Mi piace immaginare un mondo senza guerre, violenze ed ingiustizie. Utopia? Il mio è un sentimento istintivo, un sentimento che mi abita.
Penso che l’ARTE, in tutte le sue forme, sia ancora in grado, anche in modo indiretto, di cambiare il mondo. La CULTURA unisce il mondo. Smettiamola di essere indignati e cominciamo a “disturbare”. Come ha scritto Gian Paolo Serino, le bombe di carta e le molotov d’inchiostro sono le armi migliori per tentare di sconfiggere non solo dittature ma anche regimi democratici dove informazione e comunicazione sono ridotte a favole. Il vero senso di una favola non é quello di creare dei lettori volta pagina ma dei lettori consapevoli. Perché il vero senso di una favola non é farci vedere che esistono i draghi ma farci comprendere che i draghi si possono combattere.
E a quelli che mi chiedono come, rispondo con le parole pronunciate nel 1975 da Giorgio Strehler, durante la manifestazione celebrativa del trentennale della Resistenza, al Piccolo di Milano: “Come si può sconvolgere un costume, un modo di essere, mutare il grande gioco della politica, diciamolo pure, la grande miserabilità umana […]? Ebbene, poco si può fare da soli ma molto insieme alle altre forze che esistono, che ci sono e che sono accanto a noi. Le forze di quelli che lavorano e lottano per un mondo migliore. E noi accanto a loro. Non siamo pochi né soli. Soltanto restando legati come tentiamo, come tenacemente vogliamo agli altri uomini che non vogliono continuare a esistere in questa “pregevole” marea, in questa nebbia di memoria turpe che troppo ci circonda, in questo costume antico di compromesso, viltà, egoismo e tanto altro, anche noi piccola comunità teatrante possiamo aiutare il movimento della storia.”
INSIEME RESISTIAMO AL ‘BUIO’, ALLA NON DIALETTICA VISIONE DEL MONDO.
Voglio ringraziare tutti gli ARTISTI e gli AMICI che hanno aderito con le loro meravigliose opere a IMAGINE PEACE e a MASTERS OF WAR.
In primis, grazie a Fulco Pratesi e a Bruno Bozzetto, Ambasciatori del Pianeta Terra,che dimostrano sempre una grande disponibilità e generosità nei miei confronti.
Un grazie speciale
a Marco De Angelis, attento scrutatore del mondo, per il suo sguardo ironico, schietto, a volte poetico, a volte tagliente;
a Alberto Fortis, Poeta visionario e Ambasciatore Unicef,per il suo costante impegno a livello sociale e umanitario;
A Riccardo Azzurri, Poeta e Spirito libero, per la sua grande sensibilità e l’intensa attività nel sociale, a tutela delle fasce più fragili;
a Gianfranco D’Amato, per la preziosa testimonianza resa con la partecipazione all’Odissea della Pace, una carovana guidata dal Vescovo ortodosso Avondios Bica, per portare aiuti in Ucraina e per il recente viaggio intrapreso, insieme ad altri volontari, per portare in Italia alcuni profughi.
Dedico a tutti quanti voi la Poesia “Il Silenzio“, che ritengo sia una delle più belle scritte da Pablo Neruda.
Alberto Fortis è un artista sensibile che nella sua densa carriera si è misurato con le molteplici forme della Poesia ed ha prodotto capolavori quali Il Duomo di Notte, La sedia di Lillà, Settembre, Milano e Vincenzo, La neña del Salvador, Sindone, Venezia, Do l’Anima,… Con sedici album realizzati tra Italia, Stati Uniti e Inghilterra, un disco di platino, due d’oro e oltre un milione e mezzo di dischi venduti, annovera tra le sue collaborazioni artisti illustri come George Martin (produttore dei Beatles), la London Philarmonic Orchestra, PFM (Premiata Forneria Marconi), Claudio Fabi, Lucio Fabbri, Gerry Beckley (degli America), Carlos Alomar (produttore di David Bowie), Bill Conti, Guido Elmi e l’Orchestra Sinfonica Arturo Toscanini,… Autore di libri di poesia (“Tributo giapponese”, “Dentro il giardino”, “A meno che…”) e del fumetto “Berty”, con la sua biografia “AL. Che fine ha fatto Jude?”, Fortis ha voluto raccontare il suo cammino non solo dal punto di vista artistico ma mostrando anche l’uomo impegnato nel sociale, Ambasciatore UNICEF, innamorato di cause umanitarie e sempre dedito alla ricerca spirituale. Il suo è un universo fatto di Amore, Emozioni, Angeli, Arcobaleni e di “Fragole infinite” che testimoniano una geografia dell’anima, un paesaggio interiore fatto di rara sensibilità.
Ciao Al, stiamo vivendo un momento storico molto buio dove le parole valore ed economia sono diventate sinonimi e questo in un certo senso riassume gran parte della violenza del mondo contemporaneo: un mondo dove, come afferma Alessandro Guerriero, le immagini fondative sono tutte di guerra.
Stiamo vivendo in un mondo che corre sempre più velocemente, dove la massimizzazione del profitto detta legge. Inoltre in un’economia basata sulla guerra, le entrate fiscali vengono spesso ridistribuite per sostenere lo sforzo bellico a spese di altri progetti di cui una Nazione potrebbe avere bisogno. Vedo uno scellerato match muscolare tra folli leader, che dovrebbero sfidarsi a duello anziché straziare la Vita dei propri simili, che, evidentemente, simili non considerano.
Dovremmo poter arginare questa
attitudine appartenente a molti leader, trovare una sorta di equilibrio.
Sicuramente, rispetto al
passato, alcuni aspetti sono migliorati ma ciò che sta accadendo in questi
giorni mi porta a pensare all’esistenza di un lato oscuro della forza che
sta alterando l’equilibrio e l’armonia cui dovrebbe tendere l’Universo. Non trovo
altre spiegazioni possibili.
Non riesco a comprendere perché
ci sia così tanto odio nei confronti dei propri simili.
Il desiderio estremo di potere porta a diventare esseri del cosiddetto lato oscuro, tema comune in letteratura, con le tentazioni incarnate in diavoli, streghe, serpenti, …, purtroppo lo vediamo troppo spesso rappresentato nella realtà, con quel restringimento di coscienza che porta a vedere le proprie azioni esenti da conseguenze su un sistema interconnesso.
L’ego può fare anche questo,
farci credere che siamo arrivati chissà dove e a chissà quali vette di potere. Quello
che viene fatto da una parte del pianeta si ripercuote anche sull’altra parte,
perché ogni cosa è connessa alle altre.
A quanto pare Putin vuole lasciare il segno come fece Pietro il Grande, riunendo i territori dell’antica Russia. Ma nel frattempo le cose sono cambiate. E’ cambiato il mondo.
L’Ucraina si è europeizzata. La
comunicazione attraverso i vari media, l’uso dei cellulari hanno consentito in
parte al libero arbitrio di oggi. Medaglia che ha sempre due facce ma che comunque,
nel suo lato positivo, ha creato collanti nel tessuto sociale e ha determinato forti
prese di coscienza collettiva su molte tematiche.
Il grande dispiacere è che non
si sia realizzata la visione di un uomo illuminato come quella di Michail Gorbaciov,
visione di un rapporto Russia Europa ben diverso, con valori condivisi e ideali
di armonia.
Gorbaciov richiamò per prima
cosa l’attenzione sui valori umani, universali in quanto tali, che avrebbero
dovuto divenire la nuova stella polare della politica dell’URSS, come di
qualunque altra potenza. Altro punto fondamentale, il riconoscere ed il
tollerare le diversità tra i vari nazionalismi.
Gorbaciov è stato un Uomo di PACE. Ha sempre ripudiato l’uso della forza come strumento di politica. E’ stato davvero un Uomo straordinario, anello tra tanti di un’unica catena che lega tra di loro tutte quelle Esistenze spese per la Pace ed il bene dell’umanità. Cito per primo Gesù per proseguire con Mahatma Gandhi, Martin Luther King, i fratelli Kennedy, i Primi Ministri Istzak Rabin e Benazir Bhutto, i Giudici Falcone e Borsellino, John Lennon, Pier Paolo Pasolini e tanti altri.
Ritengo che tutte queste Persone siano state bandiere di Pace, che hanno condiviso una fine cruenta voluta da un vertice che non aveva capito che questo mondo potrebbe essere migliore e che così tutti potremmo celebrare il vero senso della Vita. Siamo qui per questo, per celebrare la nostra esistenza. Attraverso la testimonianza della loro Vita e del loro credo, continuano a trasmetterci quanto sia importante credere ai nostri piccoli-grandi sogni.
Eleonor Roosvelt diceva infatti
che il futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei propri sogni.
Sì, ognuno di noi ha il potere di trasformare piccole cose che poi possono portare ad un risultato inaspettato. In un momento storico di profonda crisi come il nostro, la trasformazione diventa fondamentale. Urge al più presto un cambiamento, un ripensamento, un colpo di coda che porti ad una riconfigurazione del sistema internazionale, con valori che diventino collante, i mattoni per costruire un new world order.
Io vivo con questa speranza. Molti sono stati gli sforzi in questa direzione ma il cammino è ancora lungo. Con questa ennesima guerra, ci svegliamo con le immagini di esplosioni, bombardamenti, morte e disperazione. Milioni di profughi, per la maggior parte donne e bambini. Nei loro volti dolore e speranza. Una tragedia umana che colpisce profondamente i nostri cuori.
