalla gioia e cominciarono a pensare come chiamarmi.
Poiché in giardino c’era un loro nipotino che stava giocando con arco e frecce, chiesero a lui di scegliere un nome. E lui disse, con fare deciso: ‘Robin Hood!
Oltretutto Robin in inglese significa pettirosso… non potevano trovare nome migliore per un rossiccio come me!
Credo proprio di essere stato inviato dal Cielo per donare gioia a tutti loro.

Ho sentito Fulco che confessava alla nostra amica Donatella che da subito ero compenetrato nella sua vita ed ero persino in sintonia con il suo carattere, a volte impulsivo.
Io sono sempre stato gentile, disponibile e, a sua detta, anche intelligente, ma soprattutto un cane ‘comodo’, perché sono piccolo e peso solo 4 kg.
Insomma sono indispensabile, un amico prezioso. Così come lo sono state Suna e Sheila prima di me.
Suna era un po’ più piccola e candida come la neve. Ecco perché l’avevano chiamata come il bianco uccello marino. Sheila invece aveva il mio stesso colore ed era adorabile!

Pensate che Fulco mi ha raccontato che la portava anche al cinema!
Una volta andarono a vedere ‘Mia moglie è una strega’ e poiché si annoiava un po’ (le piacevano solo i film gialli), si mise a gironzolare per la sala, tra le poltrone, e a un certo punto, quando apparì sullo schermo un gatto, lei si mise ad abbaiare a più non posso tra lo stupore generale e le risate della gente!
Che pazzerella che deve essere stata….ma sicuramente dolce e amorevole come me.
Citando Fulco, i gatti sono atavicamente degli animali da inseguire abbaiando. Magari però ritenendo prudente desistere dal chiassoso inseguimento quando uno di essi si ferma e ci guarda in maniera interrogativa.

Fulco ha sempre avuto un collegamento speciale con tutti noi animali, un amore immenso, uno scambio di emozioni che sono davvero impagabili.
Non potrei desiderare di meglio.
Donatella dice sempre che lui è in simbiosi, in sintonia con il pianeta Terra, e che ne è Ambasciatore per eccellenza. Come non volergli bene?

Lui si arrabbia sempre molto quando noi barboncini siamo chiamati cani ‘radical chic’ e quindi, per la sua grande ironia, lui stesso si è definito tale. Ha persino scritto un articolo sul Corriere della Sera, dove spiega l’importanza e l’imbarazzante intelligenza di noi barboncini.
Lui dice che siamo diversi dalle altre razze canine perché siamo simili al lupo. Noi abbiamo una conformazione cranica sferica e non piatta nella parte superiore….quindi mooooolto più cervello!

Al contrario dei lupi, io preferisco dormire in una meravigliosa cuccia imbottita che sta ai piedi del letto di Fulco e ogni mattina, verso le 7, mi avvicino e gli lecco la mano per svegliarlo.
Lui si alza e, dopo i tipici riti degli umani, raccoglie il Corriere della Sera e la Repubblica che gli sono stati consegnati e si avvia verso il soggiorno, dove si accomoda su una grande poltrona.
Io lo seguo e mi piazzo lì davanti, guardandolo fisso negli occhi fino a quando mi fa cenno di salire accanto a lui. E così me ne sto al calduccio, mentre legge i quotidiani (credo proprio che il film ‘Una poltrona per due’, si sia ispirato a noi).

Robin by Donatella Lavizzari

Poi mi viene voglia di farmi un giretto per la casa, ma poco dopo ritorno e riconquisto la posizione per farmi un bel pisolino, fino a quando la mia amica Giusy mi porta a passeggio. Con lei mi diverto sempre e faccio delle pazze corse nel parco. Sono talmente veloce che sembro un missile!
Anche con Fulco inscenavo sempre frenetici caroselli sul prato e lo sfidavo a un gioco di riporti con i rami secchi, interrompendolo solo per brucare fili d’erba a scopo digestivo o per stendermi pancia a terra con la lingua di fuori.

Al rientro, mi dirigo verso la cucina, dove mi attendono delle squisite ali di pollo lessate mischiate con il riso soffiato: una vera bontà!
Prima di iniziare a papparmi questa delizia, vado in perlustrazione attorno al tavolo perché da lì scende sempre qualcosa di buono.
Aspetto con pazienza che mi allunghino pezzettini di formaggio o bocconcini di carne.
Ora sì che si ragiona! Si deve sempre iniziare il pranzo con un antipasto sfizioso… stimola l’appetito!
E poi, vogliamo discuterne? Vi sembra che mangiare dentro una ciotola sia appropriato e dignitoso per un cane del mio stile? Insomma! Aggiungete un posto a tavola! Ehm… sì, lo confesso, sono un po’ snob.

Ma non sono certo l’unico eh! Pensate che una volta, durante un’escursione nel Parco del Circeo, abbiamo incontrato Gruyère, un cinghiale molto socievole e educato. Si è avvicinato per salutarci e Fulco gli ha offerto del formaggio. Lui si è ritratto inorridito! ‘Ma stiamo scherzando? Io mangio solo quello svizzero!
E noi siamo scoppiati in una fragorosa risata!

courtesy@Fulco Pratesi

E’ proprio vero, Fulco parla con tutti gli animali. Ovunque vada, riesce sempre a incontrare pennuti, pelosi vari, tipetti di ogni razza e colore, che gli diventano subito amici.
Girovagando nell’Oasi WWF del Lago di Burano, nella Maremma grossetana, avvistammo un gruccione, un bellissimo uccello dal becco lungo e nerastro, leggermente ricurvo verso il basso, e dalla livrea variopinta. Un’esplosione di colori che usciva a mo’ di pennellate dal ‘fondo’ castano del dorso e dall’azzurro del ventre, con sfumature di giallo, verde, nero e arancione.
Vedendoci arrivare, iniziò a volare in tondo sulla testa di Fulco.
Poco dopo si posò lì vicino e si fece accarezzare la testa come se fosse un cucciolo domestico. Un gesto davvero inusuale per uno che adora gli spazi aperti e vive in zone ricche di vegetazione spontanea e cespugliosa, presso i corsi fluviali, i litorali e i boschi con radure.
Ma ho imparato che tutto diventa possibile con Fulco!

courtesy@Fulco Pratesi

courtesy@Fulco Pratesi

Lui è come San Francesco, comunica con tutti noi. E’ il mio supereroe.
Ogni giorno, sul terrazzo dove ci sono le mangiatoie, arrivano tantissimi uccellini che gli raccontano dei loro viaggi e delle loro avventure.
E lui annota tutto e li ritrae con pennelli e acquarelli. Dovreste vedere quanto è bravo! Ha un talento incredibile!
Li ama come se fossero suoi simili, come dei figli!

Il menu principale del ristorante ‘Terrazza Pratesi’ è costituito da semi di girasole, pezzi di grasso, mele spaccate in due e soprattutto briciole di torte e di biscotti che fanno la felicità di pettirossi e cinciallegre, passeri e cinciarelle, capinere e occhiocotti.
In questo luogo c’è realmente quella biodiversità tanto amata e raccontata da Francesco Petretti nei suoi libri e nei suoi documentari naturalistici.
A proposito! Anche lui è stato allievo di Fulco!

Una volta atterrò persino un uccellino che gli portò una foglia di salvia molto profumata. Credo avesse voluto fargli un omaggio per la sua bontà e gentilezza.
Anche le farfalle lo amano! Si posano sulle sue dita, come se fossero incantate da un richiamo irresistibile.

