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‘La Terza Pagina’ Category

foto @ https://thevision.com

Di Sandro Pertini restano alcune immagini indimenticabili, consegnate alla memoria da spezzoni televisivi.
Sono immagini che hanno scandito alcuni degli avvenimenti della storia italiana, come, per esempio, la strage alla stazione di Bologna o la vittoria dei Mondiali di calcio nel 1982.
In tutti quegli avvenimenti Pertini era presente sia nel suo ruolo istituzionale sia con la sua carica di grande umanità, con la sua storia che veniva da lontano, dalla guerra partigiana e dalla prigionia sotto il fascismo.
Era una figura che gli italiani sentivano vicina.
Divenne una sorta di nonno per i bambini e una vera e propria icona Pop.

PAZ, il geniale e visionario artista Andrea Pazienza vedeva in Pertini l’ultimo esemplare di una razza di uomini duri ma puri come bambini“, una luce nella notte di una prima Repubblica compromessa dalla corruzione e dal malaffare.
Con profonda ammirazione e complicità affettuosa lo trasformò in fumetto, dedicandogli storie, sketch umoristici, tavole e tantissimi disegni.
Un campionario vastissimo e prezioso, che si estende dal 1978 al 1987, e che vede persino il luogosergente Paz fare da spalla al temibilissimo Pert in imprese in nome della libertà e della giustizia.
Testimonianza di come Pertini fosse uno dei personaggi principali nell’immaginario dell’artista.
Pertini ebbe sempre un rapporto divertito con la satira che lo prendeva di mira, tanto da avere una collezione di tutte le sue caricature e invitare al Quirinale i vari autori, da Tullio Pericoli alla redazione del “Canard enchainé”.

Dalla mostra «Paz e Pert» a Roma al Palazzo Incontro
(2010 Fandango Libri S.r.l. Copyright Mariella e Michele Pazienza)

Nella sua figura, come mai prima di allora e come mai sarebbe accaduto dopo, un’intera nazione si riconosceva e riconosceva i valori ‘puliti’ della politica e ciò che la politica dovrebbe rappresentare nella sua accezione più alta: solidarietà, vicinanza e attenzione alle persone.

Ricordare Pertini, raccontarne la storia, ha senso non solo perchè ci consente di ripercorrere la storia di un italiano che attraversa il Novecento con piglio energico e picaresco, ma perchè ci permette anche di fare un punto su noi stessi, su come eravamo e su ciò che siamo diventati.
Ci restituisce l’idea che possa esistere una politica in grado di tracciare la linea di un’etica civile e solidale, capace di guidare una società dialogante, aperta e più conciliante.

Ph. Donatella Lavizzari

Andrea Santonastaso
foto @ https://teatrodellargine.org

Realizzare uno spettacolo biografico non è mai facile perchè si rischia di cadere nel didascalismo o, ancor peggio, nell’agiografia. Soprattutto quando si vuole affrontare una figura come quella di Sandro Pertini, che si staglia come un gigante nella memoria e nell’immaginario collettivo, capace di rassicurare un’intera nazione durante gli anni difficili, a cavallo tra i Settanta e gli Ottanta.

Andrea Santonastaso
foto @ https://teatrodellargine.org

Nicola Bonazzi, Andrea Santonastaso e Christian Poli hanno accolto questa grande sfida.
SANDRO è senza dubbio alcuno, un’opera teatrale che dipinge al meglio la figura del ‘primo impiegato italiano’, ‘del politico mai Ministro‘, come lui stesso amava definirsi.
Nelle parole di Poli e Bonazzi (SANDRO è scritto da Christian Poli, con inserti drammaturgici e regia di Nicola Bonazzi) e attraverso la voce e la forte presenza scenica di Andrea Santonastaso, prende vita quel piccolo grande uomo che mai si è piegato.

Andrea Santonastaso
foto @ https://teatrodellargine.org

Andrea Santonastaso
foto @ https://teatrodellargine.org

Con un monologo, viene raccontato il carismatico Presidente e, al tempo stesso, l’uomo perseguitato, il partigiano, il combattente per la libertà e l’uguaglianza.
Una voce politica in grado di dire cose spesso scomode (come per es. i rischi di un fascismo sempre incombente), dette in virtù di una vita passata per 13 anni in reclusione e in confino, a causa della lotta serrata contro la dittatura.
SANDRO è uno spettacolo a ‘tesi’ perchè prova a ricordarci che sono esistite persone che hanno combattuto per i propri ideali, fino a pagarne conseguenze molto gravi.

Ph. Donatella Lavizzari

Pertini Alessandro, del fu Alberto e di Muzio Maria, avvocato, socialista, fu confinato politico nell’isola di Ventotene.
Qui di seguito, voglio riportare uno stralcio di un suo racconto, pubblicato in Italia, il terzo volume della Geografia di Enzo Biagi.

Domenica 25 luglio: una serata come tutte le altre. Quando la radio diede il comunicato ci avevano già rinchiusi nel camerone.
Eravamo più di settecento, nella stragrande maggioranza comunisti: Longo, Terracini, Scoccimarro, Camilla Ravera, Secchia. Poi c’erano Ernesto Rossi e Riccardo Bauer, del partito d’azione, e anche degli anarchici, gente che veniva dalle prigioni, naturalmente, che aveva fatto la guerra in Spagna, che era stata nei campi di concentramento francesi.

…. Noi laggiù vivevamo secondo regole immutate, che dovevano essere rispettate con rigore: si poteva uscire dagli stanzoni, dove alloggiavano dalle tre alle cinquanta persone, verso le otto del mattino, bisognava rientrare per le otto di sera.
Non si doveva superre un certo limite, appunto, il confino.

Camilla Ravera racconta nelle sue memorie le strade sassose, le siepi gialle dei fichi d’India, il mare grande e azzurro che ci circondava: paesaggi che erano vietati.

….Un giorno il direttore mi mandò a chiamare: ‘Ho una bella notizia per voi. E’ arrivato un telegramma che dispone per la vostra liberazione’.
‘ Grazie’ dissi. ‘Però io non me ne vado finchè qui resta uno solo di noi
.’
Ma Camilla Ravera, che diede sempre prova di una straordinaria forza morale, Terracini e altri, mi convinsero che dovevo partire, per andare a perorare la causa dei detenuti, e così non diedi pace a Senise, Capo della Polizia, e a Ricci, che era agli Interni; li andavo a trovare ogni giorno con Bruno Buozzi. Erano restii, avevano nei confronti dei comunisti paura e odio. Minacciammo uno sciopero generale e l’argomento li convinse.
Quando arrivò l’ultimo di Ventotene, potei andare a trovare mia madre.
Era molto vecchia e mi attendeva. Stava sempre seduta su un muretto che circondava la nostra casa. ‘Che cosa fa signora?’ le domandavano. ‘Aspetto Sandro‘ rispondeva.”

Ph. Donatella Lavizzari

Pertini ha combattuto per i propri ideali, mai asseriti in maniera semplicistica o ingenua, ma sempre dentro l’agone delle idee, con la forza combattiva di chi si oppone ad una visione sopraffattoria della politica.
Per questo motivo, nello spettacolo, la vicenda biografica di Pertini viene contrappuntata da una voce ‘corale’, l’Odiatore, che prova a rappresentare grottescamente questi impulsi violenti, prevaricatori, di cui spesso siamo tutti preda: perchè SANDRO non vuole essere solo il racconto della vita di un uomo, ma prova a rappresentare la possibilità, l’utopia, il desiderio di un’umanità più cordiale e disponibile.
Come cornice, una scenografia essenziale, minimalista, ma caratterizzata da una forte potenza suggestiva e animata dall’alternarsi di buio e luce, e dai bellissimi disegni dello stesso Santonastaso, che vengono, di volta in volta, proiettati sulla quinta scenica.

SANDRO è uno spettacolo che ti entra dentro, ti avvolge in un abbraccio fatto di emozioni, pensieri, sentimenti, riflessioni, … e tu stai lì, immobile.
Ascolti, respiri, chiudi gli occhi… e ti lasci andare in quell’incanto chiamato Teatro.