In questo agghiacciante scenario di sofferenza, una nota positiva sta nella risposta da parte dell’Occidente. E’ davvero encomiabile quello che sta accadendo: la catena di solidarietà, sia dall’Italia che dagli altri Paesi, è la risposta all’orrore di questa guerra. Sono molte le Associazioni e le famiglie che offrono accoglienza e ospitalità ai profughi e che inviano aiuti in Ucraina. Un esempio èl’Odissea della Pace, ammirevole iniziativa capitanata dall’Arcivescovo Avondios Bica, a cui ha partecipato anche l’amico Gianfranco D’Amato. Il suo convoglio é rientrato con 8 Profughi tra cui quattro bambini. Avevamo tentato in poche ore di recuperare un Van o Camper per potermi unire alla Spedizione che prevedeva anche gli Amici Mario Furlan, Presidente City Angels e Rolando Giambelli, Presidente Beatlesiani D’Italia. Questo, purtroppo, non è stato possibile, ma ci sarà modo, oltre alle donazioni già effettuate, di contribuire alla Causa Umanitaria della Pace. La guerra è l’antivita e chi la causa renderà conto alla VITA stessa.
https://youtu.be/5r-67-caEpE
Papa Francesco continua a lanciare appelli affinché si ponga fine a una guerra che definisce “un massacro insensato” per il quale non c’è alcuna giustificazione. Il 25 marzo ha voluto consacrare l’Ucraina e la Russia al Cuore Immacolato di Maria. Evento spirituale a cui si sono uniti tutti i Vescovi del mondo.
Papa Francesco ha sottolineato che abbiamo dimenticato la lezione delle tragedie del secolo scorso, il sacrificio di milioni di caduti nelle guerre mondiali e, soprattutto, stiamo tradendo i sogni di pace dei popoli e le speranze dei giovani. Le piazze europee chiedono, con grande forza, la pace, ma la ferocia degli scontri in Ucraina non sembra diminuire. Putin ha ancora un seguito molto accorato e convinto. Basti pensare alla dichiarazione del Patriarca Kirill, Capo della Chiesa Ortodossa, che giustifica e sostiene la guerra in quanto crociata contro “la lobby gay” occidentale!
Putin non prende in considerazione l’opinione pubblica, non crede che si possa ribaltare lo status quo. Secondo alcune fonti, la sua cortina di protezione non lo informa sullo stato reale della situazione ma gli dicono unicamente quello che lui vuole sentirsi dire. Da un’analisi di un inviato che vive a Kiev, Putin ha sempre considerato l’Europa come un territorio debole, che può essere ‘comprato’. Fondamentale sarebbe capire quali siano le intenzioni del leader cinese Xi Jinping, perché questo condizionerà l’ago della bilancia. Se dovessimo sommare tutto quanto è capitato in questi ultimi tre anni di pandemia, la visione di questa ennesima guerra mi appare come un’orribile ciliegina su un’altrettanto orribile torta. La speranza è che si arrivi presto ad un accordo. Non posso non pensare alle vittime di questa guerra. Continuo a vedere bambini uccisi e ospedali bombardati: tutto questo è inaccettabile.
Concordo con te in toto e voglio in questo contesto ricordare il discorso tenuto dal Dott. Gino Strada nel corso della cerimonia di consegna del “Right Livelihood Award 2015”, il “premio Nobel alternativo“.
https://youtu.be/lUot4EHauEk
“….. Mi è occorso del tempo per accettare l’idea che una “strategia di guerra” possa includere prassi come quella di inserire, tra gli obiettivi, i bambini e la mutilazione dei bambini del “Paese nemico”. Armi progettate non per uccidere, ma per infliggere orribili sofferenze a bambini innocenti, ponendo a carico delle famiglie e della società un terribile peso. Ancora oggi quei bambini sono per me il simbolo vivente delle guerre contemporanee, una costante forma di terrorismo nei confronti dei civili. Alcuni anni fa, a Kabul, ho esaminato le cartelle cliniche di circa 1200 pazienti per scoprire che meno del 10% erano presumibilmente dei militari.
Il 90% delle vittime erano civili, un terzo dei quali bambini. È quindi questo “il nemico”? Chi paga il prezzo della guerra?
….. Ogni volta, nei vari conflitti nell’ambito dei quali abbiamo lavorato, indipendentemente da chi combattesse contro chi e per quale ragione, il risultato era sempre lo stesso: la guerra non significava altro che l’uccisione di civili, morte, distruzione.
La tragedia delle vittime è la sola verità della guerra.
… La maggiore sfida dei prossimi decenni consisterà nell’immaginare, progettare e implementare le condizioni che permettano di ridurre il ricorso alla forza e alla violenza di massa fino alla completa disapplicazione di questi metodi. La guerra, come le malattie letali, deve essere prevenuta e curata. La violenza non è la medicina giusta: non cura la malattia, uccide il paziente. “
Il rispetto per la Vita, la nostra e quella di tutto ciò che ci circonda, è segno di civiltà. Purtroppo, secondo Antonio Guterrez, segretario generale dell’ONU, in alcune situazioni ci stiamo avvicinando ai peggiori scenari ipotizzati dagli scienziati, con conseguenze per le persone e per tutti i sistemi naturali che ci sostengono.
C’è da preoccuparsi seriamente del rapporto che l’umanità ha con il Pianeta. E’ uno scenario a dir poco deplorevole quello della specie umana. L’uomo può essere paragonato ad un animale che lotta e prevarica l’altro per la conquista di territori. Non c’è granché ora che mi faccia ridere e forse un po’ tutti preferiamo scrivere al telefonino perché inconsciamente ci piace di più pensare che non conserveremo ricordi e testimonianze di un’epoca che tutto sommato avvertiamo disumana. Come ha sempre sostenuto Gino Strada, ABOLIRE LA GUERRA E’ L’UNICA SPERANZA PER L’UMANITÀ. Sono convinto che se l’Essenza del Femminino Sacro potesse avere più voce in questo mondo potrebbe quasi certamente decretare una società lontana dalle guerre, orrendo giochino voluto da tanti bimbi grandi, mai veramente cresciuti.. Continuo a essere fortemente convinto che se le guerre si facessero con duelli tra “capi di Stato” ce ne sarebbero molte meno, o nessuna. Tutto è sempre risolvibile senza ricorrere ad una guerra, ma l’uomo idiota ha bisogno di quel malato e perverso meccanismo personal/sociale per soddisfare voglia atavica e disturbata di prevaricazione e di leadership. Si creano fatturati nazionali giganteschi per comprare armi per poi espandersi: per andare dove? Stai a casa tua, uomo stupido e pensa a fare del bene e, se mai, a esportare del bene. Così conquisterai il bene più alto: la Stima, il Rispetto e la Collaborazione altrui nel caso di bisogno. Siamo tutti piccoli Istanti di UN enorme Firmanento.
Caro Al, purtroppo, ‘L’UOMO IDIOTA’ non è dotato del basik kit intelletto + cuore, né di coscienza, ‘muscolo’ che per funzionare bene andrebbe tenuto costantemente allenato. ‘L’UOMO IDIOTA’ soffre di una malattia peggiore dell’immoralità: l’amoralitá, la totale indifferenza, ed è per questo che molti hanno l’arroganza di mostrarsi tali, con protervia e veri e propri deliri di onnipotenza…
“Penso che sia necessario educare le nuove generazioni al valore della sconfitta. Alla sua gestione. All’umanità che ne scaturisce. A costruire un’identità capace di avvertire una comunanza di destino, dove si può fallire e ricominciare senza che il valore e la dignità ne siano intaccati. A non divenire uno sgomitatore sociale, a non passare sul corpo degli altri per arrivare primo. In questo mondo di vincitori volgari e disonesti, di prevaricatori falsi e opportunisti, della gente che conta, che occupa il potere, che scippa il presente, figuriamoci il futuro, a tutti i nevrotici del successo, dell’apparire, del diventare… A questa antropologia del vincente preferisco di gran lunga chi perde. E’ un esercizio che mi riesce bene. E mi riconcilia con il mio sacro poco.”
Gianfranco D’Amato (penultimo a da destra) con gli amici volontari che hanno partecipato a questa seconda Odissea della Pace.
Sono più di 70.000 i profughi ucraini arrivati in Italia dall’inizio della guerra, per la maggior parte donne e bambini. Non trovo le parole per poter descrivere le storie di chi ha perso tutto, dalla casa, alla famiglia, al lavoro, ed è fuggito dalle zone di guerra, scampando alla morte. Sui loro volti si leggono paura, dolore e profondo smarrimento. Non sanno come andrà a finire questa triste vicenda, non sanno quando e se rivedranno i propri cari, la propria patria. Molti di loro hanno varcato il confine, ma sono rimasti sulla linea di frontiera, con la speranza di potere tornare nelle loro città. Ma la guerra sta dettando legge e allontana un popolo dalla sua Terra. Tutto questo è inaccettabile. Sono molte le missioni umanitarie in atto che stanno consegnando in Ucraina i beni di prima necessità, i medicinali, e che stanno portando in salvo migliaia di persone, senza poter contare sulla solidità dei corridoi umanitari. Prezioso è l’impegno dei volontari che partecipano con grande volontà e tenacia a queste spedizioni. Impegno che continua anche al rientro in Italia con la messa in campo di progetti di prima accoglienza, assistenza, inserimento e integrazione, grazie ad una fitta rete di contatti e alla disponibilità di molte famiglie italiane. Queste imprese, queste storie di solidarietà e speranza, meritano di essere raccontate. Ne parlo ancora una volta con Gianfranco D’Amato, reduce da pochi giorni dalla sua seconda “Odissea della Pace” in Ucraina.
Ciao Donatella, abbiamo deciso di fare questo secondo viaggio quando, la volta scorsa, arrivati con i 16 convogli di aiuti al confine tra la Romania e l’Ucraina, abbiamo deciso di portare con noi in Italia alcuni profughi. Laggiù abbiamo visto tantissime mamme con i loro bambini e siamo riusciti a portare in salvo una ventina di persone. Non eravamo andati laggiù con quell’intento, ma visto che nel frattempo alcune famiglie si erano rese disponibili all’ospitalità, lo abbiamo fatto.
Rientrati
in Italia abbiamo ben ragionato sulla questione, avendo più chiara la
situazione che avremmo trovato in quei luoghi, e ci siamo organizzati per
tornare laggiù, con criteri totalmente differenti.