D’estate, nella casa di campagna, venivano a trovarlo persino alcuni ratti. Uno, in particolare, lo faceva abitualmente e ogni volta si mangiava tutte le pesche che riusciva ad acchiappare, guardando con quegli occhietti furbi sia lui sia Fabrizia.

courtesy@Fulco Pratesi

Amo stare in sua compagnia! A volte schiaccio un pisolino accanto a lui e sogno.
Sogno di guidare un’auto sportiva rossa fiammeggiante e di attraversare campi e prati, villaggi e fattorie sperdute.
Ehi! Attente!’, dico rivolgendomi ad alcune signore mucche che stavano per attraversare la strada. E loro prendono a scappare di qua e di là, mentre oche e anatre starnazzano indignate sbattendo le ali e una gallinella, per lo spavento, deposita un uovo, fuggendo di corsa!

A gran velocità raggiungo le montagne. La strada sale ripida con molte curve, fino a raggiungere un ponticello di legno che sta sopra un tortuoso ruscelletto.
Mi arrampico fino alla cima e volo giù dall’altra parte, raggiungendo la pianura che si estende fino all’orizzonte.
Ed ecco, che all’improvviso, qualcosa si muove laggiù! Vedo una linea scura… sono cavalli selvaggi con le loro ondeggianti criniere al vento.
Sento già lo scalpitio dei loro zoccoli sul terreno e i loro nitriti.
Vorrei tanto cavalcarne uno, come nel far west!

Uno di loro si avvicina, si chiama Morello. I suoi occhi e il suo pelo corvino risplendono alla luce del sole.
Io gli offro una zolletta di zucchero (per favore non chiedetemi che cosa ci fa una zolletta di zucchero su un’auto sportiva guidata da un barboncino!), ma lui preferisce di gran lunga la gomma da masticare che ha adocchiato sul cruscotto e, in un baleno, la prende e la mette in bocca, roteando sorpreso gli occhi perché non aveva mai mangiato qualcosa di simile e così strano!

Mentre è tutto preso a capire come mai i suoi denti non s’incrociano più nel modo giusto, gli metto il lazo al collo e con un salto mi lancio coraggiosamente sul suo dorso.
Lui si solleva scalpitando, affonda la testa tra le zampe anteriori, rinculando di scatto e facendo di tutto per disarcionarmi!
Sebbene mi stia aggrappando a lui con tutta la mia forza, scivolo goffamente sotto la sua pancia, riuscendo a malapena a risalire in groppa, attaccandomi alla criniera.
Con un forte schiocco si rompe la bolla fatta con il chewing gum e puffete mi risveglio un po’ stralunato. E Fulco è lì che mi accarezza sorridendo e mi dice: ‘Robin che avventura hai sognato? Hai surfato sull’oceano insieme ai delfini come la volta scorsa o sei andato con un razzo sulla luna?!’.

Io spalanco gli occhi e ricambio il sorriso, strofinandomi addosso a lui, e poi li richiudo e volo sui mari con il mio rapido vascello pirata.
Ad un tratto, una voce dolce rompe il silenzio: ‘Fulco! Robin!’.
E’ Fabrizia che ci chiama.
E’ ora di scendere in cambusa a preparare la cena.

foto @ https://thevision.com

Di Sandro Pertini restano alcune immagini indimenticabili, consegnate alla memoria da spezzoni televisivi.
Sono immagini che hanno scandito alcuni degli avvenimenti della storia italiana, come, per esempio, la strage alla stazione di Bologna o la vittoria dei Mondiali di calcio nel 1982.
In tutti quegli avvenimenti Pertini era presente sia nel suo ruolo istituzionale sia con la sua carica di grande umanità, con la sua storia che veniva da lontano, dalla guerra partigiana e dalla prigionia sotto il fascismo.
Era una figura che gli italiani sentivano vicina.
Divenne una sorta di nonno per i bambini e una vera e propria icona Pop.

PAZ, il geniale e visionario artista Andrea Pazienza vedeva in Pertini l’ultimo esemplare di una razza di uomini duri ma puri come bambini“, una luce nella notte di una prima Repubblica compromessa dalla corruzione e dal malaffare.
Con profonda ammirazione e complicità affettuosa lo trasformò in fumetto, dedicandogli storie, sketch umoristici, tavole e tantissimi disegni.
Un campionario vastissimo e prezioso, che si estende dal 1978 al 1987, e che vede persino il luogosergente Paz fare da spalla al temibilissimo Pert in imprese in nome della libertà e della giustizia.
Testimonianza di come Pertini fosse uno dei personaggi principali nell’immaginario dell’artista.
Pertini ebbe sempre un rapporto divertito con la satira che lo prendeva di mira, tanto da avere una collezione di tutte le sue caricature e invitare al Quirinale i vari autori, da Tullio Pericoli alla redazione del “Canard enchainé”.

Dalla mostra «Paz e Pert» a Roma al Palazzo Incontro
(2010 Fandango Libri S.r.l. Copyright Mariella e Michele Pazienza)

Nella sua figura, come mai prima di allora e come mai sarebbe accaduto dopo, un’intera nazione si riconosceva e riconosceva i valori ‘puliti’ della politica e ciò che la politica dovrebbe rappresentare nella sua accezione più alta: solidarietà, vicinanza e attenzione alle persone.

Ricordare Pertini, raccontarne la storia, ha senso non solo perchè ci consente di ripercorrere la storia di un italiano che attraversa il Novecento con piglio energico e picaresco, ma perchè ci permette anche di fare un punto su noi stessi, su come eravamo e su ciò che siamo diventati.
Ci restituisce l’idea che possa esistere una politica in grado di tracciare la linea di un’etica civile e solidale, capace di guidare una società dialogante, aperta e più conciliante.

Ph. Donatella Lavizzari

Andrea Santonastaso
foto @ https://teatrodellargine.org

Realizzare uno spettacolo biografico non è mai facile perchè si rischia di cadere nel didascalismo o, ancor peggio, nell’agiografia. Soprattutto quando si vuole affrontare una figura come quella di Sandro Pertini, che si staglia come un gigante nella memoria e nell’immaginario collettivo, capace di rassicurare un’intera nazione durante gli anni difficili, a cavallo tra i Settanta e gli Ottanta.

Andrea Santonastaso
foto @ https://teatrodellargine.org

Nicola Bonazzi, Andrea Santonastaso e Christian Poli hanno accolto questa grande sfida.
SANDRO è senza dubbio alcuno, un’opera teatrale che dipinge al meglio la figura del ‘primo impiegato italiano’, ‘del politico mai Ministro‘, come lui stesso amava definirsi.
Nelle parole di Poli e Bonazzi (SANDRO è scritto da Christian Poli, con inserti drammaturgici e regia di Nicola Bonazzi) e attraverso la voce e la forte presenza scenica di Andrea Santonastaso, prende vita quel piccolo grande uomo che mai si è piegato.

Andrea Santonastaso
foto @ https://teatrodellargine.org

Andrea Santonastaso
foto @ https://teatrodellargine.org

Con un monologo, viene raccontato il carismatico Presidente e, al tempo stesso, l’uomo perseguitato, il partigiano, il combattente per la libertà e l’uguaglianza.
Una voce politica in grado di dire cose spesso scomode (come per es. i rischi di un fascismo sempre incombente), dette in virtù di una vita passata per 13 anni in reclusione e in confino, a causa della lotta serrata contro la dittatura.
SANDRO è uno spettacolo a ‘tesi’ perchè prova a ricordarci che sono esistite persone che hanno combattuto per i propri ideali, fino a pagarne conseguenze molto gravi.