GRAZIE ad Andrea Santonastaso, Artista Necessario.

https://youtu.be/6uqf8kqy5Mg

LA GIUSTIZIA PREDITTIVA (PREVEDERE L’ESITO DI UN GIUDIZIO) si può, e non è frutto di magia o di astrologia.

Luigi Viola è un collega Avvocato con studio a Roma e Lecce, titolare di cattedra di Diritto Processuale Civile, che il 17.12.2015, presso la Camera dei Deputati, è stato premiato per la sua attività “per aver avviato all’attività legale centinaia di giovani “.

Proprio presso la Camera dei Deputati ha presentato il suo modello matematico di equazione dell’interpretazione perfetta della legge; perfezionato e poi confluito nel libro sulla Interpretazione della legge con modelli matematici, pubblicato nel 2017.

È possibile quindi prevedere l’esito di un giudizio e certamente non bisogna ricorrere né a maghi, né a fattucchiere o ad astrologi.

..Men che meno ad Azzeccagarbugli di manzoniana memoria, lo chiedo quindi all’ autore/inventore della formula, a grande richiesta, affinché ci spieghi il funzionamento di questa espressione originale, ambita e desiderata.

Cosa si intende per giustizia predittiva e ”interpretazione della legge con modelli matematici” ?

Per definire la giustizia predittiva si può utilizzare quanto ho scritto nella relativa voce Treccani: “deve intendersi la possibilità di prevedere l’esito di un giudizio tramite alcuni calcoli; non si tratta di predire tramite formule magiche, ma di prevedere la probabile sentenza, relativa ad uno specifico caso, attraverso l’ausilio di algoritmi”.

Non vi è la volontà di sostituire la giustizia dei tribunali con quella degli algoritmi, ma cercare di prevedere le eventuali conseguenze giuridiche di un comportamento con maggiore precisione.

Come si può fare questo?

Si può fare modellizzando l’interpretazione della legge; l’interpretazione della legge con modelli matematici è uno dei possibili strumenti per prevedere l’esito del processo. Anzi, credo sia lo strumento più corretto in quanto più allineato alla lettera della legge e più coerente con il nostro sistema di civil law.

Inoltre è il titolo di un libro che ho scritto, se posso dirlo, al quale sono molto legato, che è stato Best Seller Amazon in classifiche di internazionali di Law General e tradotto in 5 lingue (inglese, tedesco, spagnolo, francese, greco).

Come ti sei appassionato a queste materie così particolari?

Per la verità è stata una cosa naturale e credo possa succedere a qualsiasi avvocato.

Ho notato che quasi tutti i clienti che vengono in studio, dopo aver spiegato i fatti, chiedono se è possibile fare causa e che possibilità ci sono di successo.

La risposta a questo tipo di domanda non può che essere generica, per lo più legata allo studio della casistica giurisprudenziale di legittimità e di merito, addirittura dello specifico tribunale ad quem.

Eppure, volevo cercare di rispondere in modo più preciso, verrebbe quasi da dire giurimetrico, che è poi la branca del diritto che mi ha davvero illuminato.

Così ho iniziato a studiare per circa 10 anni l’andamento del sistema processuale: da come le questioni iniziano in primo grado, come si formano orientamenti e come – poi – la Cassazione privilegia un orientamento ad un altro: ho letto quasi 50000 sentenze, anche per merito dell’incarico alla direzione di Altalex Massimario, affidatami dall’amico Alessandro Buralli.

Dopo questo studio ho iniziato a confrontarmi con colleghi e professori universitari anche appartenenti a materie diverse, come matematica ed ingegneria.

Mi sono reso conto che il diritto per essere davvero certo non deve ripudiare le c.d. scienze esatte, ma deve acquisirle. In fondo anche nel diritto c’è matematica, come agevolmente desumibile da una riflessione sui termini processuali, sulla materia della divisione, delle quote condominiali e societarie, si è addirittura arrivati a quantificare il dolore umano tramite il meccanismo delle tabelle. 

Anzi mi piace ricordare, come detto spesso e scritto da un caro collega (Danzi), che l’etimologia del termine matematica deriva da  MAAT,  che nell’antico Egitto  era la dea non solo della verità,  della giustizia, della legge, ma anche dell’ordine,  della misura, dell’armonia, che sono concetti matematici;  la giustizia veniva assicurata  attraverso la misura; la dea Maat quindi coniugava i  valori etici con i principi matematici. Furono proprio le questioni giuridiche a dare impulso nell’antico Egitto allo sviluppo della matematica; le inondazioni del Nilo, infatti, causavano la cancellazione dei confini tra i fondi agricoli, per cui quando le acque si ritiravano non era più possibile individuare le singole proprietà; la geometria nasceva per risolvere questi conflitti giuridici.

Ne prevedi un’ampio sviluppo e una concreta e frequente applicazione?

Direi di sì; la giustizia predittiva, seppur con un modello parzialmente diverso, da quello da me sostenuto, è di fatto una realtà. Ne sono prova i progetti di giustizia predittiva delle Corti di Appello di Brescia, Venezia e Bari (che ha sviluppato dello ottime schede per la prevedibilità); nell’automating society 2020, che riguarda 16 Paesi, è stato dedicato ampio spazio all’Italia, con particolare attenzione ai progetti di “Predictive policing” e “Predictive justice“: si è detto che l’Italia è avanti rispetto ad altri Paesi.

L’esigenza di prevedibilità delle decisioni giudiziarie è stata auspicata anche dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella laddove ha detto che nostri cittadini hanno diritto a poter contare sulla certezza del diritto e sulla prevedibilità della sua applicazione rispetto ai loro comportamenti (in occasione della Cerimonia commemorativa del 18.6.2020, dedicata ai Magistrati uccisi nell’esercizio del loro lavoro).

Il problema oggi non è nell’an, ovvero se la giustizia predittiva esisterà o meno, ma è nel quomodo: dobbiamo decidere quale modello di giustizia predittiva privilegiare, quale è più efficace, quale è più rispettoso del contraddittorio e difesa delle parti nel processo. Non si deve in alcun modo correre il rischio di creare una giurisprudenza appiattita che pretermetta la specificità delle singole argomentazioni prospettate dagli avvocati.

Qualcuno parla addirittura di giudice robot: personalmente sono contrario perché mi sembra contro il principio di giudice naturale precostituito per legge ex art. 25 Cost., giusto processo ex art. 111 Cost., natura umana del giudice per come desumibile dall’art. 51 c.p.c.

Anzi sono più per la giurimetria che per l’informatica: la prima assicura una trasparenza matematica dove è possibile verificare, passo dopo passo, il ragionamento svolto dalle premesse fino alla conclusione, diversamente dalla seconda che rischia di essere più “opaca”. Tutto deve essere trasparente: è stato ricordato anche dal Consiglio di Stato (881/2020).

I consigli e la prevenzione perché i Grandi possano aiutare i Piccoli



La Polizia Postale e delle Comunicazioni ha partecipato alla stesura del Codice di autoregolamentazione “Internet e Minori”, in collaborazione con il Ministero delle Comunicazioni, dell’Innovazione e le Tecnologie e le Associazioni degli Internet Service Providers. ll Codice nasce per aiutare adulti, minori e famiglie nell’uso corretto e consapevole di Internet, fornendo consigli e suggerimenti.

Consigli per i genitori:

• Insegnate ai bambini più piccoli l’importanza di non rivelare in Rete la loro identità. Spiegategli che è importante per la loro sicurezza e per quella di tutta la famiglia non fornire dati personali (nome, cognome, età, indirizzo, numero di telefono, nome e orari della scuola, nome degli amici).

• Spiegate ai vostri figli come navigare sicuri anche se sapete che vostro figlio non sembra interessato a Internet. A scuola, a casa dell’amico del cuore, in un Internet cafè potrebbe comunque avere voglia di navigare sulla Rete ed è bene che sia al corrente di quali semplici e importanti regole deve seguire per essere sicuro e protetto mentre si diverte.