Siamo ripartiti venerdì 25 con 4 van. Eravamo in nove, per darci il cambio alla guida, e abbiamo caricato questi mezzi all’inverosimile, con scatoloni di viveri, medicine e altri beni di prima necessità. A differenza dell’altra volta avevamo già una rete di contatti tramite l’Associazione di ex universitari di Villa San Giuseppe, a cui appartengo, e inoltre avevamo i nominativi delle famiglie disposte ad ospitare i vari profughi. Voglio sottolineare che le famiglie coinvolte sono tutte di persone amiche o appartenenti a questa Associazione, in modo da garantire maggior sicurezza e controllo. La destinazione finale è stata il Piemonte, perché il nostro Collegio di studi è collocato a Torino. Una signora ucraina che vive a Milano, Mariya Tatarenko, che già ci aveva aiutato con la prima spedizione, è stata il fulcro di questa missione. Senza di lei non saremmo potuti partire. Ci ha dato molti suggerimenti e i numeri di telefono per individuare chi potesse avere bisogno del nostro aiuto e, cosa più importante, ci ha messo in contatto con Anna, la responsabile del centro di accoglienza di Zamosc, sul confine tra Polonia e Ucraina, meta del nostro viaggio.
https://youtu.be/Kro_Is7zFE0
Quello di Anna è stato l’aiuto determinante. Sono stato in contatto con lei per giorni interi, per individuare le persone da portare in Italia, già attese dalle famiglie dei nostri amici. Arrivati al centro profughi, Anna ci ha accolti come se ci conoscessimo da una vita. Grazie a lei e al suo instancabile lavoro siamo riusciti a portare in Italia 19 profughi ripartiti con noi a bordo dei van. Con loro anche due cani e un gattino.
Quando eravamo a Zamość ci siamo impegnati al massimo per riportare più gente possibile, anche se il tempo a nostra disposizione era poco. Eravamo riusciti a recuperare 16 persone e grazie all’intervento di Maryia, a Cracovia, si sono aggregate al gruppo altre tre, tra cui due anziani di Mariupol che avevano perso la loro casa ed erano stati tratti in salvo dalle macerie. Erano terrorizzati! E’ stato molto difficile convincere questi ultimi, perché erano talmente disorientati che facevano fatica a fidarsi e ad affidarsi. Ma alla fine, siamo riusciti a convincerli, assicurando loro che li avremmo accompagnati personalmente dalla famiglia che li avrebbe accolti.
Gianfranco D’Amato con i due coniugi di Mariupol
Abbiamo accompagnato la piccola Evelina dal centro profughi di Zamość a Rivoli, da Mario e la sua meravigliosa famiglia. Con lei, la mamma, la nonna e l’inseparabile cagnolino. A destinazione ha trovato un altro amico a quattro zampe e ha subito festeggiato il suo compleanno con una meravigliosa torta decorata con la bandiera ucraina.
“La generosità è un’onda che trasforma un piccolo gesto in un grande progetto: voglio ringraziare tutti coloro che hanno cooperato per la riuscita di quest’impresa con le donazioni, con il lavoro fisico, con ogni genere di mezzo e risorse. Non da meno è stato l’interesse del mondo del web, con molti influencer e personaggi che hanno lavorato con i volontari e hanno condiviso l’iniziativa in rete per farla conoscere”.
Arcivescovo Avondios Bica
Il progettoOdissea Della Pace – IL TUO AIUTO PER L’UCRAINA è nato per iniziativa di Avondios Bica, Arcivescovo della Chiesa Ortodossa di San Nicola al Lazzaretto a Milano, e di alcune organizzazioni di volontari dell’hinterland milanese e rappresentanti delle istituzioni comunali, che hanno sospeso le proprie attività per dedicarsi completamente a questa importante causa umanitaria, portando sostegni alla popolazione ucraina colpita dalla guerra. All’inizio del mese di marzo, é partita da Milano una lunga carovana composta da 16 tir, che dopo due giorni di viaggio senza sosta, ha consegnato oltre 150 tonnellate di beni di prima necessità direttamente in territorio ucraino. Venerdì 18 marzo è partita una seconda staffetta destinata a sostenere le strutture di accoglienza dei profughi e gli orfanatrofi dell’Ucraina L’Odissea della Pace è una delle tantissime iniziative di solidarietà nate in tempo record grazie alla partecipazione di moltissimi volontari e al contributo di molti personaggi famosi e influencer, che con i propri canali social hanno amplificato questa lodevole iniziativa, sensibilizzando e coinvolgendo così centinaia di cittadini che si sono presentati la notte prima della partenza per aiutare a caricare i tir. Tra questi ultimi, voglio ricordare Paolo Stella, Diego Passoni, Sirio, Victoria Cabello, Nilufar, Dario Head, Clementina Coscera, Alessandra Airo, Andrea Serafini, Nike Martens, Frank Gallucci, Giulia Gaudino, Davide Patuelli, Ana Laura Ribas, Federico Figini, Benedetta Piola, Angelo Cruciani, Tommaso Zorzi, Tommaso Stanzani, Edoardo Mocini. Un grazie speciale va a Event Management srl., alla Ditta Capozi che ha messo a disposizione camion e tir per il trasporto di viveri e farmaci, alle Associazioni Cleanbusters, Milano SoSpesa e Noah, alla Parrocchia cattolica di San Gerolamo Emiliani, al Comune di Milano zona 3, ai Comuni di Pieve Emanuele, Assago, Basiglio, Opera, Siziano, Rozzano, Gambolò e Segrate.
Tra i molti volontari di questa lodevole impresa c’é anche Gianfranco D’Amato che da Segrate si è unito al convoglio e ha tenuto il diario di bordo della spedizione.
Ciao Gianfranco, ci vuoi raccontare questa toccante esperienza?
Ciao Donatella, tutto é iniziato a febbraio con un sms di un amico, mentre stavo trascorrendo qualche giorno in montagna. Il messaggio diceva che a Segrate stavano facendo una raccolta per aiutare la popolazione ucraina e che avevano intenzione di pubblicare un volantino per coinvolgere le persone a donare cibo, vestiti e medicinali.
Un gruppo di persone era in contatto con la Chiesa Ortodossa di Milano e insieme siamo riusciti a raccogliere una incredibile quantità di aiuti. Il Comune di Segrate ci ha destinato degli spazi per il deposito e man mano che arrivavano le donazioni, i volontari ci aiutavano a smistarle e a inscatolarle. Col passare dei giorni, eravamo decine e decine di persone a gestire tonnellate di roba. E la cosa meravigliosa è che tutto è nato per caso. Nulla è stato programmato a tavolino.
A Cascina Commenda, sono stati giorni massacranti a lavorare fianco a fianco con decine di persone che avevano lasciato tutto per dedicarsi all’emergenza. C’era un fiume di gente che arrivava per donare l’inimmaginabile, ognuno portava quello che poteva e i bambini, in prima fila, regalavano i loro giocattoli per i bambini ucraini Sono state raccolte tonnellate di beni di prima necessità. Abbiamo trascorso ore a cercare mezzi e risorse, a pianificare, a sincronizzare meccanismi e programmare azioni, compiti per i quali generalmente servono settimane di tempo. Qualcuno ha deciso di scatenare una guerra, noi a Segrate, come tanti altri in tutto il mondo, abbiamo risposto così.
La sensazione di vivere in un luogo in cui la gente risponde con tanta generosità a un’emergenza non ha davvero prezzo! Da quando ho ricevuto il primo messaggio sull’iniziativa, è stato un diluvio di comunicazioni, adesioni, richieste di partecipazione. C’è tanta gente per bene che, oltre a esprimere un’opinione netta contro la guerra, ha deciso anche di darsi da fare. Si è messa in moto una macchina che sta creando un incredibile effetto domino. Sono orgoglioso di appartenere alla comunità segratese, che in questo drammatico frangente reagisce così.
E’ stato un lavoro estenuante concentrato in soli 4 giorni. E’ davvero incredibile quante persone si sono fatte in quattro per raccogliere, raggruppare, inscatolare, etichettare, trasportare migliaia e migliaia di pacchi.
Sì Donatella, io li ho definiti gli angeli di Segrate. Appena abbiamo iniziato la raccolta, avevo chiesto al mitico Nunzio Brognoli, leader indiscusso di questa estenuante attività durata quattro infiniti giorni, di raccogliere TUTTI i nomi delle fantastiche persone che hanno lavorato ininterrottamente. Sono così tanti che qualcuno è certamente sfuggito. Tra loro e con loro l’Associazione Nazionale Carabinieri e i volontari della Protezione Civile di Nunzio. Questi, uno per uno, i loro nomi: Nunzio Brognoli, Claudia Delissandri, Giulia Di Dio, Martina Paiè, Carmelo Alacqua, Mara Altomare, Giovanni Valore, Cornelia Bonfanti, Mario Sormani, Vitale Loto, Sabrina Casiroli, Grazia Santalucia, Maurizio Borgato, Corrado Luppi, Vanda Tubia, Guido Coltivato, Anna Maria Paci, Ornella Paci, Annamaria Legrottaglie, Enrica Mezzella, Giuliana Lusso, Silvia Milesi, Demetrio Russo, Gabriele Gazzoli, Fabrizio Giaccon, Lara Giaccon, Sestica Molle, Alessandro Andreoli, Liba Shevchenko, Mariella Bolchi, Andrea Bertani, Piera Ompi, Carmelo Alacqua, Angelo Nicoli, Ombretta Pizzera, Giouliana Lusso, Mary Pizzera, Alina Thompson, Federica Cazzaniga, Alessia Gandini, Anna Carriero, Dario Giove, Andrea Belloni, Filippo Goldoni, Mucchi Facchinetti, Celeste Facchinetti, Silvia Vitali, Giuseppe Ferrante, Maria Antonietta Romanoni, Elisa Bragagnolo, Paolo Casati.
Nel contesto di una situazione confusa e difficile in cui stanchezza e stress si accumulavano, questa è stata innanzitutto una squadra fenomenale di amici, unita da uno scopo comune. Una vera macchina da guerra, in moto per l’unica guerra che noi riconosciamo, quella a difesa della solidarietà.
L’Arcivescovo Avondios Bica prima della partenza del convoglio
Il 4 Marzo vi siete ritrovati al punto di raduno per la partenza, a Milano.