Ph. Donatella Lavizzari

Pertini Alessandro, del fu Alberto e di Muzio Maria, avvocato, socialista, fu confinato politico nell’isola di Ventotene.
Qui di seguito, voglio riportare uno stralcio di un suo racconto, pubblicato in Italia, il terzo volume della Geografia di Enzo Biagi.

Domenica 25 luglio: una serata come tutte le altre. Quando la radio diede il comunicato ci avevano già rinchiusi nel camerone.
Eravamo più di settecento, nella stragrande maggioranza comunisti: Longo, Terracini, Scoccimarro, Camilla Ravera, Secchia. Poi c’erano Ernesto Rossi e Riccardo Bauer, del partito d’azione, e anche degli anarchici, gente che veniva dalle prigioni, naturalmente, che aveva fatto la guerra in Spagna, che era stata nei campi di concentramento francesi.

…. Noi laggiù vivevamo secondo regole immutate, che dovevano essere rispettate con rigore: si poteva uscire dagli stanzoni, dove alloggiavano dalle tre alle cinquanta persone, verso le otto del mattino, bisognava rientrare per le otto di sera.
Non si doveva superre un certo limite, appunto, il confino.

Camilla Ravera racconta nelle sue memorie le strade sassose, le siepi gialle dei fichi d’India, il mare grande e azzurro che ci circondava: paesaggi che erano vietati.

….Un giorno il direttore mi mandò a chiamare: ‘Ho una bella notizia per voi. E’ arrivato un telegramma che dispone per la vostra liberazione’.
‘ Grazie’ dissi. ‘Però io non me ne vado finchè qui resta uno solo di noi
.’
Ma Camilla Ravera, che diede sempre prova di una straordinaria forza morale, Terracini e altri, mi convinsero che dovevo partire, per andare a perorare la causa dei detenuti, e così non diedi pace a Senise, Capo della Polizia, e a Ricci, che era agli Interni; li andavo a trovare ogni giorno con Bruno Buozzi. Erano restii, avevano nei confronti dei comunisti paura e odio. Minacciammo uno sciopero generale e l’argomento li convinse.
Quando arrivò l’ultimo di Ventotene, potei andare a trovare mia madre.
Era molto vecchia e mi attendeva. Stava sempre seduta su un muretto che circondava la nostra casa. ‘Che cosa fa signora?’ le domandavano. ‘Aspetto Sandro‘ rispondeva.”

Ph. Donatella Lavizzari

Pertini ha combattuto per i propri ideali, mai asseriti in maniera semplicistica o ingenua, ma sempre dentro l’agone delle idee, con la forza combattiva di chi si oppone ad una visione sopraffattoria della politica.
Per questo motivo, nello spettacolo, la vicenda biografica di Pertini viene contrappuntata da una voce ‘corale’, l’Odiatore, che prova a rappresentare grottescamente questi impulsi violenti, prevaricatori, di cui spesso siamo tutti preda: perchè SANDRO non vuole essere solo il racconto della vita di un uomo, ma prova a rappresentare la possibilità, l’utopia, il desiderio di un’umanità più cordiale e disponibile.
Come cornice, una scenografia essenziale, minimalista, ma caratterizzata da una forte potenza suggestiva e animata dall’alternarsi di buio e luce, e dai bellissimi disegni dello stesso Santonastaso, che vengono, di volta in volta, proiettati sulla quinta scenica.

SANDRO è uno spettacolo che ti entra dentro, ti avvolge in un abbraccio fatto di emozioni, pensieri, sentimenti, riflessioni, … e tu stai lì, immobile.
Ascolti, respiri, chiudi gli occhi… e ti lasci andare in quell’incanto chiamato Teatro.

GRAZIE ad Andrea Santonastaso, Artista Necessario.

https://youtu.be/6uqf8kqy5Mg

LA GIUSTIZIA PREDITTIVA (PREVEDERE L’ESITO DI UN GIUDIZIO) si può, e non è frutto di magia o di astrologia.

Luigi Viola è un collega Avvocato con studio a Roma e Lecce, titolare di cattedra di Diritto Processuale Civile, che il 17.12.2015, presso la Camera dei Deputati, è stato premiato per la sua attività “per aver avviato all’attività legale centinaia di giovani “.

Proprio presso la Camera dei Deputati ha presentato il suo modello matematico di equazione dell’interpretazione perfetta della legge; perfezionato e poi confluito nel libro sulla Interpretazione della legge con modelli matematici, pubblicato nel 2017.

È possibile quindi prevedere l’esito di un giudizio e certamente non bisogna ricorrere né a maghi, né a fattucchiere o ad astrologi.

..Men che meno ad Azzeccagarbugli di manzoniana memoria, lo chiedo quindi all’ autore/inventore della formula, a grande richiesta, affinché ci spieghi il funzionamento di questa espressione originale, ambita e desiderata.

Cosa si intende per giustizia predittiva e ”interpretazione della legge con modelli matematici” ?

Per definire la giustizia predittiva si può utilizzare quanto ho scritto nella relativa voce Treccani: “deve intendersi la possibilità di prevedere l’esito di un giudizio tramite alcuni calcoli; non si tratta di predire tramite formule magiche, ma di prevedere la probabile sentenza, relativa ad uno specifico caso, attraverso l’ausilio di algoritmi”.

Non vi è la volontà di sostituire la giustizia dei tribunali con quella degli algoritmi, ma cercare di prevedere le eventuali conseguenze giuridiche di un comportamento con maggiore precisione.

Come si può fare questo?

Si può fare modellizzando l’interpretazione della legge; l’interpretazione della legge con modelli matematici è uno dei possibili strumenti per prevedere l’esito del processo. Anzi, credo sia lo strumento più corretto in quanto più allineato alla lettera della legge e più coerente con il nostro sistema di civil law.

Inoltre è il titolo di un libro che ho scritto, se posso dirlo, al quale sono molto legato, che è stato Best Seller Amazon in classifiche di internazionali di Law General e tradotto in 5 lingue (inglese, tedesco, spagnolo, francese, greco).

Come ti sei appassionato a queste materie così particolari?

Per la verità è stata una cosa naturale e credo possa succedere a qualsiasi avvocato.

Ho notato che quasi tutti i clienti che vengono in studio, dopo aver spiegato i fatti, chiedono se è possibile fare causa e che possibilità ci sono di successo.

La risposta a questo tipo di domanda non può che essere generica, per lo più legata allo studio della casistica giurisprudenziale di legittimità e di merito, addirittura dello specifico tribunale ad quem.

Eppure, volevo cercare di rispondere in modo più preciso, verrebbe quasi da dire giurimetrico, che è poi la branca del diritto che mi ha davvero illuminato.

Così ho iniziato a studiare per circa 10 anni l’andamento del sistema processuale: da come le questioni iniziano in primo grado, come si formano orientamenti e come – poi – la Cassazione privilegia un orientamento ad un altro: ho letto quasi 50000 sentenze, anche per merito dell’incarico alla direzione di Altalex Massimario, affidatami dall’amico Alessandro Buralli.

Dopo questo studio ho iniziato a confrontarmi con colleghi e professori universitari anche appartenenti a materie diverse, come matematica ed ingegneria.

Mi sono reso conto che il diritto per essere davvero certo non deve ripudiare le c.d. scienze esatte, ma deve acquisirle. In fondo anche nel diritto c’è matematica, come agevolmente desumibile da una riflessione sui termini processuali, sulla materia della divisione, delle quote condominiali e societarie, si è addirittura arrivati a quantificare il dolore umano tramite il meccanismo delle tabelle. 