• Controllate i più piccoli affiancandoli nella navigazione in modo da capire quali sono i loro interessi e dando consigli sui siti da evitare e su quelli da visitare.

• Collocate il computer in una stanza centrale della casa piuttosto che nella camera dei ragazzi. Vi consentirà di dare anche solo una fugace occhiata ai siti visitati senza che vostro figlio si senta “sotto controllo”.

• Impostate la “cronologia” in modo che mantenga traccia per qualche giorno dei siti visitati. Controllate periodicamente il contenuto dell’hard disk del computer.

• Insegnate ai vostri figli preadolescenti e adolescenti a non accettare mai di incontrarsi personalmente, magari di nascosto, con chi hanno conosciuto in Rete. Spiegate come un computer collegato a Internet sia per alcune persone male intenzionate il modo migliore per nascondere propositi criminali dietro bugie e false identità, a volte molto attraenti.

• Spiegate ai vostri figli, soprattutto in età preadolescenziale, che la propria intimità sessuale non va condivisa sulla rete in nessun modo, in quanto la pubblicazione di foto e video a contenuto esplicitamente sessuale sul web crea soltanto disagio fino ad arrivare alle conseguenze più gravi con risvolti penali.  La trasformazione del proprio corpo va vissuta in maniera serena senza strumentalizzazioni di alcun tipo, cercando di estrinsecare i propri dubbi in tal senso con fiducia e con riflessione agli adulti di riferimento”.

• Leggete le e-mail con i bambini più piccoli controllando ogni allegato al messaggio. Se non conoscete il mittente non aprite l´e-mail, nè eventuali allegati: possono contenere virus, troiani o spyware in grado di alterare il funzionamento del vostro computer. Date le stesse indicazioni ai ragazzi più grandi.

• Tenete aggiornato un buon antivirus e un firewall che proteggano continuamente il vostro pc e chi lo utilizza.

• Dite ai bambini di non rispondere quando ricevono messaggi di posta elettronica di tipo volgare, offensivo e, allo stesso tempo, invitarli a non usare un linguaggio scurrile o inappropriato e a comportarsi correttamente in rete.

• Spiegate ai bambini che può essere pericoloso compilare moduli on line e dite loro di farlo solo dopo avervi consultato.

• Cercate di stare vicino ai bambini quando creano profili legati ad un nickname per usare programmi di chat.

• Non lasciate troppe ore i bambini e i ragazzi da soli in Rete. Stabilite quanto tempo possono passare navigando su Internet: limitare il tempo che possono trascorrere on-line significa limitare di fatto l’esposizione ai rischi della Rete.

• Usate software “filtri” con un elenco predefinito di siti da evitare. É opportuno però verificare periodicamente che funzionino in modo corretto e tenere segreta la parola chiave

Stabilite quanto tempo possono passare navigando su Internet.
La migliore garanzia di tutela per i minori, in generale, è non lasciarli soli in un ambiente popolato da adulti come la Rete.

Strumenti come smartphone, tablet, computer, assistenti digitali, console per videogiochi e smart TV offrono opportunità̀ di divertimento, ma anche di apprendimento e di educazione possono però nascondere alcune insidie e qualche pericolo se utilizzati da minori senza la supervisione di un adulto.

E’ bene allora essere informati e provare a riflettere su quali accortezze è possibile mettere in campo per garantire un uso consapevole
e soprattutto sicuro da parte dei più̀ piccoli.

LE «INSIDIE» DELLA RETE

Un minore che utilizza strumenti connessi alla Rete potrebbe, anche involontariamente:

• –  rivelare a sconosciuti informazioni su dove abita o dove va a scuola, sui percorsi che compie di solito, sulle sue abitudini;

• –  diffondere i dati contenuti nel dispositivo utilizzato (ad esempio: foto, rubrica dei contatti);

• –  fare involontariamente acquisti online o scaricare contenuti, come app e programmi, a pagamento;

• –  consentire a cybercriminali di accedere a dati poi utilizzabili per scopi illeciti (ad esempio: i riferimenti della carta di credito dei genitori);

• –  essere esposto alla visione di materiali pornografici o violenti, o essere vittima di fenomeni come il sexting (cioè, l’invio e la ricezione di messaggi sessualmente espliciti);

• –  entrare in contatto con eventuali malintenzionati;

• –  partecipare ad azioni di cyberbullismo, oppure esserne vittima.

Il garante della Privacy al link https://lnkd.in/dgWib9e indica alcuni accorgimenti e fornisce alcune informazioni necessarie ed utili per prevenire le conseguenze dannose dell’utilizzo della Rete da parte dei minori senza regole e senza supervisione degli adulti .

E’ buona abitudine non lasciare che i più piccoli utilizzino le nuove tecnologie da soli e spiegare loro quali rischi possono correre e cosa è meglio evitare di fare, controllando che non siano entrati in contatto con sconosciuti che potrebbero anche avere cattive intenzioni.

In tema di maltrattamenti in famiglia, la quinta sezione penale della Corte di Cassazione ha affermato che è applicabile la pena accessoria della sospensione della responsabilità genitoriale, prevista dall’art. 34 c.2 c.p., anche quando le condotte di reato, sono dirette verso l’altro, siano indirettamente rivolte contro i figli minori, costringendoli ad assistere, secondo ll’art. 61, comma primo, n. 11-quinquies c.p., ad atti di violenza e sopraffazione che sono destinati ad avere inevitabili conseguenze sulla loro crescita ed evoluzione psico-fisica.
Nel caso di cui si è occupata la Corte, i minori avevano assistito alle violenze, tant’è che alcune volte le forze dell’ordine erano state allertate dagli stessi minori.

Lo ha stabilito appunto  la Corte di Cassazione, Sezione V Penale, con la sentenza del 3 dicembre 2020, n. 34504, mediante la quale ha rigettato il ricorso e confermato la decisione della Corte d’ Appello di Roma.
La pronuncia di legittimità in esame ha avuto origine dal fatto che la Corte d’Appello di Roma, in parziale riforma della sentenza del GUP del Tribunale di Latina emessa nel 2019 all’esito di giudizio abbreviato, aveva ridotto la pena nei confronti di X per i reati di maltrattamenti in famiglia, sequestro di persona e lesioni aggravate ai danni della moglie Z , e aveva ritenuto sussistente  la recidiva reiterata specifica infraquinquennale, rideterminandola in anni quattro, mesi due e giorni venti di reclusione riducendo, altresì, la durata della misura di sicurezza della libertà vigilata ad anni uno e la durata della pena accessoria della sospensione della responsabilità genitoriale, oltre ad intervenire in melius sulle interdizioni disposte in primo grado.
Nella sostanza l’imputato X si era reso autore per anni di maltrattamenti fisici e psicologici nei confronti della moglie, alla presenza dei loro cinque figli minori, instaurando un regime familiare improntato alla prevaricazione e alla violenza, soprattutto scatenantesi dopo l’abuso di sostanze alcoliche cui era dedito, allorquando era solito percuoterla con calci, pugni e schiaffi e ingiuriarla. La condotta di soprusi costante e continuativa ha visto alcuni episodi particolarmente efferati, uno dei quali il 15.4.2018, giorno in cui l’imputato, dopo aver gravemente aggredito la moglie picchiandola, l’ha bloccata sul letto della propria abitazione nel campo nomadi di Roma, costringendola con delle manette ai polsi a non muoversi per oltre sei ore, tagliandole anche i capelli contro la sua volontà alla presenza dei gli minori della coppia.