Sì, abbiamo recuperato 5 mezzi di trasporto e con altri volontari di Segrate ci siamo uniti alla carovana guidata dall‘Arcivescovo Avondius Bica, che aveva scelto come tappa di partenza lo spazio esterno della Ditta di trasporti Capozi, a sud di Milano. Un’organizzazione incredibile! Ogni mezzo era meticolosamente incolonnato e aveva sul fianco la scritta ‘aiuti umanitari per l’Ucraina’.
L’ingresso in SloveniaL‘arrivo a SuceavaLa coda al confine tra Romania e Ucraina
https://youtu.be/wHLzyjwP_HI
https://youtu.be/Hkx9ron87G8
https://youtu.be/XwSPjbGJ5CY
Sapevamo che il luogo di destinazione era al confine tra Romania e Ucraina, e che al nostro arrivo, avremmo avuto dei contatti grazie all’Arcivescovo Bica. Alcuni aiuti li avremmo dovuti lasciare al confine e altri li avremmo dovuti portare oltre confine, a 35 km, in una cittadina in Ucraina.
Noi non abbiamo attraversato il confine e ci siamo fermati al campo profughi, dopo un viaggio da incubo attraverso la Romania. Mentre in Slovenia e in Ungheria ci sono autostrade, in Romania ci sono strade dove non puoi superare gli 80 km orari. Abbiamo impiegato 32 ore per arrivare a destinazione!
Al campo profughi c’erano tantissimi volontari e Rumeni che lavoravano assiduamente. Avevano in braccio bambini ed era impressionante il flusso continuo degli arrivi di mamme e bambini. La temperatura era a meno 3 e nevicava copiosamente. C’era un brulichio, un fermento di umanità difficile da descrivere se non ci si trova in mezzo.
https://youtu.be/y1fNGzclAXs
Alcuni rappresentanti di associazioni di volontariato, con cui eravamo in contatto, ci hanno trovato da dormire in una canonica perché tutti gli alberghi erano pieni. Tutta la città era strapiena. Tutto era improvvisato e senza programmazione.
Chi era in possesso di passaporto poteva oltrepassare il confine. Alla dogana c’erano controlli molto severi ma alla fine le merci sono state portate in territorio ucraino. Noi volevamo sapere a chi sarebbero state destinate e sono state perciò scaricate insieme ai rappresentanti della Protezione Civile Ucraina.
I pacchi venivano spostati da un camion all’altro. Alcuni di noi sono saliti sui loro camion e hanno raggiunto la Chiesa del Vescovo ucraino per scaricarli personalmente nei magazzini, per monitorare il tutto ed essere certi che le merci arrivassero alle parrocchie ucraine. In questo modo, abbiamo seguito l’intero flusso delle merci.
E’ stata una grande prova questo viaggio.
Abbiamo dormito 10 ore in 4 giorni. Abbiamo viaggiato 1 giorno e mezzo senza sosta. Qualcuno ha dormito nei TIR e poi alla mattina prestissimo siamo andati al confine dove abbiamo trovato la situazione che ti ho descritto. Poi rientrati, siamo tornati al campo profughi per vedere se qualcuno poteva venire con noi, sui 15 mezzi che avevamo a disposizione. Questa azione é stata fatta con molta cautela. Perché é indispensabile conoscere il luogo preciso della loro destinazione e devono essere in possesso di documenti in regola altrimenti in Ungheria non possono entrare.
Noi del gruppo di Segrate abbiamo portato in Italia 8 profughi e altri 12 sono stati accolti sugli altri mezzi. Dei nostri, Veronica, la più piccolina (solo un anno d’età), é stata accompagnata a Bergamoinsieme ai suoi giovanissimi genitori e ad un’altra mamma con il suo bambino. Con me e l’amico Michele Romanelli, hanno viaggiato Olga e le sue due figlie: Anastasiia e Ksenia. rispettivamente di 4 e 9 anni, scappate da una città vicino ad Odessa. Per tutto il viaggio abbiamo comunicato con Google translator e Olga ci ha raccontato che i suoi genitori avevano perso la casa sotto i bombardamenti mentre suo marito e suo fratello erano rimasti a combattere. Lei era riuscita a fuggire con le figlie e voleva raggiungere a Catania la sorella. La cosa bella è che queste bambine, nonostante l’orrore vissuto in Ucraina, hanno giocato, riso e dormito durante tutto il viaggio verso l’Italia.
Gianfranco D’Amato sul Van insieme a Olga, Anastasiia e Ksenia
Sono stati molti i momenti emozionanti.
Tutto il viaggio lo è stato. Un momento molto bello è stato quando il segrateseNunzio Brognoli ha raggiunto il convoglio con la macchina della Protezione Civile e, superandolo, lo ha guidato fino in Ucraina.
E’ stato molto toccante vedere la piccola Veronica in braccio ai suoi genitori, vedere lo sguardo di Olga e delle sue due bambine.
Ti senti responsabile di queste vite.
La piccola Veronika in braccio al padre
Con Olga ci siamo scambiati tantissimi messaggi per sapere del loro arrivo in Sicilia. Purtroppo, appena arrivate, le cose si sono un po’ complicate. Pare infatti che non possano essere ospitate da sua sorella Nadia e inoltre, per poter ottenere i documenti da rifugiati, debbano rimanere per qualche tempo in una struttura religiosa a Ragusa, dove si trovano attualmente. Si spera che prossimamente possano tornare a Catania, vicino a Nadia.
Mi stanno contattando in tanti per questa vicenda: ma noi non abbiamo fatto niente di particolare. Quando abbiamo visto in tv quello che stava accadendo ci siamo semplicemente alzati dal divano. Alla fine, si tratta solo di alzarsi e di fare. Prendi un van e, invece di fare un viaggio, vai laggiù.
Maurizio Biosa, milanese, ha maturato molte esperienze di studio, professionali e di vita sociale. Negli anni novanta ha lavorato come educatore in diversi Centri di aggregazione e dal 1991 al 2002 è stato prima allievo e poi attore dellafamosa Compagnia QuellidiGrock. Fotografo freelance, promotore e portavoce del Forum Europeo del Teatro fino al FSE di Londra 2004, Biosa è stato co-fondatore e attore (con la CompagniaFigure Capovolte) del gruppo di ricerca e produzione teatrale Memoria del Presente. In ambito giornalistico ha collaborato con AGR (agenzia radio-giornalistica) e con la redazione di Box Office Italia. Nel 2011 si laurea in Programmazione dei Servizi e delle Politiche Sociali alla Facoltà di Sociologia presso l’UniversitàBicoccadi Milano: le sue aree di intervento sono l’interazione interculturale, la mediazione dei conflitti sociali, la mutualità di territorio, il sostegno alla patologia e alla fragilità e la riduzione del disagio sociale. Educatore professionale per la Comunità Mizar – Coop.va Filo di Arianna (Responsabile del servizio per la Rete Territoriale), Responsabile dell’Area notturna della Comunità di doppia diagnosi Alisei per CeAS – Centro Ambrosiano di Solidarietà, agente del cambiamento per i diritti sociali e specialista esperto della relazione educativa in contesti complessi o problematici, il suo percorso si allarga alla ricerca antropologica fino ad arrivare alle esperienze di auto mutuo aiuto dedicate al lavoro ed alle attivazioni di progetti sul territorio. Dall’autunno del 2017 è tra i soci fondatori di Radio NoLo aps. Sensibile allo sviluppo e alla progettazione “aperta” di reti territoriali di comunità, così come alla facilitazione, alla generazione e valorizzazione delle espressioni artistiche, culturali ed antropologiche già presenti sul campo, ha maturato anche esperienze nelle banlieues parigine ed in terra di Palestina, Gerusalemme Est (Shu’fat camp). E oggi? “Oggi affronto come il resto dell’umanità questa ‘fase pandemica’ e il fantasma della Terza Guerra Mondiale. Ma ci sono, viandante. Nessuno resti indietro. Restiamo umani e pace sulla Guerra all’Ucraina.”
L’Europa in apparente ripresa dalla Pandemia che ha colpito tutto il mondo è sprofondata dalla durezza dell’aspirante Zar Vladimir Putin. Da giorni vivo con grande preoccupazione gli eventi. Da giorni cortocircuito nel confronto con il reale. Come sotto assedio. Non riesco a prendere le distanze da quanto è accaduto al popolo Ucraino. Sono anche io in balia dell’”operazione militare speciale” voluta dal leader del Cremlino. Si sostiene da lustri che la prima vittima in una guerra sia la Verità. Una Ucraina, ‘amica e smilitarizzata’ è quella che qualche ora fa il Ministro della Difesa Lavrov ha ‘proiettato come un film’ con le sue parole, davanti ai giornalisti del mondo durante la Conferenza Stampa, al termine dell’incontro odierno col suo omonimo ucraino Kuleba, ad Antalya in Turchia. Non invasa ma voluta e sostenuta per liberarla e restituirla alla storia della grande madre Russia. Definitivamente denazificata e liberata dai tossicodipendenti e pure dai gay. Ma da oggi anche per difesa dagli attacchi degli Stai Uniti…
Io non credo alla Verità. La guerra è sempre, prima di ogni cosa, una catastrofe per i popoli. Questa guerra, arrivata al suo 15° giorno, è al momento capace di stravolgere l’esistenza di milioni di persone tra cui almeno 2.500.000 tra donne, anziani e bambini, già rifugiati all’estero. A detta di molti, la Resistenza del popolo Ucraìno e la imprevedibilità dei piani militari di Mosca potranno fare aumentare il numero di chi sarà costretto ad ‘andarsene’ dalla propria casa, o come la più parte, a lasciare il suo Paese. I rifugi di fortuna, i tunnel della metropolitana di Kiev. Bersagliati in tutto il paese dal nemico. Anche se oggi per loro è andata un poco meglio. Meno fuoco su di loro.
La Russia da giorni ha ‘aperto le sue braccia’ per accogliere con corridoi umanitari diretti ai propri confini le persone in fuga. Ma di fatto le scelte ed i modi di condurre l’Operazione da parte di Putin e dei suoi sottoposti, stanno spingendo chi scappa verso il confine Polacco, Moldavo e comunque verso un ‘ovest’, ambito e desiderato prima (l’agognato ingresso nell’UE), ed ora diventato la meta di una disperante fuga dalle proprie radici.