Anzi mi piace ricordare, come detto spesso e scritto da un caro collega (Danzi), che l’etimologia del termine matematica deriva da  MAAT,  che nell’antico Egitto  era la dea non solo della verità,  della giustizia, della legge, ma anche dell’ordine,  della misura, dell’armonia, che sono concetti matematici;  la giustizia veniva assicurata  attraverso la misura; la dea Maat quindi coniugava i  valori etici con i principi matematici. Furono proprio le questioni giuridiche a dare impulso nell’antico Egitto allo sviluppo della matematica; le inondazioni del Nilo, infatti, causavano la cancellazione dei confini tra i fondi agricoli, per cui quando le acque si ritiravano non era più possibile individuare le singole proprietà; la geometria nasceva per risolvere questi conflitti giuridici.

Ne prevedi un’ampio sviluppo e una concreta e frequente applicazione?

Direi di sì; la giustizia predittiva, seppur con un modello parzialmente diverso, da quello da me sostenuto, è di fatto una realtà. Ne sono prova i progetti di giustizia predittiva delle Corti di Appello di Brescia, Venezia e Bari (che ha sviluppato dello ottime schede per la prevedibilità); nell’automating society 2020, che riguarda 16 Paesi, è stato dedicato ampio spazio all’Italia, con particolare attenzione ai progetti di “Predictive policing” e “Predictive justice“: si è detto che l’Italia è avanti rispetto ad altri Paesi.

L’esigenza di prevedibilità delle decisioni giudiziarie è stata auspicata anche dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella laddove ha detto che nostri cittadini hanno diritto a poter contare sulla certezza del diritto e sulla prevedibilità della sua applicazione rispetto ai loro comportamenti (in occasione della Cerimonia commemorativa del 18.6.2020, dedicata ai Magistrati uccisi nell’esercizio del loro lavoro).

Il problema oggi non è nell’an, ovvero se la giustizia predittiva esisterà o meno, ma è nel quomodo: dobbiamo decidere quale modello di giustizia predittiva privilegiare, quale è più efficace, quale è più rispettoso del contraddittorio e difesa delle parti nel processo. Non si deve in alcun modo correre il rischio di creare una giurisprudenza appiattita che pretermetta la specificità delle singole argomentazioni prospettate dagli avvocati.

Qualcuno parla addirittura di giudice robot: personalmente sono contrario perché mi sembra contro il principio di giudice naturale precostituito per legge ex art. 25 Cost., giusto processo ex art. 111 Cost., natura umana del giudice per come desumibile dall’art. 51 c.p.c.

Anzi sono più per la giurimetria che per l’informatica: la prima assicura una trasparenza matematica dove è possibile verificare, passo dopo passo, il ragionamento svolto dalle premesse fino alla conclusione, diversamente dalla seconda che rischia di essere più “opaca”. Tutto deve essere trasparente: è stato ricordato anche dal Consiglio di Stato (881/2020).

I consigli e la prevenzione perché i Grandi possano aiutare i Piccoli



La Polizia Postale e delle Comunicazioni ha partecipato alla stesura del Codice di autoregolamentazione “Internet e Minori”, in collaborazione con il Ministero delle Comunicazioni, dell’Innovazione e le Tecnologie e le Associazioni degli Internet Service Providers. ll Codice nasce per aiutare adulti, minori e famiglie nell’uso corretto e consapevole di Internet, fornendo consigli e suggerimenti.

Consigli per i genitori:

• Insegnate ai bambini più piccoli l’importanza di non rivelare in Rete la loro identità. Spiegategli che è importante per la loro sicurezza e per quella di tutta la famiglia non fornire dati personali (nome, cognome, età, indirizzo, numero di telefono, nome e orari della scuola, nome degli amici).

• Spiegate ai vostri figli come navigare sicuri anche se sapete che vostro figlio non sembra interessato a Internet. A scuola, a casa dell’amico del cuore, in un Internet cafè potrebbe comunque avere voglia di navigare sulla Rete ed è bene che sia al corrente di quali semplici e importanti regole deve seguire per essere sicuro e protetto mentre si diverte.

• Controllate i più piccoli affiancandoli nella navigazione in modo da capire quali sono i loro interessi e dando consigli sui siti da evitare e su quelli da visitare.

• Collocate il computer in una stanza centrale della casa piuttosto che nella camera dei ragazzi. Vi consentirà di dare anche solo una fugace occhiata ai siti visitati senza che vostro figlio si senta “sotto controllo”.

• Impostate la “cronologia” in modo che mantenga traccia per qualche giorno dei siti visitati. Controllate periodicamente il contenuto dell’hard disk del computer.

• Insegnate ai vostri figli preadolescenti e adolescenti a non accettare mai di incontrarsi personalmente, magari di nascosto, con chi hanno conosciuto in Rete. Spiegate come un computer collegato a Internet sia per alcune persone male intenzionate il modo migliore per nascondere propositi criminali dietro bugie e false identità, a volte molto attraenti.

• Spiegate ai vostri figli, soprattutto in età preadolescenziale, che la propria intimità sessuale non va condivisa sulla rete in nessun modo, in quanto la pubblicazione di foto e video a contenuto esplicitamente sessuale sul web crea soltanto disagio fino ad arrivare alle conseguenze più gravi con risvolti penali.  La trasformazione del proprio corpo va vissuta in maniera serena senza strumentalizzazioni di alcun tipo, cercando di estrinsecare i propri dubbi in tal senso con fiducia e con riflessione agli adulti di riferimento”.

• Leggete le e-mail con i bambini più piccoli controllando ogni allegato al messaggio. Se non conoscete il mittente non aprite l´e-mail, nè eventuali allegati: possono contenere virus, troiani o spyware in grado di alterare il funzionamento del vostro computer. Date le stesse indicazioni ai ragazzi più grandi.

• Tenete aggiornato un buon antivirus e un firewall che proteggano continuamente il vostro pc e chi lo utilizza.

• Dite ai bambini di non rispondere quando ricevono messaggi di posta elettronica di tipo volgare, offensivo e, allo stesso tempo, invitarli a non usare un linguaggio scurrile o inappropriato e a comportarsi correttamente in rete.

• Spiegate ai bambini che può essere pericoloso compilare moduli on line e dite loro di farlo solo dopo avervi consultato.

• Cercate di stare vicino ai bambini quando creano profili legati ad un nickname per usare programmi di chat.

• Non lasciate troppe ore i bambini e i ragazzi da soli in Rete. Stabilite quanto tempo possono passare navigando su Internet: limitare il tempo che possono trascorrere on-line significa limitare di fatto l’esposizione ai rischi della Rete.

• Usate software “filtri” con un elenco predefinito di siti da evitare. É opportuno però verificare periodicamente che funzionino in modo corretto e tenere segreta la parola chiave

Stabilite quanto tempo possono passare navigando su Internet.
La migliore garanzia di tutela per i minori, in generale, è non lasciarli soli in un ambiente popolato da adulti come la Rete.

Strumenti come smartphone, tablet, computer, assistenti digitali, console per videogiochi e smart TV offrono opportunità̀ di divertimento, ma anche di apprendimento e di educazione possono però nascondere alcune insidie e qualche pericolo se utilizzati da minori senza la supervisione di un adulto.

E’ bene allora essere informati e provare a riflettere su quali accortezze è possibile mettere in campo per garantire un uso consapevole
e soprattutto sicuro da parte dei più̀ piccoli.