L’altra manifestazione di particolare violenza è quella registrata il giorno 21.9.2018 quando l’imputato ha stretto al collo in una morsa con le braccia la moglie procurandole le lesioni personali contestate al capo c), dalle quali sono derivate la distorsione e la distrazione del collo della vittima.
Ma a quali reati sia applicabile la pena accessoria di cui all’art. 34 c.p. ?
Secondo il Collegio  rispondono ad un canone comportamentale abusivo della responsabilità genitoriale sia le condotte di reato direttamente rivolte contro i figli minori (a mero titolo esemplificativo: violenze, vessazioni psicologiche e morali, maltrattamenti, persecuzioni e via dicendo), ma anche quelle indirettamente rivolte direttamente contro l’altro genitore ed indirettamente contro i figli i quali di fatto sono costretti   ad assistere, secondo i parametri normativi dettati dall’art. 61, comma primo, n. 11-quinquies, c.p., ad una violenza e sopraffazione destinate ad avere inevitabilmente conseguenze sulla loro crescita ed evoluzione psico-fisica, segnandone il carattere e la memoria.

Sussiste abuso della responsabilità genitoriale quindi  non solo nel caso in cui la violenza assistita  sia stata idonea a configurare di per sé una condotta di maltrattamenti ai danni dei minori, spettatori della violenza o della vessazione di un altro familiare, ma anche quando la violenza assistita sia configurata come aggravante di un reato commesso nei confronti dell’altro familiare.

Il Consiglio dei ministri ha approvato, poche ore fa, le nuove norme sull’uso delle mascherine.

Queste andranno sempre indossate, in tutti i luoghi all’aperto ad eccezione dei casi in cui sia garantita in modo continuativo la condizione di isolamento da altre persone (ad esempio se si va in campagna o nei boschi), nonché in tutti i luoghi chiusi, fatta eccezione per le abitazioni private. Tutti dovremo indossarle sia che si cammini per strada o in piazza, che ci si sieda su una panchina all’aperto o che si aspetti il bus: l’unico esonero è per chi svolge attività fisica/sportiva all’aperto (running, bici, attività a corpo libero). 

Per quanto attiene agli ambienti chiusi, resta l’obbligo, già in vigore, di indossarle negli uffici, nelle palestre, nei negozi, sui mezzi pubblici, nei cinema e nei teatri, nei ristoranti e nei bar (durante l’entrata, l’uscita e gli spostamenti interni al locale), in macchina in presenza di amici e di persone non conviventi.

Per chi non rispetta le nuove prescrizioni verranno comminate multe da 400 a 1000 euro: gli importi restano dunque invariati rispetto a quanto già previsto nelle precedenti disposizioni di legge.

Il soggetto al quale viene applicata la multa potrà fare ricorso al Prefetto o al Giudice di pace, al fine di contestare la sanzione, ma il ricorso dovrà essere supportato da validi motivi, cioè dimostrare di rientrare nella categoria delle persone esonerate dall’obbligo.

Sono infatti esonerati i bambini al di sotto dei sei anni; le persone disabili con patologia incompatibile con la mascherina o un suo accompagnatore; le persone che si trovavano in una delle circostanze in cui la mascherina all’aperto può essere abbassata (per bere, per mangiare, per fumare, durante l’attività sportiva intensa come jogging o bici); le persone che si trovavano in luoghi desolati, ovvero spazi aperti dove non c’è nessuno, come boschi, campagne etc. 

Il ricorso va inoltrato alle Autorità indicate, entro trenta giorni dalla ricezione della sanzione, via Pec o tramite raccomandata A/R, con l’indicazione espressa dei motivi, dei dati anagrafici del ricorrente, della copia fronte/retro di un documento di identità.

Se la multa per il mancato utilizzo della mascherina è stata emessa dai Vigili Urbani, la contestazione dovrà essere inoltrata al Comune; se è stata emessa dalla Polizia provinciale, alla Provincia; se invece è stata emessa da Polizia di Stato, Guardia di Finanza e Carabinieri, andrà inoltrata al Prefetto o al Giudice di Pace.

Ad eccezione del caso in cui il ricorso sia stato presentato direttamente al Giudice di pace, qualora l’Autorità adita rigetti ed emetta un’ordinanza di ingiunzione (con l’applicazione di una sanzione raddoppiata rispetto all’importo originale), nei successivi trenta giorni dalla notifica del rigetto, il ricorrente potrà presentare ulteriore ricorso dinanzi al Giudice di pace. 

Le multe non riguardano, in ogni caso, solo il soggetto che non indossa la mascherina ma potranno estendersi anche a chi, gestore di un locale, non faccia rispettare al suo interno i divieti o gli obblighi previsti. Oltre alla multa da 400 a 1.000 potrebbe essere applicata la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell’esercizio o dell’attività da 5 a 30 giorni.

Per chi viola la quarantena, la sanzione resta quella della multa da 400 a 1000 euro, mentre il mancato rispetto delle restrizioni per chi sa di avere il virus, può comportare – all’esito di un processo penale per epidemia colposa – l’applicazione della sanzione penale dell’arresto da 3 a 18 mesi, oltre che dell’ammenda da 500 a 5.000 euro.

Volevano cambiare le loro vite. Invece hanno fatto la Storia”, così vengono presentate le tre protagoniste de “Il diritto di contare”, donne che sono riuscite a farsi valere e a rendersi visibili alla NASA( National Aeronautics and Space Administration), in un’epoca dove l’essere donna e avere un diverso colore della pelle rappresentava un grosso ostacolo. 

Ottobre, decimo mese dell’anno, simbolo forse per eccellenza dell’autunno e dei suoi colori, da qualche anno è stato dedicato alla salute delle donne e in mezzo ai colori vivaci dell’autunno si è aggiunto il rosa, colore che generalmente rappresenta il genere femminile e per l’occasione avevo piacere a dedicare questa pagina a tutte le donne ma in particolare a quelle che lavorano in ambito scientifico.

La comunità scientifica  mi è sempre apparsa senza nessun tipo di pregiudizio, quello che conta sono le capacità e l’impegno che ognuno mette nel proprio lavoro. Sono cresciuta in un’epoca dove Rita Levi Di Montalcini riceve il Nobel per la Medicina, dove la fisica Fabiola Gianotti è alla guida del CERN ( Conseil européen pour la recherche nucléaire) per ben due volte, dove Samantha Cristoforetti diventa la prima astronauta italiana, Margherita Hack è un’astrofisica con rinomanza internazionale e l’elenco è lunghissimo. Sono stata  fortunata, altre donne si sono battute affinché tutto questo potesse essere possibile. 

Prima della fine dell’Ottocento,  le uniche donne che potevano accedere agli studi erano chiuse in conventi, quindi spesso costrette a fare studi umanistici perché, per chi ha studiato le scienze, quelle che chiamano “dure” (matematica e fisica), sa che l’intuito e il talento se non è accompagnato da una buona base di preparazione non basta per progredire, ma malgrado questa triste situazione, anche in questi anni alcune donne sono riuscite a dare il loro contributo.

La situazione è iniziata a cambiare verso la prima metà del Novecento, ma nel 1961, anno di ambientazione del libro “Il diritto di contare” le cose non erano ancora rosee. Infatti ad esempio alle donne della NASA era consentito fare le così dette “calcolatrici umane”, questo implicava non aver riconosciuto nessun merito e non potevano ancora accedere a tutte le facoltà.

Fortunatamente le cose sono cambiate, oggi vedere donne che hanno una brillante carriera scientifica non ci stupisce più, ma si può fare di meglio, si potrebbe supportare e incoraggiare le ragazze a intraprendere questa carriera così come lo si fa con i ragazzi. Infatti purtroppo ancora si tende a supportare di più i ragazzi e non le ragazze che si avvicinano alla scienza.

C’è ancora molta strada da fare per rimediare ad anni di esclusione delle donne  dalla scienza, ne è testimonianza lo stesso fatto che se ne continui a parlare. 

Inoltre partendo dal presupposto che  la bellezza è soggettiva e che l’intelligenza ha il suo gran bel fascino, sfatiamo anche questo mito delle scienziate associate al “non bell’aspetto”, un esempio tra molti l’attrice Hady Lammar che è anche l’inventrice delle reti wirelless.