Verso l’Occidente, comunque… Senza “usare” le immagini che hanno fatto il giro del mondo nell’ultima settimana è il buon senso a proporre perché questo stia accadendo. Il buon senso e… le fosse comuni dell’ormai trucidata Mariupol. La scelta coraggiosa del Premier ebreo Zelensky e con lui di un popolo fiero a votarsi alla Resistenza dell’Ucraìna, fa il paio con questa invasione Russa. Anacronistica, quanto disorganizzata, medioevale nella strategia della sua condotta, folle perché verso il cuore e il futuro di un intero continente. Rifiutata e condannata dalla più parte dei Paesi aderenti a ciò che resta dell’ONU. Dall’Europa tutta. Messa in difficoltà dalla coalizione delle sanzioni e degli aiuti economici e militari all’Ucraina.
Resta per chi scrive l’obbligo di spiegare quale sia la frustrazione nel ‘vivere’ più che mai in questi giorni spaventosi quest’occidente. Contraddittorio e bollato, nella contemporaneità, dalla ‘esportazione della democrazia’ e dalla vertiginosa fuga dall’Afghanistan. Pronto a muovere eserciti per i propri interessi economici ma ridotto alle ‘sanzioni’ davanti alla pericolosa evoluzione verso un ipotetico nuovo Conflitto Mondiale che sarebbe probabilmente non più lungo di un’ora… Così come incapace di promuovere una campagna vaccinale mondiale per affrontare la pandemia. Ma a un tempo solo come uno di un popolo così radicalmente affezionato alla propria libertà.
Alla parola Libertà, a ciò che attualmente rappresenta tengo molto. Intimamente, nell’anima. Ho ereditato questo radicamento dalla Resistenza nel mio Paese al Nazifascismo. Dalla straordinaria vitalità di persone come Liliana Segre e dalla figura intellettuale, poetica e politica di Pier Paolo Pasolini. Dalla morte di Fausto Tinelli e Lorenzo (Iaio) Iannucci. Dal diritto all’autodeterminazione dei popoli, da quello Curdo a quella avversa a quello dei Palestinesi. Dalla devastazione di intere culture, antiche come quella Mesopotamica in Iraq e dall’annientamento della fresca rivolta dei giovani di Hong Kong così come fu degli studenti di Piazza Tienanmen. Dall’ipocrisia della ‘guerra umanitaria’ dei Balcani e da quella delle comfort-zones in cui in molti siamo troppo spesso barricati e da cui altri stanno fabbricando anche su questa “guerra” delle fake news. In qualche immorale modo per renderla plausibile.
Ed ecco che dopo tutto questo tempo, il sentimento dell’assedio nell’anima diventa di giorno in giorno insopportabile. Per non riuscire a sostenere altrimenti quelle donne, quegli anziani, quei bambini, inerti e in fuga davanti alla guerra di Putin. In un momento in cui alla libertà siamo un po’ tutti disabituati, fuori sincrono, disumanizzati dal distanziamento pandemico come dalla paura dell’altro. Legati solo dal timore del contagio e dalla speranza che si possa tornare a finalmente a “vivere”… Così come, fino a solo tre settimane fa, facevano le donne e gli uomini. Gli anziani e i giovani, l’infanzia in Ucraìna… Sorelle e fratelli. Come chi in Russia ora rischia la prigione (fino a 15 anni) se dice che questa è una guerra o manifesta per la fine delle ostilità.
Spero che questo incubo finisca presto, anche se probabilmente rischia di cambiare gli equilibri di un mondo che aveva più urgenza di far fronte unito contro la Pandemia e i cambiamenti climatici e non aveva certo necessità di un conflitto tanto pericoloso, le cui ferite mortali resteranno per lustri nelle memorie… Così come Putin, il nuovo “Zar”, internazionalmente riconosciuto come criminale di “guerra”.
Cessate il fuoco e… tornate a casa, tutti. Perché i bambini devono poter tornare a giocare a Maidan*.
Milano 10 Marzo 2022.
*Maidan in ucraìno vuol dire Piazza. E’ così chiamata la Piazza principale di Kiev, Capitale dello Stato libero di Ucraìna.
“Mai come in questi giorni questa canzone mi sembra avere un senso. Che delusione questo Futuro che si sta infeltrendo come un vecchio calzino di lana. Parafrasando il grandissimo Giorgio Gaber, ‘La Mia Generazione Ha Perso’, la testa e la memoria! Scusate ragazzi… “
Eugenio Finardi
Il mondo osserva le scene più tragiche appiattite dalle immagini di monitor e tv. E’ l’immagine di un mondo fuori posto, dove ogni logica è saltata e dove la normalità è sospesa. Non è una storia nuova lo svolgimento drammatico di questa guerra che ha frantumato in mille pezzi le molte illusioni sorte all’inizio degli anni Novanta con la figura di Mikhail Gorbaciov, allora segretario del Partito Comunista dell’Unione sovietica e presidente dell’Urss, a cui venne conferito il Nobel per la Pace, il 15 ottobre del 1990. Grazie alla “Perestrojka”, ci fu un radicale cambiamento nella società del suo Paese. Le riforme politiche e la scelta di interrompere alla corsa agli armamenti giocarono un ruolo determinante per porre fine alla Guerra Fredda. Ma questa parentesi illusoria, influenzata da un’eccessiva fiducia nel progresso, ha avuto vita breve. Perché la storia non ha un divenire lineare, ma è un’alternanza di periodi di pace ed espansione e di periodi di crisi e conflitti.
Lo sa bene Fulco Pratesi, Fondatore e Presidente Onorario WWF, a cui ho chiesto di darmi un suo pensiero su questo ennesimo disastro in atto. Con la grande disponibilità e cortesia di sempre, Pratesi mi ha risposto con queste parole:
“Cara Donatella, purtroppo quella a cui stiamo assistendo non è che una delle infinite scene del repertorio creato su un innocente Pianeta e sulla altrettanto innocente sua biodiversità, condannati a convivere con la più aggressiva, invadente e inarrestabile specie, assurdamente autodefinitasi Homo sapiens. Da millenni la Scimmia Nuda si accanisce sui propri simili e sulle incolpevoli creature vittime della sua avidità, intolleranza e violenza suicida, favorite da una crescita inarrestabile delle proprie moltitudini ai danni del Creato. Queste infinite guerre ingaggiate dall’uomo, magari rispondendo a orrendi stimoli di potere e sopraffazione ai quali stiamo assistendo terrorizzati e indignati, non finiranno mai finché non sarà tornata una nuova era in cui gli esseri umani non comprenderanno la necessità di amare tutte le creature e l’ambiente che le ospita, compresi i propri simili, anche i più indifesi. Come dice il Signore, attraverso le parole del Profeta Geremia ,”Vi ho condotti in un giardino, per saziarvi dei suoi frutti e dei suoi beni. Ma voi, appena stanziati, avete profanato la mia terra, avete reso la mia eredità un’ abominazione”.
E quale abominazione dobbiamo soffrire, più delle infinite guerre del Pianeta, in una delle quali oggi dobbiamo assistere a violente uccisioni, devastazioni di città e villaggi, prodromi di un futuro spaventoso che ci sta incombendo?”.
https://youtu.be/XSZDPlZLuNc
courtesy by Giorgio Palombino e Barbara Cossu
Già qualche mese fa, sul web giravano foto di bambini e giovani ucraini a cui veniva insegnato l’uso delle armi per prepararsi a difendere il loro paese dai soldati russi. Ad altri erano state date delle copie in legno di fucili Kalashnikov per allenarsi a mirare e a sparare ai loro nemici. Da tempo, a Kiev i cittadini erano stati messi alla prova su un percorso a ostacoli nel terreno di una fabbrica abbandonata, ricevendo lezioni di tattica militare e primo soccorso.
Foto: EPAFoto: AFP
Le immagini rilasciate da Planet Labs PBC confermano le voci di azioni intraprese in tutta l’Ucraina prima dell’inizio dell’invasione russa. All’aeroporto, le piste e le vie di rullaggio erano state bloccate, presumibilmente nel tentativo di impedire agli aerei russi di atterrare e utilizzare l’aeroporto. L’ampia offensiva della Russia, iniziata giovedì 24 Febbraio, si è rapidamente diffusa in tutto il paese con un attacco su tre fronti, via terra, mare e aria e ha preso di mira le infrastrutture militari in tutta l’Ucraina, nonché diversi aeroporti e altri luoghi chiave, utilizzando attacchi missilistici e artiglieria a largo raggio. L’aeroporto internazionale di Kiev era uno degli obiettivi principali.
Immagine satellitare che mostra le piste bloccate all’aeroporto Boryspil di Kiev il 25 febbraio. Foto: Planet Labs PBC
Nelle scorse settimane le immagini satellitari hanno mostrato soldati russi e artiglieria nella città bielorussa di Brest, a soli 10 miglia a est del confine polacco. Jack Detsch, giornalista che lavora alla Sicurezza Nazionale del Pentagono, afferma che si contavano più di 50 unità che trasportavano attrezzature pesanti in un’area di addestramento vicino alla città e in uno scalo ferroviario limitrofo. Le forze russe hanno preso progressivamente il controllo di porzioni dell’Ucraina settentrionale al di fuori della capitale Kiev, compresa la zona di Chernobyl, raggiungendo la città di Kherson, a nord della penisola di Crimea. Mariupol, Kharkiv, Irpin, sono state bombardate pesantemente. Irpin e Bucha, le due cittadelle alla periferia di Kiev sono il cuore del conflitto tra Ucraina e Russia alle porte della capitale. E’ finita sotto i bombardamenti anche la città di Leopoli, al confine con la Polonia, crocevia di profughi in fuga e di ucraini che rientrano per combattere. Secondo l’opinione del segretario di Stato americano Anthony Blinken, Vladimir Putin potrebbe spingersi ulteriormente nell’Europa orientale dopo aver preso il controllo totale dell’Ucraina.