LE «INSIDIE» DELLA RETE

Un minore che utilizza strumenti connessi alla Rete potrebbe, anche involontariamente:

• –  rivelare a sconosciuti informazioni su dove abita o dove va a scuola, sui percorsi che compie di solito, sulle sue abitudini;

• –  diffondere i dati contenuti nel dispositivo utilizzato (ad esempio: foto, rubrica dei contatti);

• –  fare involontariamente acquisti online o scaricare contenuti, come app e programmi, a pagamento;

• –  consentire a cybercriminali di accedere a dati poi utilizzabili per scopi illeciti (ad esempio: i riferimenti della carta di credito dei genitori);

• –  essere esposto alla visione di materiali pornografici o violenti, o essere vittima di fenomeni come il sexting (cioè, l’invio e la ricezione di messaggi sessualmente espliciti);

• –  entrare in contatto con eventuali malintenzionati;

• –  partecipare ad azioni di cyberbullismo, oppure esserne vittima.

Il garante della Privacy al link https://lnkd.in/dgWib9e indica alcuni accorgimenti e fornisce alcune informazioni necessarie ed utili per prevenire le conseguenze dannose dell’utilizzo della Rete da parte dei minori senza regole e senza supervisione degli adulti .

E’ buona abitudine non lasciare che i più piccoli utilizzino le nuove tecnologie da soli e spiegare loro quali rischi possono correre e cosa è meglio evitare di fare, controllando che non siano entrati in contatto con sconosciuti che potrebbero anche avere cattive intenzioni.

In tema di maltrattamenti in famiglia, la quinta sezione penale della Corte di Cassazione ha affermato che è applicabile la pena accessoria della sospensione della responsabilità genitoriale, prevista dall’art. 34 c.2 c.p., anche quando le condotte di reato, sono dirette verso l’altro, siano indirettamente rivolte contro i figli minori, costringendoli ad assistere, secondo ll’art. 61, comma primo, n. 11-quinquies c.p., ad atti di violenza e sopraffazione che sono destinati ad avere inevitabili conseguenze sulla loro crescita ed evoluzione psico-fisica.
Nel caso di cui si è occupata la Corte, i minori avevano assistito alle violenze, tant’è che alcune volte le forze dell’ordine erano state allertate dagli stessi minori.

Lo ha stabilito appunto  la Corte di Cassazione, Sezione V Penale, con la sentenza del 3 dicembre 2020, n. 34504, mediante la quale ha rigettato il ricorso e confermato la decisione della Corte d’ Appello di Roma.
La pronuncia di legittimità in esame ha avuto origine dal fatto che la Corte d’Appello di Roma, in parziale riforma della sentenza del GUP del Tribunale di Latina emessa nel 2019 all’esito di giudizio abbreviato, aveva ridotto la pena nei confronti di X per i reati di maltrattamenti in famiglia, sequestro di persona e lesioni aggravate ai danni della moglie Z , e aveva ritenuto sussistente  la recidiva reiterata specifica infraquinquennale, rideterminandola in anni quattro, mesi due e giorni venti di reclusione riducendo, altresì, la durata della misura di sicurezza della libertà vigilata ad anni uno e la durata della pena accessoria della sospensione della responsabilità genitoriale, oltre ad intervenire in melius sulle interdizioni disposte in primo grado.
Nella sostanza l’imputato X si era reso autore per anni di maltrattamenti fisici e psicologici nei confronti della moglie, alla presenza dei loro cinque figli minori, instaurando un regime familiare improntato alla prevaricazione e alla violenza, soprattutto scatenantesi dopo l’abuso di sostanze alcoliche cui era dedito, allorquando era solito percuoterla con calci, pugni e schiaffi e ingiuriarla. La condotta di soprusi costante e continuativa ha visto alcuni episodi particolarmente efferati, uno dei quali il 15.4.2018, giorno in cui l’imputato, dopo aver gravemente aggredito la moglie picchiandola, l’ha bloccata sul letto della propria abitazione nel campo nomadi di Roma, costringendola con delle manette ai polsi a non muoversi per oltre sei ore, tagliandole anche i capelli contro la sua volontà alla presenza dei gli minori della coppia.

L’altra manifestazione di particolare violenza è quella registrata il giorno 21.9.2018 quando l’imputato ha stretto al collo in una morsa con le braccia la moglie procurandole le lesioni personali contestate al capo c), dalle quali sono derivate la distorsione e la distrazione del collo della vittima.
Ma a quali reati sia applicabile la pena accessoria di cui all’art. 34 c.p. ?
Secondo il Collegio  rispondono ad un canone comportamentale abusivo della responsabilità genitoriale sia le condotte di reato direttamente rivolte contro i figli minori (a mero titolo esemplificativo: violenze, vessazioni psicologiche e morali, maltrattamenti, persecuzioni e via dicendo), ma anche quelle indirettamente rivolte direttamente contro l’altro genitore ed indirettamente contro i figli i quali di fatto sono costretti   ad assistere, secondo i parametri normativi dettati dall’art. 61, comma primo, n. 11-quinquies, c.p., ad una violenza e sopraffazione destinate ad avere inevitabilmente conseguenze sulla loro crescita ed evoluzione psico-fisica, segnandone il carattere e la memoria.

Sussiste abuso della responsabilità genitoriale quindi  non solo nel caso in cui la violenza assistita  sia stata idonea a configurare di per sé una condotta di maltrattamenti ai danni dei minori, spettatori della violenza o della vessazione di un altro familiare, ma anche quando la violenza assistita sia configurata come aggravante di un reato commesso nei confronti dell’altro familiare.

Il Consiglio dei ministri ha approvato, poche ore fa, le nuove norme sull’uso delle mascherine.

Queste andranno sempre indossate, in tutti i luoghi all’aperto ad eccezione dei casi in cui sia garantita in modo continuativo la condizione di isolamento da altre persone (ad esempio se si va in campagna o nei boschi), nonché in tutti i luoghi chiusi, fatta eccezione per le abitazioni private. Tutti dovremo indossarle sia che si cammini per strada o in piazza, che ci si sieda su una panchina all’aperto o che si aspetti il bus: l’unico esonero è per chi svolge attività fisica/sportiva all’aperto (running, bici, attività a corpo libero). 

Per quanto attiene agli ambienti chiusi, resta l’obbligo, già in vigore, di indossarle negli uffici, nelle palestre, nei negozi, sui mezzi pubblici, nei cinema e nei teatri, nei ristoranti e nei bar (durante l’entrata, l’uscita e gli spostamenti interni al locale), in macchina in presenza di amici e di persone non conviventi.

Per chi non rispetta le nuove prescrizioni verranno comminate multe da 400 a 1000 euro: gli importi restano dunque invariati rispetto a quanto già previsto nelle precedenti disposizioni di legge.

Il soggetto al quale viene applicata la multa potrà fare ricorso al Prefetto o al Giudice di pace, al fine di contestare la sanzione, ma il ricorso dovrà essere supportato da validi motivi, cioè dimostrare di rientrare nella categoria delle persone esonerate dall’obbligo.

Sono infatti esonerati i bambini al di sotto dei sei anni; le persone disabili con patologia incompatibile con la mascherina o un suo accompagnatore; le persone che si trovavano in una delle circostanze in cui la mascherina all’aperto può essere abbassata (per bere, per mangiare, per fumare, durante l’attività sportiva intensa come jogging o bici); le persone che si trovavano in luoghi desolati, ovvero spazi aperti dove non c’è nessuno, come boschi, campagne etc. 

Il ricorso va inoltrato alle Autorità indicate, entro trenta giorni dalla ricezione della sanzione, via Pec o tramite raccomandata A/R, con l’indicazione espressa dei motivi, dei dati anagrafici del ricorrente, della copia fronte/retro di un documento di identità.