La scienza e la cultura in generale rendono, a mio parere, molto più affascinanti le persone, senza un buon argomento da affrontare anche il più galante appuntamento diventerebbe di una noia mortale. 

Questa è la conclusione a cui è giunta la Procura di Velletri all’esito dell’autopsia sul corpo di Willy, da cui è emerso che i colpi non sono stati inferti a caso, ma con l’intento di provocare lesioni mortali.

Pertanto, l’iniziale accusa a carico dei quattro indagati, si è tramutata da omicidio preterintenzionale in volontario, aggravato dai futili motivi: contestazione questa dalle notevoli ripercussioni in termini di gravità della pena che, in caso di condanna, verrebbe irrogata ai colpevoli.

Ma da cosa nasce la scelta del magistrato di mutare il tipo di delitto e che significa che l’omicidio che si contesta non è più preterintenzionale ma volontario?

Nella relazione medico legale il dr. Saverio Potenza parla di «colpi assestati e non casuali». Calci e pugni mirati su organi vitali: al torace, sulla pancia, sul collo. Dunque, la morte è stata un evento voluto.

L’omicidio preterintenzionale si ha, contrariamente, quando chi cagiona la morte vuole solo, ma intenzionalmente, percuotere o ledere, e da tali condotte ne è derivato, causalmente, l’evento letale.

In tal senso il codice penale parla di delitto “oltre l’intenzione”, in quanto dalla propria azione (in questo caso dalle percosse o dalle lesioni) è derivato un evento dannoso più grave di quello voluto.

Per essere ancora più chiari – inizialmente – l’Accusa contestava agli indagati di aver ucciso il povero Willy senza volerlo, ovvero che costoro volessero solo picchiarlo e percuoterlo e che la sua morte sarebbe derivata, causalmente, in conseguenza dei numerosi colpi inferti. Ma l’autopsia ha invece ribaltato i fatti, essendo emerso che il ragazzo è stato vittima di una aggressione prolungata e che i colpi sono stati inferti – anche con armi contundenti – in precise aree del corpo e dunque con l’unico intento di uccidere.

Dati scientifici che per gli investigatori sarebbero stati rafforzati anche dalle dichiarazioni rese dai vari testimoni e dai precedenti penali di alcuni degli indagati.

Dunque, se la versione dell’Accusa dovesse essere confermata e provata anche nel corso del processo, la pena che si prospetta per i responsabili potrebbe essere l’ergastolo.

Ma al di là dei tecnicismi giuridici, che sicuramente incideranno notevolmente (in termini sanzionatori) qualora gli imputati dovessero essere ritenuti colpevoli al termine del  giudizio, resta il fatto che, purtroppo, ancora una volta, la cronaca ci pone davanti a episodi di inaudita violenza, ad esplosioni di aggressività assolutamente ingiustificate e ingiustificabili da parte di giovani contro altri giovani, dove la vita sembra aver perso qualsiasi valore, dove è tutto un gioco portato all’estremo di cui non si comprendono o non si vogliono vedere le conseguenze, dove ciò che conta è solo la “caccia” al diverso, al debole, a chi non si piega alle ingiustizie, a chi lotta per la propria libertà.

E allora ben venga la pena dura, la pena esemplare che ristabilisca gli equilibri rotti dalla violenza futile e priva di logica, che restituisca alle famiglie delle vittime giustizia e non vendetta, ma senza mai dimenticare che il vero impegno sta nella prevenzione, nella cultura della legalità e del rispetto, nella comprensione e nell’accettazione, nell’accoglienza delle differenze e nell’integrazione, perché, se l’unico rimedio a cui appigliarsi è il carcere e la pena, significa che ogni tentativo precedente ha fallito. 

Significa che tutti noi abbiamo fallito perché non siamo stati capaci di comprendere, diffondere e mettere in atto quella “cultura del rispetto verso l’altro” che potrebbe impedire tanti inutili atti di violenza e trasformarci in uomini e donne più consapevoli, in genitori/insegnanti ed educatori attenti, in cittadini migliori e più responsabili.E’ importante che la pena torni ad essere un deterrente e una extrema ratio, come dicevano i primi legislatori, e che si investa in prevenzione e formazione, altrimenti le cronache continueranno a rimandarci l’infinito film di violenze gratuite, fini a se stesse, rivolte ai più fragili e , forse, evitabili.

La Suprema Corte  (Cassazione sez. III Penale, sentenza 2 luglio – 8 settembre 2020, n. 25266 Presidente Rosi – Relatore Macrì) ha ritenuto legittima la contestazione del reato di  la violenza sessuale anche a chi invia foto hard via WhatsApp a un minore.
Così ha deciso  la terza sezione penale della Corte di Cassazione respingendo il ricorso dei legali  di un indagato (uomo) per avere inviato messaggi e foto esplicite ad una minorenne invitandola a fare altrettanto. La difesa aveva sostenuto che “in assenza di incontri con la persona offesa o di induzione a pratiche sessuali via” di fatto sarebbe difettato “l’atto sessuale”.

Woman use of mobile phone at street

Il Tribunale del Riesame però ha sottolineato -osserva la Cassazione- che “la violenza sessuale risultava ben integrata , pur in assenza di contatto fisico, quando gli atti sessuali coinvolgessero la corporeità sessuale della persona offesa e fossero finalizzati a compromettere il bene primario della libertà individuale nella prospettiva di soddisfare il proprio istinto sessuale”.
Inoltre, spiegano i giudici della cassazione,  il Riesame “ha ravvisato i gravi indizi di colpevolezza del reato contestato nell’induzione allo scambio di foto erotiche, nella conversazione sulle pregresse esperienze sessuali ed i gusti erotici, nella crescente minaccia a divulgare in pubblico le chat”.
Con ordinanza in data 9 gennaio 2020 il Tribunale del riesame di Milano ha confermato l’ordinanza del 17 dicembre 2019 del Giudice per le indagini preliminari di Pavia che aveva applicato a ……. la misura della custodia cautelare in carcere per il reato di violenza sessuale.

Il Tribunale del riesame ha ricordato che la violenza sessuale risulta pienamente integrata, pur in assenza di contatto fisico con la vittima, quando gli atti sessuali coinvolgessero la corporeità sessuale della persona offesa e fossero finalizzati e idonei a compromettere il bene primario della libertà individuale nella prospettiva di soddisfare o eccitare il proprio istinto sessuale.

Nello specifico, ha ravvisato i gravi indizi di colpevolezza del reato contestato nell’induzione allo scambio di foto erotiche, nella conversazione sulle pregresse esperienze sessuali ed i gusti erotici, nella crescente minaccia a divulgare in pubblico le chat.

Ed invero, Cass., Sez. 3, n. 8453 del 14/06/1994, Mega, Rv. 198841 – 01 ha qualificato come tentativo di violenza carnale (e non come diffamazione aggravata) il fatto di chi, minacciando – e poi attuando la minaccia – di inviare ai parenti di una donna foto compromettenti scattate in occasione di incontri amorosi con lei precedentemente avuti, tenti di costringerla ad ulteriori rapporti sessuale, non rilevando l’assenza di qualsivoglia approccio fisico, in quanto con l’effettuazione della minaccia, diretta a costringere la persona offesa alla congiunzione, iniziava comunque l’esecuzione materiale del reato; analogamente Cass., Sez. 3, n. 12987 del 03/12/2008 (dep. 2009), Brizio, Rv. 243090 – 01, secondo cui, ai fini della configurabilità del tentativo di atti sessuali con minorenne nel caso in cui il contatto tra il reo ed il minore avvenga mediante comunicazione a distanza, è necessario accertare, da un lato, l’univoca intenzione dell’agente di soddisfare la propria concupiscenza e, dall’altro, l’oggettiva idoneità della condotta a violare la libertà di autodeterminazione sessuale della vittima (fattispecie in cui il reo aveva inviato a mezzo telefono cellulare un SMS ad un minore nel tentativo di indurlo a compiere sulla propria persona atti di autoerotismo).