Il negoziato di Instanbul
Da un video su Telegram, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha affermato che l’Ucraina continuerà il processo di negoziazione nella misura in cui dipende davvero da loro: “Contiamo sui risultati. Ci deve essere una vera sicurezza per noi, per il nostro Stato, per la sovranità, per il nostro popolo. Le truppe russe devono lasciare i territori occupati. La sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina devono essere garantite. Non ci possono essere compromessi sulla sovranità e sulla nostra integrità territoriale. Questi sono principi chiari“.
L’allontanamento da Kiev e dalle posizioni nel Nord dell’Ucraina, è stato definito da Vladimir Medinsky, capo della delegazione russa al negoziato, l’inizio dell’escalation militare. L’esperto politico Evgeny Minchenko ha rilasciato a Bloomberg la dichiarazione che c’é stata molta incomprensione su quel che le parti hanno detto ad Istanbul e ha sottolineato che, per ora,hanno avuto la comunicazione che ci sarà meno azione militare vicino a Kiev ed a Chernihiv, perché l’esercito russo sta concentrando le sue risorse contro l’esercito ucraino nel Donbass.
Da LaPresse Washington, 29 marzo. Nel loro colloquio telefonico il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, il premier italiano Mario Draghi, il presidente francese Emmanuel Macron, il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il primo ministro britannico Boris Johnson hanno esaminato i loro sforzi per fornire assistenza umanitaria ai milioni di persone colpite dalla violenza, sia all’interno dell’Ucraina che in cerca di rifugio in altri paesi, e hanno sottolineato la necessità di un accesso umanitario ai civili a Mariupol.
Courtesy by Marco De Angelis
La decisione di Putin di invadere l’Ucraina, con la visione di un imperialismo tout court, ha generato reazioni in tutto il mondo (reazioni di cui Le Grand Continent sta tenendo una mappa aggiornata).
Dalla Porta di Brandeburgo a Berlino, alla Tour Eiffel a Parigi, al Colosseo di Roma, sono state organizzate manifestazioni per dire un NO ALLA GUERRA, UNO STOP ALL’INVASIONE MILITARE voluta da Vladimir Putin. Il 6 marzo a Firenze è stato posto un drappo nero sulla statua del David in Piazza della Signoria come simbolo di lutto e di dolore per la guerra in Ucraina. Il sindaco Dario Nardella ha dichiarato: “Il David, emblema della libertà contro la tirannia, oggi si copre di nero. Nel giorno della nascita di Michelangelo, un gesto simbolico di lutto per ricordare le vittime di questa guerra e esprimere tutto il dolore di Firenze.“
Un segnale molto forte è stato dato dagli artisti russi Alexandra Sukhareva e Kirill Savchenkov, che, assecondati dal curatore Raimundas Malaauskas, non parteciperanno alla 59a Biennale dell’Arte di Venezia. Su Instagram, la Sukhareva ha scritto che “Non c’è posto per l’arte quando i civili muoiono sotto il fuoco dei missili,quando i cittadini dell’Ucraina si nascondono nei rifugi e quando chi protesta in Russia viene ridotto al silenzio. … Poiché sono nata in Russia non presenterò il mio lavoro al Padiglione della Russia alla Biennale di Venezia“.
La rivista TIME ha pubblicato un’immagine di copertina, illustrata da Neil Jamieson, che presenta le parole pronunciate dal presidente ucraino in un discorso al Parlamento europeo il 1° marzo: “La vita vincerà sulla morte e la luce vincerà sulle tenebre“. Su Twitter, colpisce la copertina insanguinata di The Economist. Una narrazione visiva della violenza di una guerra che va fermata!
‘La bellezza apre l’anima e ci fa vedere il paradiso. Solo lì troveremo tutte le risposte.’ Renato Scarpa
‘ ‘Laughter is the sound of angels’ di Donatella Lavizzari Opera dedicata a Renato Scarpa e Massimo Troisi Questa bellissima versione di “En la orilla del mundo” di Pablo Milanes e di Martin Rojas, é stata realizzata e interpretata magistralmente dal Maestro Matteo Nahum (Film Composer – Arranger – Guitarist) per rendere omaggio a Renato Scarpa. https://www.matteonahum.com
Ci sono cose nella vita che hanno un valore inestimabile e che non si misurano con la durata nel tempo, ma, come scrive Fernando Pessoa, nell’intensità con cui avvengono. Per questo motivo ci sono dei momenti indimenticabili, delle cose inspiegabili e delle persone Incomparabili. Renato Scarpa era una di queste. Penso che lui abbia lasciato un segno. Un profondo e indelebile segno proprio lì, in quel piccolo posto chiamato cuore. Renato resterà per sempre nella vita di chi lo ha amato e di chi gli ha voluto bene, di chi lo ha conosciuto e di chi lo ha apprezzato, sia come Uomo sia come Artista.
Classe 1939, milanese di nascita ma romano d’adozione, dopo il Teatro tascabile (un collettivo teatrale maturato in ambito universitario) Scarpa approfondì i suoi studi frequentando l’Accademia d’Arte drammatica, dove ebbe tra gli insegnanti Nanni Loy. Si dedicò con grande impegno anche al teatro, frequentando il Piccolo di Strehler e il Grassi. Sul grande schermo, il suo esordio avvenne alla fine degli anni Sessanta, con il film ‘Sotto il segno dello scorpione’ dei fratelli Taviani.
Attore versatile, dalle mille sfaccettature, in grado di interpretare ruoli sia comici che drammatici, con una carriera lunga oltre cinquant’anni, Scarpa è stato protagonista di moltissimi capolavori diretti da registi del calibro di Mario Monicelli, Steno, Dario Argento, Dino Risi, Marco Bellocchio, Liliana Cavani, Luigi Comencini, Roberto Rossellini, Nanni Moretti, Luciano De Crescenzo, Peter Del Monte, Giuliano Montaldo, Nicolas Roeg e tanti altri. Voglio ricordare ‘Suspiria’, ‘A Venezia un dicembre rosso shocking’, ‘Ricomincio da tre’, ‘Un sacco bello’, ‘San Michele aveva un gallo’, ‘Così parlò Bellavista’, ‘Un borghese piccolo piccolo’, ‘Piedone a Hong Kong’, ‘La stanza del figlio’, ‘Habemus Papam’, ‘Il Postino’, ‘Mia madre’, ‘Giulia e Giulia’, … Scarpa ha lavorato anche in produzioni estere come ‘Il talento di Mr. Ripley’ e ‘The Tourist’, e negli ultimi anni lo avevamo visto recitare in ‘Diaz’ di Daniele Vicari, ‘Il racconto dei racconti’ di Matteo Garrone e ‘I due papi’ di Fernando Meirelles..
“Bravo, lei è un vero imbecille“. Spesso raccontava, ridendo, che questo era il più bel complimento che gli era stato fatto nella sua lunga carriera, riferendosi, ovviamente, alla sua straordinaria interpretazione di Robertino, in ‘Ricomincio da tre’, (interpretazione che, come tante altre sue, ha per me il tocco di genialità surreale). E mentre ricordava quel film e i giorni trascorsi insieme all’amico Massimo Troisi, dal suo sguardo traspariva un miscuglio di gioia, amore e commozione. Ogni volta che parlava di lui, diceva sempre che aveva un animo puro e che era una di quelle persone che si incontrano quando la vita ha deciso di farti un regalo.
Talento, semplicità, profondità, gentilezza e discrezione, queste sono le cifre che hanno contraddistinto il percorso umano ed artistico di Renato Scarpa, un uomo nobile che, con la sua ricca umanità, la sua sensibilità rara, il suo immancabile sorriso e il suo garbo, ha regalato gioia, accarezzando il cuore di molte persone.
Tra i tantissimi pensieri pubblicati in suo ricordo, mi ha molto colpito quello che Rosaria Troisi ha condiviso sulla pagina ufficiale del fratello Massimo: ‘Grande, caro Renato, amico mio! Non ti lascerò andare, metterò il lucchetto al cuore e sarai per sempre in dolce compagnia, con le persone che ho amato di più in questo mondo. Il Signore ti abbia in gloria, amico mio, grazie per avermi onorato della tua amicizia.’
Qui di seguito ho raccolto le testimonianze di alcuni amici e le opere di Artisti che hanno voluto onorare Renato Scarpa.
Un uomo delicato, puro. Un’anima semplice e meravigliosa. Un amico speciale. Mi mancherà tutto di lui. La sua bontà, innanzitutto. E i suoi complimenti per i miei piatti. La “scarpetta” che non mancava mai. ‘Ho visto la guerra, la fame. E’ un crimine lasciare qualcosa nel piatto.’ Ti voglio bene Renato.
Nancy Cuomo – Cantante e produttrice discografica
Renato Scarpa omaggio di Alex Di Viesti
Qualche anno fa, incontrai Renato Scarpa per caso a Roma, al Teatro Olimpico, durante una serata dedicata al Maestro Franco Califano. Ho sempre avuto rispetto e una grandissima ammirazione per il modo in cui Scarpa interpretava i suoi personaggi, così straordinariamente veri. Abbiamo parlato del periodo che stavamo vivendo e di quanto fosse diventato difficile fare l’attore. Abbiamo poi ricordato i film di cui eravamo stati insieme protagonisti e ci siamo commossi ripensando all’amicizia che legava entrambi al regista Gianfranco Mingozzi. Renato aveva un aspetto mite. Mi ha sempre colpito la sua grande umanità. Era un piacere ascoltarlo parlare di Sergio, il personaggio ipocondriaco interpretato in ‘Un sacco bello‘ di Carlo Verdone. Grazie Renato per averci regalato tutti quei personaggi così strabilianti! Il Cinema italiano dovrebbe essere più riconoscente con Attori di questo spessore.
Carlo Mucari – Attore e cantante
Renato Scarpa omaggio di Antonia Carnasale
Una umanità e una sensibilità che mi avvolgevano ogni volta che ero vicino a lui, anche senza parlare.
Loretta Rossi Stuart – Attrice, autrice, coreografa
t
La sua umanità oltrepassava i confini umani, la sua amicizia e il suo affetto erano per le persone a cui voleva bene un dono prezioso. Un’anima gentile, un uomo meraviglioso. Ciao Renato, ciao amico mio.