Se la multa per il mancato utilizzo della mascherina è stata emessa dai Vigili Urbani, la contestazione dovrà essere inoltrata al Comune; se è stata emessa dalla Polizia provinciale, alla Provincia; se invece è stata emessa da Polizia di Stato, Guardia di Finanza e Carabinieri, andrà inoltrata al Prefetto o al Giudice di Pace.

Ad eccezione del caso in cui il ricorso sia stato presentato direttamente al Giudice di pace, qualora l’Autorità adita rigetti ed emetta un’ordinanza di ingiunzione (con l’applicazione di una sanzione raddoppiata rispetto all’importo originale), nei successivi trenta giorni dalla notifica del rigetto, il ricorrente potrà presentare ulteriore ricorso dinanzi al Giudice di pace. 

Le multe non riguardano, in ogni caso, solo il soggetto che non indossa la mascherina ma potranno estendersi anche a chi, gestore di un locale, non faccia rispettare al suo interno i divieti o gli obblighi previsti. Oltre alla multa da 400 a 1.000 potrebbe essere applicata la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell’esercizio o dell’attività da 5 a 30 giorni.

Per chi viola la quarantena, la sanzione resta quella della multa da 400 a 1000 euro, mentre il mancato rispetto delle restrizioni per chi sa di avere il virus, può comportare – all’esito di un processo penale per epidemia colposa – l’applicazione della sanzione penale dell’arresto da 3 a 18 mesi, oltre che dell’ammenda da 500 a 5.000 euro.

Volevano cambiare le loro vite. Invece hanno fatto la Storia”, così vengono presentate le tre protagoniste de “Il diritto di contare”, donne che sono riuscite a farsi valere e a rendersi visibili alla NASA( National Aeronautics and Space Administration), in un’epoca dove l’essere donna e avere un diverso colore della pelle rappresentava un grosso ostacolo. 

Ottobre, decimo mese dell’anno, simbolo forse per eccellenza dell’autunno e dei suoi colori, da qualche anno è stato dedicato alla salute delle donne e in mezzo ai colori vivaci dell’autunno si è aggiunto il rosa, colore che generalmente rappresenta il genere femminile e per l’occasione avevo piacere a dedicare questa pagina a tutte le donne ma in particolare a quelle che lavorano in ambito scientifico.

La comunità scientifica  mi è sempre apparsa senza nessun tipo di pregiudizio, quello che conta sono le capacità e l’impegno che ognuno mette nel proprio lavoro. Sono cresciuta in un’epoca dove Rita Levi Di Montalcini riceve il Nobel per la Medicina, dove la fisica Fabiola Gianotti è alla guida del CERN ( Conseil européen pour la recherche nucléaire) per ben due volte, dove Samantha Cristoforetti diventa la prima astronauta italiana, Margherita Hack è un’astrofisica con rinomanza internazionale e l’elenco è lunghissimo. Sono stata  fortunata, altre donne si sono battute affinché tutto questo potesse essere possibile. 

Prima della fine dell’Ottocento,  le uniche donne che potevano accedere agli studi erano chiuse in conventi, quindi spesso costrette a fare studi umanistici perché, per chi ha studiato le scienze, quelle che chiamano “dure” (matematica e fisica), sa che l’intuito e il talento se non è accompagnato da una buona base di preparazione non basta per progredire, ma malgrado questa triste situazione, anche in questi anni alcune donne sono riuscite a dare il loro contributo.

La situazione è iniziata a cambiare verso la prima metà del Novecento, ma nel 1961, anno di ambientazione del libro “Il diritto di contare” le cose non erano ancora rosee. Infatti ad esempio alle donne della NASA era consentito fare le così dette “calcolatrici umane”, questo implicava non aver riconosciuto nessun merito e non potevano ancora accedere a tutte le facoltà.

Fortunatamente le cose sono cambiate, oggi vedere donne che hanno una brillante carriera scientifica non ci stupisce più, ma si può fare di meglio, si potrebbe supportare e incoraggiare le ragazze a intraprendere questa carriera così come lo si fa con i ragazzi. Infatti purtroppo ancora si tende a supportare di più i ragazzi e non le ragazze che si avvicinano alla scienza.

C’è ancora molta strada da fare per rimediare ad anni di esclusione delle donne  dalla scienza, ne è testimonianza lo stesso fatto che se ne continui a parlare. 

Inoltre partendo dal presupposto che  la bellezza è soggettiva e che l’intelligenza ha il suo gran bel fascino, sfatiamo anche questo mito delle scienziate associate al “non bell’aspetto”, un esempio tra molti l’attrice Hady Lammar che è anche l’inventrice delle reti wirelless.

La scienza e la cultura in generale rendono, a mio parere, molto più affascinanti le persone, senza un buon argomento da affrontare anche il più galante appuntamento diventerebbe di una noia mortale. 

Questa è la conclusione a cui è giunta la Procura di Velletri all’esito dell’autopsia sul corpo di Willy, da cui è emerso che i colpi non sono stati inferti a caso, ma con l’intento di provocare lesioni mortali.

Pertanto, l’iniziale accusa a carico dei quattro indagati, si è tramutata da omicidio preterintenzionale in volontario, aggravato dai futili motivi: contestazione questa dalle notevoli ripercussioni in termini di gravità della pena che, in caso di condanna, verrebbe irrogata ai colpevoli.

Ma da cosa nasce la scelta del magistrato di mutare il tipo di delitto e che significa che l’omicidio che si contesta non è più preterintenzionale ma volontario?

Nella relazione medico legale il dr. Saverio Potenza parla di «colpi assestati e non casuali». Calci e pugni mirati su organi vitali: al torace, sulla pancia, sul collo. Dunque, la morte è stata un evento voluto.

L’omicidio preterintenzionale si ha, contrariamente, quando chi cagiona la morte vuole solo, ma intenzionalmente, percuotere o ledere, e da tali condotte ne è derivato, causalmente, l’evento letale.

In tal senso il codice penale parla di delitto “oltre l’intenzione”, in quanto dalla propria azione (in questo caso dalle percosse o dalle lesioni) è derivato un evento dannoso più grave di quello voluto.

Per essere ancora più chiari – inizialmente – l’Accusa contestava agli indagati di aver ucciso il povero Willy senza volerlo, ovvero che costoro volessero solo picchiarlo e percuoterlo e che la sua morte sarebbe derivata, causalmente, in conseguenza dei numerosi colpi inferti. Ma l’autopsia ha invece ribaltato i fatti, essendo emerso che il ragazzo è stato vittima di una aggressione prolungata e che i colpi sono stati inferti – anche con armi contundenti – in precise aree del corpo e dunque con l’unico intento di uccidere.

Dati scientifici che per gli investigatori sarebbero stati rafforzati anche dalle dichiarazioni rese dai vari testimoni e dai precedenti penali di alcuni degli indagati.

Dunque, se la versione dell’Accusa dovesse essere confermata e provata anche nel corso del processo, la pena che si prospetta per i responsabili potrebbe essere l’ergastolo.

Ma al di là dei tecnicismi giuridici, che sicuramente incideranno notevolmente (in termini sanzionatori) qualora gli imputati dovessero essere ritenuti colpevoli al termine del  giudizio, resta il fatto che, purtroppo, ancora una volta, la cronaca ci pone davanti a episodi di inaudita violenza, ad esplosioni di aggressività assolutamente ingiustificate e ingiustificabili da parte di giovani contro altri giovani, dove la vita sembra aver perso qualsiasi valore, dove è tutto un gioco portato all’estremo di cui non si comprendono o non si vogliono vedere le conseguenze, dove ciò che conta è solo la “caccia” al diverso, al debole, a chi non si piega alle ingiustizie, a chi lotta per la propria libertà.