Più recentemente Cass., Sez. 3, n. 19033 del 26/03/2013, L, Rv. 255295 – 01 ha affermato, con ampi riferimenti alla giurisprudenza già formatasi sul tema, che nella violenza sessuale commessa mediante strumenti telematici di comunicazione a distanza, la mancanza di contatto fisico tra l’autore del reato e la vittima non è determinante ai fini del riconoscimento della circostanza attenuante del fatto di minore gravità. Ha ravvisato l’integrazione del reato di cui all’art. 609-quater cod. pen. nella condotta di richiesta ad un minorenne, nel corso di una conversazione telefonica, di compiere atti sessuali, di filmarli e di inviarli immediatamente all’interlocutore, non distinguendosi tale fattispecie da quella del minore che compia atti sessuali durante una video-chiamata o una video-conversazione, Cass., Sez. 3, n. 17509 del 30/10/2018, dep. 2019, D., Rv. 275595 – 01.

Nello specifico il Tribunale del riesame ha valorizzato anche gli aspetti di contesto sulla persistente dolosa strumentalizzazione dell’inferiorità della vittima da parte dell’agente (Cass., Sez. 3, n. 15412 del 20/09/2017, dep. 2018, C, Rv. 272549).

Nella fattispecie  la circostanza che l’indagato avesse perpetrato le stesse condotte nei confronti di altre minori, dimostrando di non saper controllare le proprie pulsioni, di lavorare all’estero e di non essere rientrato specificamente per consegnarsi alle forze dell’ordine, di poter continuare a minacciare le vittime nonché reiterare le condotte delittuose a mezzo l’uso di strumenti informatici – sono logici e razionali ed hanno ben giustificato la conferma della misura della custodia cautelare in carcere).

E’ necessario vigilare sull’utilizzo della chat, delle messaggerie, dei social e degli strumenti di comunicazione informatiche dei nostri giovani figli specie se piccoli o minori, la gravità delle conseguenze per la loro salute psico fisica è notevole, le conseguenze che ne possono derivare poi nel passaggio dal virtuale al reale incommensurabili.

Occorre attivarsi nel modo adeguato, chiedendo anche aiuto, aprendosi al dialogo, non accettando la recisa volontà di un figlio piccolo che vi nega l’accesso in ogni modo al proprio telefono.
E’ considerato uno dei campanelli di allarme.La posta in gioco è alta, la scuola non è sufficiente e lue istituzioni non sono in grado di dare supporto in questo tipo di vicende.
Spetta a chi è vicino quotidianamente ai figli attivarsi e cercare di intercettare o prevenire certi rischi o certe condotte.

Sui social tra le tante notizie della “pandemia”, spopola la
notizia di un asteroide che il 29 aprile “sfiorerà l’atmosfera terrestre”; cosa
c’è di vero?

Iniziamo con lo scoprire che cosa sono gli asteroidi. Essi sono
dei piccoli corpi celesti rocciosi, generalmente di forma irregolare, sono
anche detti pianetini per le loro dimensioni molto piccole, se paragonate a
quella dei pianeti e degli altri corpi celesti. Si pensa si siano formati
quando il sistema solare era molto giovane, quando iniziavano a formarsi le
prime aggregazioni di materia, dalle quali sono nati poi il Sole e i pianeti. Insomma,
gli asteroidi dovrebbero essere delle aggregazioni che non hanno avuto più un
seguito e sono rimaste intrappolate nei campi gravitazionali dei “loro
fratelli” più grandi, destinati a scontrarsi e cambiare spesso la loro forma e
il loro aspetto.  Esistono due grandi
categorie di asteroidi basate sulla loro provenienza: un gruppo di asteroidi,
si trova nello spazio tra Marte e Giove (fascia principale), un altro gruppo
numeroso si trova oltre Nettuno (fascia di Kuiper). Tutti questi oggetti, se
non catturati dal campo gravitazionale di qualche pianeta, che li
costringerebbe a cambiare il centro della loro orbita, orbitano intorno al Sole
e come le comete, di cui abbiamo parlato il mese scorso, possono intersecare
l’orbita terrestre e quindi passare nelle nostre vicinanze o addirittura
urtarci.

Esistono degli asteroidi che hanno delle orbite “pericolose”, che
periodicamente intersecano l’orbita terrestre ad una distanza inferiore di 7,5
milioni di km dalla Terra, ma astronomi e astrofisici li tengono in
osservazione e studiano da anni metodi per evitare uno scontro se mai si
rivelasse necessario. 

L’asteroide che in questo periodo fa tanto parlare di se si chiama
1998 OR2 (la seconda parte del nome per assonanza fa pensare un po’ ad uno dei
droidi di Star Wars) ed ha un diametro stimato che va da 1,8 a 4,1 Km, quindi
circa grande come l’isola di Ischia. Questo asteroide rientra nella categoria
di “asteroidi pericolosi”, il 29 aprile volerà a circa 6,1 milioni di km da
noi, ad una distanza che è circa 16 volte quella tra Terra e Luna.  A questa distanza è difficile che si
sentiranno gli effetti del suo passaggio, probabilmente, secondo gli esperti
dell’agenzia spaziale americana (NASA), non riusciremo neppure a vederlo senza
l’aiuto di un buon telescopio.  Pare che
avremo modo di salutarlo ancora a maggio del 2031, ma ad una distanza che sarà
il doppio di quella del prossimo fine mese.

Questi sorvoli ravvicinati (flybys) dunque serviranno solo agli
esperti per migliorare la stima dell’orbita di questa roccia spaziale e per
osservarla più da vicino. Noi in questo periodo così surreale dovremmo
accontentarci di osservare l’abbraccio virtuale che si scambiano Venere e Luna,
abbraccio al quale si uniranno, tra pochi giorni, anche Giove, Marte e Saturno.
Questi corpi celesti saranno ben visibili ad occhio nudo e potete aiutarvi a
individuarli scaricando sul vostro smartphone l’applicazione Mappa Stellare o
Google Sky Map. Mentre loro saranno costretti per sempre ad abbracciarsi solo
virtualmente noi “torneremo ad abbracciarci” da vicino e per vicino non
intendiamo di certo la distanza che ci separerà il 29 settembre da R2-D2…ah
no scusate, 1998 OR2. Che la forza sia con… sto sbagliando ancora, questa era
un’altra storia.

(Immagine creata componendo immagini recuperate dal web)

A causa dell’emergenza “Coronavirus”
sono state adottate misure di distanziamento sociale che hanno costretto
un’intera popolazione ad adeguarsi a nuove modalità di vita.

Anche nel settore della ricerca
scientifica
vi è stata una rimodulazione di tutte le attività, spostando e
concentrando il “focus” sui fattori che maggiormente hanno e avranno una ricaduta
sulle “persone”, non solo in questo momento ma anche nei periodi
successivi in cui, lentamente, verranno rimesse in moto tutte quelle attività
quotidiane che siamo stati costretti a rivedere per far fronte all’emergenza.

Dalla collaborazione tra il Laboratorio di Psicologia Sperimentale Applicata, il Laboratorio di Ergonomia Cognitiva e il Laboratorio di Psicofisiologia del Sonno del Dipartimento di Psicologia, Sapienza Università di Roma è nata la ricerca Epsilon-COVID-19, i cui responsabili sono  il Prof. Luigi De Gennaro,  il Prof. Fabio Ferlazzo e la Prof.ssa Anna Maria Giannini, Coordinatori di tre Laboratori rilevanti afferenti ad un Dipartimento di Eccellenza per la ricerca.

Lo scopo della ricerca è quello
di monitorare l’impatto psicologico delle condizioni di isolamento e
confinamento presenti in Italia come conseguenza dei provvedimenti di
contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2. Si tratta di uno studio
focalizzato su aspetti cognitivi (tra i quali, ad esempio, i processi
decisionali, le performance, i processi attentivi), affettivi (quali, ad
esempio, il tono dell’umore, l’irritabilità, le emozioni provate, le strategie
di fronteggiamento di eventi stressanti), e psicofisiologici, come la qualità
del sonno, che prevede un monitoraggio con cadenza settimanale.