Davide Mottola – cantautore, compositore, musicista e produttore artistico.
Davide e Gerry Mottola con Renato Scarpa
Facendo il mestiere dell’attore, ritengo che Renato Scarpa sia stato un gigante. Un riferimento come artista e come uomo. Ho avuto il privilegio di conoscerlo e ho respirato la sua umanità e simpatia. Grazie Renato per tutti i ruoli che ci hai regalato, ma soprattutto per la tua grande umiltà e semplicità. I tuoi consigli li porterò sempre con me.
La mia è una storia magica e ve la voglio raccontare. Durante una passeggiata nel centro di Roma, la mia mamma incinta e la sua amica umana, incontrarono Olympia Pratesi, figlia di Fulco (fondatore e Presidente Onorario del WWF Italia). Era talmente bella che lei se ne era innamorata al primo sguardo. In famiglia avevano sempre avuto barboncini e la mamma le ricordava tanto l’adorata Sheila, che purtroppo, dopo una lunga vita felice, era volata in cielo tra le altre stelle. Iniziarono a parlare e quando Olympia si presentò, dicendo il proprio cognome, l’altra signora trasalì perché era stata un’allieva di suo padre Fulco, durante il corso di restauro dei monumenti, alla Facoltà di Architettura. Si creò un legame tra di loro e al giorno dell’ottantesimo compleanno di Fulco, Olympia si presentò a casa con uno scatolone come regalo di compleanno. Fulco pensò che fosse il solito regalo tecnologico digitale, ma quando lo aprì, uscì il mio bel musetto color albicocca.
Robin da cucciolo courtesy@Fulco Pratesi
Lui e la moglie Fabrizia impazzirono dalla gioia e cominciarono a pensare come chiamarmi. Poiché in giardino c’era un loro nipotino che stava giocando con arco e frecce, chiesero a lui di scegliere un nome. E lui disse, con fare deciso: ‘Robin Hood!’ Oltretutto Robin in inglese significa pettirosso… non potevano trovare nome migliore per un rossiccio come me! Credo proprio di essere stato inviato dal Cielo per donare gioia a tutti loro.
Ho sentito Fulco che confessava alla nostra amica Donatella che da subito ero compenetrato nella sua vita ed ero persino in sintonia con il suo carattere, a volte impulsivo. Io sono sempre stato gentile, disponibile e, a sua detta, anche intelligente, ma soprattutto un cane ‘comodo’, perché sono piccolo e peso solo 4 kg. Insomma sono indispensabile, un amico prezioso. Così come lo sono state Suna e Sheila prima di me. Suna era un po’ più piccola e candida come la neve. Ecco perché l’avevano chiamata come il bianco uccello marino. Sheila invece aveva il mio stesso colore ed era adorabile!
Fulco Pratesi con la moglie Fabrizia e Robin courtesy@Fulco Pratesi
Pensate che Fulco mi ha raccontato che la portava anche al cinema! Una volta andarono a vedere ‘Mia moglie è una strega’ e poiché si annoiava un po’ (le piacevano solo i film gialli), si mise a gironzolare per la sala, tra le poltrone, e a un certo punto, quando apparì sullo schermo un gatto, lei si mise ad abbaiare a più non posso tra lo stupore generale e le risate della gente! Che pazzerella che deve essere stata….ma sicuramente dolce e amorevole come me. Citando Fulco, i gatti sono atavicamente degli animali da inseguire abbaiando. Magari però ritenendo prudente desistere dal chiassoso inseguimento quando uno di essi si ferma e ci guarda in maniera interrogativa.
Fulco ha sempre avuto un collegamento speciale con tutti noi animali, un amore immenso, uno scambio di emozioni che sono davvero impagabili. Non potrei desiderare di meglio. Donatella dice sempre che lui è in simbiosi, in sintonia con il pianeta Terra, e che ne è Ambasciatore per eccellenza. Come non volergli bene?
Lui si arrabbia sempre molto quando noi barboncini siamo chiamati cani ‘radical chic’ e quindi, per la sua grande ironia, lui stesso si è definito tale. Ha persino scritto un articolo sul Corriere della Sera, dove spiega l’importanza e l’imbarazzante intelligenza di noi barboncini. Lui dice che siamo diversi dalle altre razze canine perché siamo simili al lupo. Noi abbiamo una conformazione cranica sferica e non piatta nella parte superiore….quindi mooooolto più cervello!
Al contrario dei lupi, io preferisco dormire in una meravigliosa cuccia imbottita che sta ai piedi del letto di Fulco e ogni mattina, verso le 7, mi avvicino e gli lecco la mano per svegliarlo. Lui si alza e, dopo i tipici riti degli umani, raccoglie il Corrieredella Sera e la Repubblica che gli sono stati consegnati e si avvia verso il soggiorno, dove si accomoda su una grande poltrona. Io lo seguo e mi piazzo lì davanti, guardandolo fisso negli occhi fino a quando mi fa cenno di salire accanto a lui. E così me ne sto al calduccio, mentre legge i quotidiani (credo proprio che il film ‘Una poltrona per due’, si sia ispirato a noi).
Robin by Donatella Lavizzari
Poi mi viene voglia di farmi un giretto per la casa, ma poco dopo ritorno e riconquisto la posizione per farmi un bel pisolino, fino a quando la mia amica Giusy mi porta a passeggio. Con lei mi diverto sempre e faccio delle pazze corse nel parco. Sono talmente veloce che sembro un missile! Anche con Fulco inscenavo sempre frenetici caroselli sul prato e lo sfidavo a un gioco di riporti con i rami secchi, interrompendolo solo per brucare fili d’erba a scopo digestivo o per stendermi pancia a terra con la lingua di fuori.
Al rientro, mi dirigo verso la cucina, dove mi attendono delle squisite ali di pollo lessate mischiate con il riso soffiato: una vera bontà! Prima di iniziare a papparmi questa delizia, vado in perlustrazione attorno al tavolo perché da lì scende sempre qualcosa di buono. Aspetto con pazienza che mi allunghino pezzettini di formaggio o bocconcini di carne. Ora sì che si ragiona! Si deve sempre iniziare il pranzo con un antipasto sfizioso… stimola l’appetito! E poi, vogliamo discuterne? Vi sembra che mangiare dentro una ciotola sia appropriato e dignitoso per un cane del mio stile? Insomma! Aggiungete un posto a tavola! Ehm… sì, lo confesso, sono un po’ snob.
Ma non sono certo l’unico eh! Pensate che una volta, durante un’escursione nel Parco del Circeo, abbiamo incontrato Gruyère, un cinghiale molto socievole e educato. Si è avvicinato per salutarci e Fulco gli ha offerto del formaggio. Lui si è ritratto inorridito! ‘Ma stiamo scherzando? Io mangio solo quello svizzero!’ E noi siamo scoppiati in una fragorosa risata!
courtesy@Fulco Pratesi
E’ proprio vero, Fulco parla con tutti gli animali. Ovunque vada, riesce sempre a incontrare pennuti, pelosi vari, tipetti di ogni razza e colore, che gli diventano subito amici. Girovagando nell’Oasi WWF del Lago di Burano, nella Maremma grossetana, avvistammo un gruccione, un bellissimo uccello dal becco lungo e nerastro, leggermente ricurvo verso il basso, e dalla livrea variopinta. Un’esplosione di colori che usciva a mo’ di pennellate dal ‘fondo’ castano del dorso e dall’azzurro del ventre, con sfumature di giallo, verde, nero e arancione. Vedendoci arrivare, iniziò a volare in tondo sulla testa di Fulco. Poco dopo si posò lì vicino e si fece accarezzare la testa come se fosse un cucciolo domestico. Un gesto davvero inusuale per uno che adora gli spazi aperti e vive in zone ricche di vegetazione spontanea e cespugliosa, presso i corsi fluviali, i litorali e i boschi con radure. Ma ho imparato che tutto diventa possibile con Fulco!
courtesy@Fulco Pratesi courtesy@Fulco Pratesi
Lui è come San Francesco, comunica con tutti noi. E’ il mio supereroe. Ogni giorno, sul terrazzo dove ci sono le mangiatoie, arrivano tantissimi uccellini che gli raccontano dei loro viaggi e delle loro avventure. E lui annota tutto e li ritrae con pennelli e acquarelli. Dovreste vedere quanto è bravo! Ha un talento incredibile! Li ama come se fossero suoi simili, come dei figli!
Il menu principale del ristorante ‘Terrazza Pratesi’ è costituito da semi di girasole, pezzi di grasso, mele spaccate in due e soprattutto briciole di torte e di biscotti che fanno la felicità di pettirossi e cinciallegre, passeri e cinciarelle, capinere e occhiocotti. In questo luogo c’è realmente quella biodiversità tanto amata e raccontata da Francesco Petretti nei suoi libri e nei suoi documentari naturalistici. A proposito! Anche lui è stato allievo di Fulco!
Una volta atterrò persino un uccellino che gli portò una foglia di salvia molto profumata. Credo avesse voluto fargli un omaggio per la sua bontà e gentilezza. Anche le farfalle lo amano! Si posano sulle sue dita, come se fossero incantate da un richiamo irresistibile.
D’estate, nella casa di campagna, venivano a trovarlo persino alcuni ratti. Uno, in particolare, lo faceva abitualmente e ogni volta si mangiava tutte le pesche che riusciva ad acchiappare, guardando con quegli occhietti furbi sia lui sia Fabrizia.
courtesy@Fulco Pratesi
Amo stare in sua compagnia! A volte schiaccio un pisolino accanto a lui e sogno. Sogno di guidare un’auto sportiva rossa fiammeggiante e di attraversare campi e prati, villaggi e fattorie sperdute. ‘Ehi! Attente!’, dico rivolgendomi ad alcune signore mucche che stavano per attraversare la strada. E loro prendono a scappare di qua e di là, mentre oche e anatre starnazzano indignate sbattendo le ali e una gallinella, per lo spavento, deposita un uovo, fuggendo di corsa!