E allora ben venga la pena dura, la pena esemplare che ristabilisca gli equilibri rotti dalla violenza futile e priva di logica, che restituisca alle famiglie delle vittime giustizia e non vendetta, ma senza mai dimenticare che il vero impegno sta nella prevenzione, nella cultura della legalità e del rispetto, nella comprensione e nell’accettazione, nell’accoglienza delle differenze e nell’integrazione, perché, se l’unico rimedio a cui appigliarsi è il carcere e la pena, significa che ogni tentativo precedente ha fallito. 

Significa che tutti noi abbiamo fallito perché non siamo stati capaci di comprendere, diffondere e mettere in atto quella “cultura del rispetto verso l’altro” che potrebbe impedire tanti inutili atti di violenza e trasformarci in uomini e donne più consapevoli, in genitori/insegnanti ed educatori attenti, in cittadini migliori e più responsabili.E’ importante che la pena torni ad essere un deterrente e una extrema ratio, come dicevano i primi legislatori, e che si investa in prevenzione e formazione, altrimenti le cronache continueranno a rimandarci l’infinito film di violenze gratuite, fini a se stesse, rivolte ai più fragili e , forse, evitabili.

La Suprema Corte  (Cassazione sez. III Penale, sentenza 2 luglio – 8 settembre 2020, n. 25266 Presidente Rosi – Relatore Macrì) ha ritenuto legittima la contestazione del reato di  la violenza sessuale anche a chi invia foto hard via WhatsApp a un minore.
Così ha deciso  la terza sezione penale della Corte di Cassazione respingendo il ricorso dei legali  di un indagato (uomo) per avere inviato messaggi e foto esplicite ad una minorenne invitandola a fare altrettanto. La difesa aveva sostenuto che “in assenza di incontri con la persona offesa o di induzione a pratiche sessuali via” di fatto sarebbe difettato “l’atto sessuale”.

Woman use of mobile phone at street

Il Tribunale del Riesame però ha sottolineato -osserva la Cassazione- che “la violenza sessuale risultava ben integrata , pur in assenza di contatto fisico, quando gli atti sessuali coinvolgessero la corporeità sessuale della persona offesa e fossero finalizzati a compromettere il bene primario della libertà individuale nella prospettiva di soddisfare il proprio istinto sessuale”.
Inoltre, spiegano i giudici della cassazione,  il Riesame “ha ravvisato i gravi indizi di colpevolezza del reato contestato nell’induzione allo scambio di foto erotiche, nella conversazione sulle pregresse esperienze sessuali ed i gusti erotici, nella crescente minaccia a divulgare in pubblico le chat”.
Con ordinanza in data 9 gennaio 2020 il Tribunale del riesame di Milano ha confermato l’ordinanza del 17 dicembre 2019 del Giudice per le indagini preliminari di Pavia che aveva applicato a ……. la misura della custodia cautelare in carcere per il reato di violenza sessuale.

Il Tribunale del riesame ha ricordato che la violenza sessuale risulta pienamente integrata, pur in assenza di contatto fisico con la vittima, quando gli atti sessuali coinvolgessero la corporeità sessuale della persona offesa e fossero finalizzati e idonei a compromettere il bene primario della libertà individuale nella prospettiva di soddisfare o eccitare il proprio istinto sessuale.

Nello specifico, ha ravvisato i gravi indizi di colpevolezza del reato contestato nell’induzione allo scambio di foto erotiche, nella conversazione sulle pregresse esperienze sessuali ed i gusti erotici, nella crescente minaccia a divulgare in pubblico le chat.

Ed invero, Cass., Sez. 3, n. 8453 del 14/06/1994, Mega, Rv. 198841 – 01 ha qualificato come tentativo di violenza carnale (e non come diffamazione aggravata) il fatto di chi, minacciando – e poi attuando la minaccia – di inviare ai parenti di una donna foto compromettenti scattate in occasione di incontri amorosi con lei precedentemente avuti, tenti di costringerla ad ulteriori rapporti sessuale, non rilevando l’assenza di qualsivoglia approccio fisico, in quanto con l’effettuazione della minaccia, diretta a costringere la persona offesa alla congiunzione, iniziava comunque l’esecuzione materiale del reato; analogamente Cass., Sez. 3, n. 12987 del 03/12/2008 (dep. 2009), Brizio, Rv. 243090 – 01, secondo cui, ai fini della configurabilità del tentativo di atti sessuali con minorenne nel caso in cui il contatto tra il reo ed il minore avvenga mediante comunicazione a distanza, è necessario accertare, da un lato, l’univoca intenzione dell’agente di soddisfare la propria concupiscenza e, dall’altro, l’oggettiva idoneità della condotta a violare la libertà di autodeterminazione sessuale della vittima (fattispecie in cui il reo aveva inviato a mezzo telefono cellulare un SMS ad un minore nel tentativo di indurlo a compiere sulla propria persona atti di autoerotismo).

Più recentemente Cass., Sez. 3, n. 19033 del 26/03/2013, L, Rv. 255295 – 01 ha affermato, con ampi riferimenti alla giurisprudenza già formatasi sul tema, che nella violenza sessuale commessa mediante strumenti telematici di comunicazione a distanza, la mancanza di contatto fisico tra l’autore del reato e la vittima non è determinante ai fini del riconoscimento della circostanza attenuante del fatto di minore gravità. Ha ravvisato l’integrazione del reato di cui all’art. 609-quater cod. pen. nella condotta di richiesta ad un minorenne, nel corso di una conversazione telefonica, di compiere atti sessuali, di filmarli e di inviarli immediatamente all’interlocutore, non distinguendosi tale fattispecie da quella del minore che compia atti sessuali durante una video-chiamata o una video-conversazione, Cass., Sez. 3, n. 17509 del 30/10/2018, dep. 2019, D., Rv. 275595 – 01.

Nello specifico il Tribunale del riesame ha valorizzato anche gli aspetti di contesto sulla persistente dolosa strumentalizzazione dell’inferiorità della vittima da parte dell’agente (Cass., Sez. 3, n. 15412 del 20/09/2017, dep. 2018, C, Rv. 272549).

Nella fattispecie  la circostanza che l’indagato avesse perpetrato le stesse condotte nei confronti di altre minori, dimostrando di non saper controllare le proprie pulsioni, di lavorare all’estero e di non essere rientrato specificamente per consegnarsi alle forze dell’ordine, di poter continuare a minacciare le vittime nonché reiterare le condotte delittuose a mezzo l’uso di strumenti informatici – sono logici e razionali ed hanno ben giustificato la conferma della misura della custodia cautelare in carcere).

E’ necessario vigilare sull’utilizzo della chat, delle messaggerie, dei social e degli strumenti di comunicazione informatiche dei nostri giovani figli specie se piccoli o minori, la gravità delle conseguenze per la loro salute psico fisica è notevole, le conseguenze che ne possono derivare poi nel passaggio dal virtuale al reale incommensurabili.

Occorre attivarsi nel modo adeguato, chiedendo anche aiuto, aprendosi al dialogo, non accettando la recisa volontà di un figlio piccolo che vi nega l’accesso in ogni modo al proprio telefono.
E’ considerato uno dei campanelli di allarme.La posta in gioco è alta, la scuola non è sufficiente e lue istituzioni non sono in grado di dare supporto in questo tipo di vicende.
Spetta a chi è vicino quotidianamente ai figli attivarsi e cercare di intercettare o prevenire certi rischi o certe condotte.