La partecipazione alla ricerca è
resa possibile dalla fruibilità dei contenuti attraverso la maggior parte dei
dispositivi in commercio quali Smartphone, Tablet, Computer
portatili o desktop.

Perché è importante partecipare
alla ricerca?

Tutti stiamo vivendo in prima
persona questa emergenza, sia coloro che si muovono in prima linea, che siano
medici, infermieri, operatori sanitari, forze dell’ordine, autotrasportatori,
volontari, commesse e commessi dei supermercati e tutti coloro che in qualche
modo si stanno adoperando, ma anche e soprattutto tutti coloro ai quali è stato
chiesto di restare a casa per contenere la diffusione della pandemia.

Il richiamo è certamente al “senso
di comunità”
, anche rispetto al preziosissimo contributo che è
possibile fornire attraverso la partecipazione alla ricerca scientifica. Senza
lo sviluppo scientifico non c’è progresso, ed è proprio attraverso
l’approfondimento e la conoscenza che è possibile l’avanzamento della
comprensione delle dinamiche individuali e della società.

Quel che emergerà da questo studio
sarà certamente utile a comprendere il vissuto più profondo della popolazione
durante il periodo di isolamento per poi poter far fronte ai bisogni e alle eventuali
richieste di aiuto che perverranno. L’auspicio è che si possano adottare le
necessarie strategie per far fronte a quelle che potrebbero essere nuove
emergenze legate al post-isolamento/distanziamento sociale e/o al burnout di
coloro che sono stati in prima linea, per fronteggiare le difficoltà e valorizzare
le risorse che ogni individuo porta dentro di sé.

Perché i dati forniti siano attendibili è necessario che la partecipazione venga estesa al maggior numero possibile di persone. Pertanto, vi chiediamo di partecipare e diffondere questa preziosissima ricerca attraverso il link che segue!

Epsilon-COVID-19

Molti non sanno che il Ministero dello Sviluppo Economico  elabora e attua le politiche dei consumatori anche in ambito europeo.

La politica dell’UE per i consumatori agisce nel modo seguente:

  • protegge i diritti dei consumatori attraverso la legislazione, anche aiutando a risolvere le controversie con gli operatori commerciali in modo rapido ed efficiente (ad es. tramite la risoluzione alternativa delle controversie e i centri europei dei consumatori)
  • assicura che i diritti dei consumatori vengano adeguati all’evoluzione dei mercati, anche in riferimento a all’economia digitale, all’energia e ai servizi finanziari
  • garantisce la sicurezza dei prodotti acquistati all’interno del mercato unico (attraverso il Rapex, un sistema europeo di allerta rapido per i prodotti pericolosi)
  •  aiuta a effettuare scelte basate su informazioni chiare, accurate e coerenti, anche in riferimento agli acquisti online.

Quali sono le Reti Europee

L’ECC-Net (European Consumer Center Network) è una rete europea che fornisce gratuitamente assistenza e consulenza ai consumatori sui loro acquisti transfrontalieri, sia online sia attraverso uffici sul territorio.

È presente nei 28 Stati membri dell’UE, più Norvegia e Islanda ed è cofinanziato dalla Commissione europea e dai governi nazionali (per l’Italia il Ministero dello Sviluppo Economico) nell’ambito della politica europea per aiutare tutti i cittadini europei a trarre vantaggio dal mercato unico.

ECC fornisce assistenza su vari argomenti di consumo popolari (acquisti online, diritti aerei passeggeri, noleggio auto, frodi, multiproprietà, vacanze, ecc.) fornendo consulenza sui diritti dei consumatori, aiutando a risolvere una controversia con un commerciante con sede in un altro Paese dell’UE, Islanda o Norvegia o reindirizzando ad altro organismo competente.

Il Centro ECC-Net Italia, nella sua struttura attuale, è operativo in due sedi, una centrale a Roma (Adiconsum) ed una a Bolzano (CTCU).

Il CPC Network (Consumer Protection Cooperation Network) è una rete di cooperazione per la protezione dei consumatori composta dalle autorità responsabili dell’applicazione delle leggi UE sulla protezione dei consumatori nei paesi dell’UE , Norvegia e Islanda.
In Italia l’Ufficio di collegamento unico (Single Liaison Office), che garantisce il coordinamento delle autorità nazionali competenti per materia, è il Ministero dello Sviluppo Economico.
L’autorità di un paese in cui i diritti dei consumatori sono violati può chiedere al proprio omologo del paese in cui il commerciante ha la sede legale di intraprendere azioni per porre fine alla violazione del diritto. Ciascuna autorità dispone di poteri minimi per garantire una cooperazione regolare, che includono la facoltà di ottenere le informazioni e le prove necessarie per affrontare le infrazioni all’interno dell’UE, effettuare ispezioni in loco, richiedere la cessazione o vietare l’infrazione commessa fino ad imporre alle imprese sanzioni amministrative o pecuniarie.

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Chiunque vorrebbe avere ragione in una controversia. Ma quando si tratta dei tuoi diritti EU come consumatore, puoi agire in modo efficace solo se li conosci. Qui puoi scoprire altre informazioni su quali sono questi diritti, su come farli valere e quali azioni sono necessarie per dirimere una controversia. Se hai un problema con la tua banca, se sei vittima di una pubblicità ingannevole oppure se hai acquistato un prodotto difettoso o non sicuro, i tuoi diritti UE esistono proprio per renderti un consumatore felice, sicuro e soddisfatto.

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Questo sito web vuole far presente che se hai una controversia con un’impresa, puoi difendere i tuoi diritti in vari modi. Ti aiuta anche prima dell’acquisto, con informazioni online che ti spiegano a cosa prestare attenzione: https://europa.eu/youreuright/i-have-issue_it

In Italia l’Ufficio competente è: Divisione IX – Politiche europee ed internazionali, cooperazione amministrativa europea e riconoscimento titoli professionali.

Il complesso periodo storico in cui viviamo si caratterizza per il fatto che sembra richiedere a tutti, su molte tematiche, una risposta di lungo periodo ed un cambiamento netto. In quest’ottica, appare indispensabile in molti campi lo sviluppo diffuso di strumenti e di competenze necessarie per comprendere e compiere delle scelte di vita ottimali e ragionate, diffondendo un’informazione che vada a creare un’effettiva conoscenza e, quindi, la coscienza verso il presente e soprattutto verso il futuro, con conseguente piena consapevolezza dei propri diritti. 

In un
panorama che si caratterizza per la presenza di informazioni in continuo
movimento e sempre maggiormente fruibili, si assiste a fronte di un indubbio
aumento della scolarizzazione ad una preoccupante debolezza della popolazione
italiana nella comprensione dei meccanismi di base dell’economia. Questo
problema, lungi dall’essere meramente teorico, ha importanti ricadute nella
vita quotidiana e sulla società, condizionando decisioni fondamentali per
l’individuo e per le famiglie.

In questo
contesto si inserisce la necessità di una riflessione profonda su una educazione
finanziaria
che sia effettiva, efficace, completa, che permetta a tutti,
fin dalla frequentazione della scuola dell’obbligo ed una volta per tutte, di
acquisire strumenti e competenze che portino a decisioni economiche consapevoli sulla base
di un’adeguata informazione, con comprensione di tutti i prodotti finanziari e la
conoscenza dei rischi e delle opportunità del mercato.

Ciò
a cui si deve far riferimento, però, non è tanto la necessità di campagne
temporanee o promozionali, spesso tardive, incomplete o portate avanti con
modalità tali da non garantire l’acquisizione di strumenti effettivi ed utili all’individuo
per essere autonomo, quanto di una strategia nazionale con obiettivi ad
ampio spettro
.