A gran velocità raggiungo le montagne. La strada sale ripida con molte curve, fino a raggiungere un ponticello di legno che sta sopra un tortuoso ruscelletto. Mi arrampico fino alla cima e volo giù dall’altra parte, raggiungendo la pianura che si estende fino all’orizzonte. Ed ecco, che all’improvviso, qualcosa si muove laggiù! Vedo una linea scura… sono cavalli selvaggi con le loro ondeggianti criniere al vento. Sento già lo scalpitio dei loro zoccoli sul terreno e i loro nitriti. Vorrei tanto cavalcarne uno, come nel far west!
Uno di loro si avvicina, si chiama Morello. I suoi occhi e il suo pelo corvino risplendono alla luce del sole. Io gli offro una zolletta di zucchero (per favore non chiedetemi che cosa ci fa una zolletta di zucchero su un’auto sportiva guidata da un barboncino!), ma lui preferisce di gran lunga la gomma da masticare che ha adocchiato sul cruscotto e, in un baleno, la prende e la mette in bocca, roteando sorpreso gli occhi perché non aveva mai mangiato qualcosa di simile e così strano!
Mentre è tutto preso a capire come mai i suoi denti non s’incrociano più nel modo giusto, gli metto il lazo al collo e con un salto mi lancio coraggiosamente sul suo dorso. Lui si solleva scalpitando, affonda la testa tra le zampe anteriori, rinculando di scatto e facendo di tutto per disarcionarmi! Sebbene mi stia aggrappando a lui con tutta la mia forza, scivolo goffamente sotto la sua pancia, riuscendo a malapena a risalire in groppa, attaccandomi alla criniera. Con un forte schiocco si rompe la bolla fatta con il chewing gum e puffete mi risveglio un po’ stralunato. E Fulco è lì che mi accarezza sorridendo e mi dice: ‘Robin che avventura hai sognato? Hai surfato sull’oceano insieme ai delfini come la volta scorsa o sei andato con un razzo sulla luna?!’.
Io spalanco gli occhi e ricambio il sorriso, strofinandomi addosso a lui, e poi li richiudo e volo sui mari con il mio rapido vascello pirata. Ad un tratto, una voce dolce rompe il silenzio: ‘Fulco! Robin!’. E’ Fabrizia che ci chiama. E’ ora di scendere in cambusa a preparare la cena.
Di Sandro Pertini restano alcune immagini indimenticabili, consegnate alla memoria da spezzoni televisivi. Sono immagini che hanno scandito alcuni degli avvenimenti della storia italiana, come, per esempio, la strage alla stazione di Bologna o la vittoria dei Mondiali di calcio nel 1982. In tutti quegli avvenimenti Pertini era presente sia nel suo ruolo istituzionale sia con la sua carica di grande umanità, con la sua storia che veniva da lontano, dalla guerra partigiana e dalla prigionia sotto il fascismo. Era una figura che gli italiani sentivano vicina. Divenne una sorta di nonno per i bambini e una vera e propria icona Pop.
PAZ, il geniale e visionario artista Andrea Pazienza vedeva in Pertini “l’ultimo esemplare di una razza di uomini duri ma puri come bambini“, una luce nella notte di una prima Repubblica compromessa dalla corruzione e dal malaffare. Con profonda ammirazione e complicità affettuosa lo trasformò in fumetto, dedicandogli storie, sketch umoristici, tavole e tantissimi disegni. Un campionario vastissimo e prezioso, che si estende dal 1978 al 1987, e che vede persino il luogosergente Paz fare da spalla al temibilissimo Pert in imprese in nome della libertà e della giustizia. Testimonianza di come Pertini fosse uno dei personaggi principali nell’immaginario dell’artista. Pertini ebbe sempre un rapporto divertito con la satira che lo prendeva di mira, tanto da avere una collezione di tutte le sue caricature e invitare al Quirinale i vari autori, da Tullio Pericoli alla redazione del “Canard enchainé”.
Dalla mostra «Paz e Pert» a Roma al Palazzo Incontro (2010 Fandango Libri S.r.l. Copyright Mariella e Michele Pazienza)
Nella sua figura, come mai prima di allora e come mai sarebbe accaduto dopo, un’intera nazione si riconosceva e riconosceva i valori ‘puliti’ della politica e ciò che la politica dovrebbe rappresentare nella sua accezione più alta: solidarietà, vicinanza e attenzione alle persone.
Ricordare Pertini, raccontarne la storia, ha senso non solo perchè ci consente di ripercorrere la storia di un italiano che attraversa il Novecento con piglio energico e picaresco, ma perchè ci permette anche di fare un punto su noi stessi, su come eravamo e su ciò che siamo diventati. Ci restituisce l’idea che possa esistere una politica in grado di tracciare la linea di un’etica civile e solidale, capace di guidare una società dialogante, aperta e più conciliante.
Realizzare uno spettacolo biografico non è mai facile perchè si rischia di cadere nel didascalismo o, ancor peggio, nell’agiografia. Soprattutto quando si vuole affrontare una figura come quella di Sandro Pertini, che si staglia come un gigante nella memoria e nell’immaginario collettivo, capace di rassicurare un’intera nazione durante gli anni difficili, a cavallo tra i Settanta e gli Ottanta.
Andrea Santonastaso foto @ https://teatrodellargine.org
Nicola Bonazzi, Andrea Santonastaso e Christian Poli hanno accolto questa grande sfida. SANDRO è senza dubbio alcuno, un’opera teatrale che dipinge al meglio la figura del ‘primo impiegato italiano’, ‘del politico mai Ministro‘, come lui stesso amava definirsi. Nelle parole di Poli e Bonazzi (SANDRO è scritto da Christian Poli, con inserti drammaturgici e regia di Nicola Bonazzi) e attraverso la voce e la forte presenza scenica di Andrea Santonastaso, prende vita quel piccolo grande uomo che mai si è piegato.
Andrea Santonastaso foto @ https://teatrodellargine.orgAndrea Santonastaso foto @ https://teatrodellargine.org
Con un monologo, viene raccontato il carismatico Presidente e, al tempo stesso, l’uomo perseguitato, il partigiano, il combattente per la libertà e l’uguaglianza. Una voce politica in grado di dire cose spesso scomode (come per es. i rischi di un fascismo sempre incombente), dette in virtù di una vita passata per 13 anni in reclusione e in confino, a causa della lotta serrata contro la dittatura. SANDRO è uno spettacolo a ‘tesi’ perchè prova a ricordarci che sono esistite persone che hanno combattuto per i propri ideali, fino a pagarne conseguenze molto gravi.
Ph. Donatella Lavizzari
Pertini Alessandro, del fu Alberto e di Muzio Maria, avvocato, socialista, fu confinato politico nell’isola di Ventotene. Qui di seguito, voglio riportare uno stralcio di un suo racconto, pubblicato in Italia, il terzo volume della Geografia di Enzo Biagi.
“Domenica 25 luglio: una serata come tutte le altre. Quando la radio diede il comunicato ci avevano già rinchiusi nel camerone. Eravamo più di settecento, nella stragrande maggioranza comunisti: Longo, Terracini, Scoccimarro, Camilla Ravera, Secchia. Poi c’erano Ernesto Rossi e Riccardo Bauer, del partito d’azione, e anche degli anarchici, gente che veniva dalle prigioni, naturalmente, che aveva fatto la guerra in Spagna, che era stata nei campi di concentramento francesi.
…. Noi laggiù vivevamo secondo regole immutate, che dovevano essere rispettate con rigore: si poteva uscire dagli stanzoni, dove alloggiavano dalle tre alle cinquanta persone, verso le otto del mattino, bisognava rientrare per le otto di sera. Non si doveva superre un certo limite, appunto, il confino. Camilla Ravera racconta nelle sue memorie le strade sassose, le siepi gialle dei fichi d’India, il mare grande e azzurro che ci circondava: paesaggi che erano vietati.
….Un giorno il direttore mi mandò a chiamare: ‘Ho una bella notizia per voi. E’ arrivato un telegramma che dispone per la vostra liberazione’. ‘ Grazie’ dissi. ‘Però io non me ne vado finchè qui resta uno solo di noi.’ Ma Camilla Ravera, che diede sempre prova di una straordinaria forza morale, Terracini e altri, mi convinsero che dovevo partire, per andare a perorare la causa dei detenuti, e così non diedi pace a Senise, Capo della Polizia, e a Ricci, che era agli Interni; li andavo a trovare ogni giorno con Bruno Buozzi. Erano restii, avevano nei confronti dei comunisti paura e odio. Minacciammo uno sciopero generale e l’argomento li convinse. Quando arrivò l’ultimo di Ventotene, potei andare a trovare mia madre. Era molto vecchia e mi attendeva. Stava sempre seduta su un muretto che circondava la nostra casa. ‘Che cosa fa signora?’ le domandavano. ‘Aspetto Sandro‘ rispondeva.”
Ph. Donatella Lavizzari
Pertini ha combattuto per i propri ideali, mai asseriti in maniera semplicistica o ingenua, ma sempre dentro l’agone delle idee, con la forza combattiva di chi si oppone ad una visione sopraffattoria della politica. Per questo motivo, nello spettacolo, la vicenda biografica di Pertini viene contrappuntata da una voce ‘corale’, l’Odiatore, che prova a rappresentare grottescamente questi impulsi violenti, prevaricatori, di cui spesso siamo tutti preda: perchè SANDRO non vuole essere solo il racconto della vita di un uomo, ma prova a rappresentare la possibilità, l’utopia, il desiderio di un’umanità più cordiale e disponibile. Come cornice, una scenografia essenziale, minimalista, ma caratterizzata da una forte potenza suggestiva e animata dall’alternarsi di buio e luce, e dai bellissimi disegni dello stesso Santonastaso, che vengono, di volta in volta, proiettati sulla quinta scenica.
SANDROè uno spettacolo che ti entra dentro, ti avvolge in un abbraccio fatto di emozioni, pensieri, sentimenti, riflessioni, … e tu stai lì, immobile. Ascolti, respiri, chiudi gli occhi… e ti lasci andare in quell’incanto chiamato Teatro.
GRAZIE ad Andrea Santonastaso, Artista Necessario.