Sui social tra le tante notizie della “pandemia”, spopola la
notizia di un asteroide che il 29 aprile “sfiorerà l’atmosfera terrestre”; cosa
c’è di vero?

Iniziamo con lo scoprire che cosa sono gli asteroidi. Essi sono
dei piccoli corpi celesti rocciosi, generalmente di forma irregolare, sono
anche detti pianetini per le loro dimensioni molto piccole, se paragonate a
quella dei pianeti e degli altri corpi celesti. Si pensa si siano formati
quando il sistema solare era molto giovane, quando iniziavano a formarsi le
prime aggregazioni di materia, dalle quali sono nati poi il Sole e i pianeti. Insomma,
gli asteroidi dovrebbero essere delle aggregazioni che non hanno avuto più un
seguito e sono rimaste intrappolate nei campi gravitazionali dei “loro
fratelli” più grandi, destinati a scontrarsi e cambiare spesso la loro forma e
il loro aspetto.  Esistono due grandi
categorie di asteroidi basate sulla loro provenienza: un gruppo di asteroidi,
si trova nello spazio tra Marte e Giove (fascia principale), un altro gruppo
numeroso si trova oltre Nettuno (fascia di Kuiper). Tutti questi oggetti, se
non catturati dal campo gravitazionale di qualche pianeta, che li
costringerebbe a cambiare il centro della loro orbita, orbitano intorno al Sole
e come le comete, di cui abbiamo parlato il mese scorso, possono intersecare
l’orbita terrestre e quindi passare nelle nostre vicinanze o addirittura
urtarci.

Esistono degli asteroidi che hanno delle orbite “pericolose”, che
periodicamente intersecano l’orbita terrestre ad una distanza inferiore di 7,5
milioni di km dalla Terra, ma astronomi e astrofisici li tengono in
osservazione e studiano da anni metodi per evitare uno scontro se mai si
rivelasse necessario. 

L’asteroide che in questo periodo fa tanto parlare di se si chiama
1998 OR2 (la seconda parte del nome per assonanza fa pensare un po’ ad uno dei
droidi di Star Wars) ed ha un diametro stimato che va da 1,8 a 4,1 Km, quindi
circa grande come l’isola di Ischia. Questo asteroide rientra nella categoria
di “asteroidi pericolosi”, il 29 aprile volerà a circa 6,1 milioni di km da
noi, ad una distanza che è circa 16 volte quella tra Terra e Luna.  A questa distanza è difficile che si
sentiranno gli effetti del suo passaggio, probabilmente, secondo gli esperti
dell’agenzia spaziale americana (NASA), non riusciremo neppure a vederlo senza
l’aiuto di un buon telescopio.  Pare che
avremo modo di salutarlo ancora a maggio del 2031, ma ad una distanza che sarà
il doppio di quella del prossimo fine mese.

Questi sorvoli ravvicinati (flybys) dunque serviranno solo agli
esperti per migliorare la stima dell’orbita di questa roccia spaziale e per
osservarla più da vicino. Noi in questo periodo così surreale dovremmo
accontentarci di osservare l’abbraccio virtuale che si scambiano Venere e Luna,
abbraccio al quale si uniranno, tra pochi giorni, anche Giove, Marte e Saturno.
Questi corpi celesti saranno ben visibili ad occhio nudo e potete aiutarvi a
individuarli scaricando sul vostro smartphone l’applicazione Mappa Stellare o
Google Sky Map. Mentre loro saranno costretti per sempre ad abbracciarsi solo
virtualmente noi “torneremo ad abbracciarci” da vicino e per vicino non
intendiamo di certo la distanza che ci separerà il 29 settembre da R2-D2…ah
no scusate, 1998 OR2. Che la forza sia con… sto sbagliando ancora, questa era
un’altra storia.

(Immagine creata componendo immagini recuperate dal web)

A causa dell’emergenza “Coronavirus”
sono state adottate misure di distanziamento sociale che hanno costretto
un’intera popolazione ad adeguarsi a nuove modalità di vita.

Anche nel settore della ricerca
scientifica
vi è stata una rimodulazione di tutte le attività, spostando e
concentrando il “focus” sui fattori che maggiormente hanno e avranno una ricaduta
sulle “persone”, non solo in questo momento ma anche nei periodi
successivi in cui, lentamente, verranno rimesse in moto tutte quelle attività
quotidiane che siamo stati costretti a rivedere per far fronte all’emergenza.

Dalla collaborazione tra il Laboratorio di Psicologia Sperimentale Applicata, il Laboratorio di Ergonomia Cognitiva e il Laboratorio di Psicofisiologia del Sonno del Dipartimento di Psicologia, Sapienza Università di Roma è nata la ricerca Epsilon-COVID-19, i cui responsabili sono  il Prof. Luigi De Gennaro,  il Prof. Fabio Ferlazzo e la Prof.ssa Anna Maria Giannini, Coordinatori di tre Laboratori rilevanti afferenti ad un Dipartimento di Eccellenza per la ricerca.

Lo scopo della ricerca è quello
di monitorare l’impatto psicologico delle condizioni di isolamento e
confinamento presenti in Italia come conseguenza dei provvedimenti di
contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2. Si tratta di uno studio
focalizzato su aspetti cognitivi (tra i quali, ad esempio, i processi
decisionali, le performance, i processi attentivi), affettivi (quali, ad
esempio, il tono dell’umore, l’irritabilità, le emozioni provate, le strategie
di fronteggiamento di eventi stressanti), e psicofisiologici, come la qualità
del sonno, che prevede un monitoraggio con cadenza settimanale.

La partecipazione alla ricerca è
resa possibile dalla fruibilità dei contenuti attraverso la maggior parte dei
dispositivi in commercio quali Smartphone, Tablet, Computer
portatili o desktop.

Perché è importante partecipare
alla ricerca?

Tutti stiamo vivendo in prima
persona questa emergenza, sia coloro che si muovono in prima linea, che siano
medici, infermieri, operatori sanitari, forze dell’ordine, autotrasportatori,
volontari, commesse e commessi dei supermercati e tutti coloro che in qualche
modo si stanno adoperando, ma anche e soprattutto tutti coloro ai quali è stato
chiesto di restare a casa per contenere la diffusione della pandemia.

Il richiamo è certamente al “senso
di comunità”
, anche rispetto al preziosissimo contributo che è
possibile fornire attraverso la partecipazione alla ricerca scientifica. Senza
lo sviluppo scientifico non c’è progresso, ed è proprio attraverso
l’approfondimento e la conoscenza che è possibile l’avanzamento della
comprensione delle dinamiche individuali e della società.

Quel che emergerà da questo studio
sarà certamente utile a comprendere il vissuto più profondo della popolazione
durante il periodo di isolamento per poi poter far fronte ai bisogni e alle eventuali
richieste di aiuto che perverranno. L’auspicio è che si possano adottare le
necessarie strategie per far fronte a quelle che potrebbero essere nuove
emergenze legate al post-isolamento/distanziamento sociale e/o al burnout di
coloro che sono stati in prima linea, per fronteggiare le difficoltà e valorizzare
le risorse che ogni individuo porta dentro di sé.

Perché i dati forniti siano attendibili è necessario che la partecipazione venga estesa al maggior numero possibile di persone. Pertanto, vi chiediamo di partecipare e diffondere questa preziosissima ricerca attraverso il link che segue!

Epsilon-COVID-19