L’esperienza diretta
a contatto con i consumatori porta a far emergere ogni giorno l’esigenza sempre
più urgente di una riforma che parta dall’inserimento, fin dalla scuola
primaria e secondaria, di quelle nozioni in materia di educazione finanziaria
ed economia aziendale che costituiscono un bagaglio indispensabile per le
prossime generazioni, le quali si muovono in una dimensione sempre maggiormente
digitalizzata, caratterizzata da maggiori occasioni e da una gestione monetaria
dematerializzata. Inoltre, l’esigenza è ancora più
impellente se si considera l’utilizzo di enormi quantità di dati personali,
frutto dell’analisi delle scelte e delle preferenze ricavate dai social media
e dai big data, che consentono un’attività di moral suasion persuasiva
e surrettizia, che concorre a determinare i costumi degli individui ed una
parte elevata degli scambi commerciali.

La
necessità di una riforma nasce dalla presa di coscienza di due aspetti
interdipendenti. Uno attiene al sempre maggior numero di situazioni in cui si
assiste a problematiche di pesante indebitamento delle famiglie italiane, in situazioni
nelle quali una forte e radicata cultura finanziaria eviterebbe all’individuo
di assumere rischi e di contrarre debiti al di sopra delle proprie effettive
possibilità.  Altra considerazione
attiene, invece, al fatto che la povertà non potrà essere combattuta in maniera
efficace senza un adeguato e diffuso livello di alfabetizzazione finanziaria.

L’impegno
profuso negli ultimi anni e finalizzato alla creazione di alcuni canali di
comunicazione, quali la creazione di siti istituzionali in materia di educazione
finanziaria, purtroppo non appare adeguato ad ottenere benefici diffusi e
permanenti nel nostro ordinamento ed è per questa ragione che è ormai
impellente garantire l’acquisizione di strumenti che permettano di assicurare
il possesso, nel proprio bagaglio culturale, della visione di insieme in questa
materia.

L’individuo, per risolvere problemi, dare
giudizi e prendere decisioni complesse, ricorre a processi spesso
approssimativi o utilizza categorie semplici per pervenire comunque ad una
soluzione, seppur non ottimale ed irrazionale. Questo meccanismo può portare ad
errori di vario genere. Uno dei processi mentali più pericolosi in questo ambito,
ad esempio, è quello che porta, in assenza di strumenti propri e di una
adeguata formazione ed informazione, ad accontentarsi delle spiegazioni trovate
o fornite in maniera semplificata e spesso lacunosa, sacrificando un pensiero critico
e produttivo. In tali casi ci si accontenta di una soluzione facile fornita in
modo semplicistico, impedendo l’attivazione della parte più critica ed intuitiva
della mente. Restando nel campo dell’educazione
finanziaria, ad esempio, si possono notare spesso pericolosi messaggi pubblicitari
quali “scoperto facile” o “finanziamento per tutti” (o concetti simili) ai
quali un consumatore sprovvisto dei necessari punti di riferimento risponde
cadendo nella semplificazione che quel messaggio suggerisce. Naturalmente il
medesimo rischio esiste in tutti i campi e quanti più strumenti avrà il
consumatore/cittadino, tanto più facilmente potrà evitare di sbagliare.

L’esperienza acquisita sul
campo conferma, poi, come di una educazione finanziaria effettiva e pienamente accessibile
ne benefici non solo il singolo, ma anche la società nel suo complesso e
l’economia intera poiché, attraverso questo strumento, si riducono i rischi di
esclusione finanziaria, si incoraggiano i consumatori a pianificare e
risparmiare in maniera razionale e si contribuisce ad evitare il sovraindebitamento.
L’esperienza dimostra che l’educazione economica e
finanziaria può essere un valido strumento di inclusione sociale e di lotta
alle disuguaglianze, poiché contribuisce alla piena presa di coscienza
dell’individuo ed alla sua emancipazione sociale.

Ogni volta che ci s’interroga su quale posizione assumere, se
votare o meno e quale fra più opzioni scegliere emerge anche il ruolo della
cultura economica. La cultura finanziaria, di conseguenza, influenza tutte le scelte politiche, le riforme
economiche, le tutele ed i diritti di ciascun cittadino. L’alfabetizzazione
finanziaria, in definitiva, concorre ad alimentare l’educazione economica che
in un mondo complesso, veloce e connesso come il nostro diventa una materia strategica
per evitare che i consumatori divengano soggetti acritici incapaci di
orientarsi consapevolmente e di distinguere i nessi causali.

L’innalzamento della conoscenza finanziaria, se correttamente
sviluppata, porterà ad un aumento della comprensione delle diseguaglianze,
delle ingiustizie, dei prezzi non corretti con una analisi costi-benefici che
condurrà naturalmente a soluzioni razionali, eque ed ecologiche.

In definitiva, avere un ampio numero di persone in grado di
dare giudizi indipendenti ed autorevoli è uno strumento efficace contro la
diffusione di prodotti scadenti, di contratti ingannevoli, di investimenti
rischiosi, di interpretazioni fallaci e di programmi politici poco credibili e,
in generale, è uno strumento contro la regressione sociale e le truffe. Se la
diffusione della cultura economica tra la popolazione sarà ampia, ciò tutelerà tutti
i soggetti, anche quelli più deboli e a rischio.

L’esigenza è chiara e precisa e deve trovare risposte
precise nel brevissimo periodo: è prioritario impegnarsi in maniera capillare e
strutturata per promuovere politiche di educazione che permettano di formare
cittadini informati e preparati alla sfida di una crescita economica inclusiva.

Al primo scoppio di bomba, nel 1914, Trilussa scrisse questa questa ninna nanna che è di una spietatezza, di un disincanto tipicamente romano.
Sicuramente non si aspettava che la guerra incendiasse il mondo intero, lasciando poi quei ceneri ardenti che anni dopo avrebbero acceso anche la seconda guerra mondiale. Pensava alle “solite” guerre europee.
A me è tornata in mente pensando a questa campagna elettorale. Ora tutti contro tutti, dopo il 4 Marzo ci sarà un accordo e un ricompattamento…

La ninna nanna della guerra (1914)

Ninna nanna, nanna ninna,
er pupetto vò la zinna:
dormi, dormi, cocco bello,
sennò chiamo Farfarello
Farfarello e Gujermone
che se mette a pecorone,
Gujermone e Ceccopeppe
che se regge co le zeppe,
co le zeppe d’un impero
mezzo giallo e mezzo nero.

Ninna nanna, pija sonno
ché se dormi nun vedrai
tante infamie e tanti guai
che succedeno ner monno
fra le spade e li fucili
de li popoli civili

Ninna nanna, tu nun senti
li sospiri e li lamenti
de la gente che se scanna
per un matto che commanna;
che se scanna e che s’ammazza
a vantaggio de la razza
o a vantaggio d’una fede
per un Dio che nun se vede,
ma che serve da riparo
ar Sovrano macellaro.

Chè quer covo d’assassini
che c’insanguina la terra
sa benone che la guerra
è un gran giro de quatrini
che prepara le risorse
pe li ladri de le Borse.

Fa la ninna, cocco bello,
finchè dura sto macello:
fa la ninna, chè domani
rivedremo li sovrani
che se scambieno la stima
boni amichi come prima.

So cuggini e fra parenti
nun se fanno comprimenti:
torneranno più cordiali
li rapporti personali.

E riuniti fra de loro
senza l’ombra d’un rimorso,
ce faranno un ber discorso
su la Pace e sul Lavoro
pe quer popolo cojone
risparmiato dar cannone!

Emilia Kamvisi è un’anziana signora abitante dell’isola greca di Lesbo. Una anziana signora così come ce la potremmo immaginare. Ma Emilia è una delle candidate al Premio Nobel per la Pace del 2016.
La sua candidatura nasce da uno scatto e da una enorme umanità: nell’ottobre 2015 è stata fotografata da Lefteris Partsalis mentre con un biberon allattava un piccolo siriano approdato nell’isola greca assieme a migliaia di migranti che fuggivano dalla guerra in atto.

La foto che riportiamo è di pieno diritto della fotografa che l’ha scattata, la sua pubblicazione avviene in virtù della distribuzione sul web. Ringraziamo l’autrice.