Sono più di 70.000 i profughi ucraini arrivati in Italia dall’inizio della guerra, per la maggior parte donne e bambini. Non trovo le parole per poter descrivere le storie di chi ha perso tutto, dalla casa, alla famiglia, al lavoro, ed è fuggito dalle zone di guerra, scampando alla morte. Sui loro volti si leggono paura, dolore e profondo smarrimento. Non sanno come andrà a finire questa triste vicenda, non sanno quando e se rivedranno i propri cari, la propria patria. Molti di loro hanno varcato il confine, ma sono rimasti sulla linea di frontiera, con la speranza di potere tornare nelle loro città. Ma la guerra sta dettando legge e allontana un popolo dalla sua Terra. Tutto questo è inaccettabile. Sono molte le missioni umanitarie in atto che stanno consegnando in Ucraina i beni di prima necessità, i medicinali, e che stanno portando in salvo migliaia di persone, senza poter contare sulla solidità dei corridoi umanitari. Prezioso è l’impegno dei volontari che partecipano con grande volontà e tenacia a queste spedizioni. Impegno che continua anche al rientro in Italia con la messa in campo di progetti di prima accoglienza, assistenza, inserimento e integrazione, grazie ad una fitta rete di contatti e alla disponibilità di molte famiglie italiane. Queste imprese, queste storie di solidarietà e speranza, meritano di essere raccontate. Ne parlo ancora una volta con Gianfranco D’Amato, reduce da pochi giorni dalla sua seconda “Odissea della Pace” in Ucraina.
Ciao Donatella, abbiamo deciso di fare questo secondo viaggio quando, la volta scorsa, arrivati con i 16 convogli di aiuti al confine tra la Romania e l’Ucraina, abbiamo deciso di portare con noi in Italia alcuni profughi. Laggiù abbiamo visto tantissime mamme con i loro bambini e siamo riusciti a portare in salvo una ventina di persone. Non eravamo andati laggiù con quell’intento, ma visto che nel frattempo alcune famiglie si erano rese disponibili all’ospitalità, lo abbiamo fatto.
Rientrati
in Italia abbiamo ben ragionato sulla questione, avendo più chiara la
situazione che avremmo trovato in quei luoghi, e ci siamo organizzati per
tornare laggiù, con criteri totalmente differenti.
Siamo ripartiti venerdì 25 con 4 van. Eravamo in nove, per darci il cambio alla guida, e abbiamo caricato questi mezzi all’inverosimile, con scatoloni di viveri, medicine e altri beni di prima necessità. A differenza dell’altra volta avevamo già una rete di contatti tramite l’Associazione di ex universitari di Villa San Giuseppe, a cui appartengo, e inoltre avevamo i nominativi delle famiglie disposte ad ospitare i vari profughi. Voglio sottolineare che le famiglie coinvolte sono tutte di persone amiche o appartenenti a questa Associazione, in modo da garantire maggior sicurezza e controllo. La destinazione finale è stata il Piemonte, perché il nostro Collegio di studi è collocato a Torino. Una signora ucraina che vive a Milano, Mariya Tatarenko, che già ci aveva aiutato con la prima spedizione, è stata il fulcro di questa missione. Senza di lei non saremmo potuti partire. Ci ha dato molti suggerimenti e i numeri di telefono per individuare chi potesse avere bisogno del nostro aiuto e, cosa più importante, ci ha messo in contatto con Anna, la responsabile del centro di accoglienza di Zamosc, sul confine tra Polonia e Ucraina, meta del nostro viaggio.
Quello di Anna è stato l’aiuto determinante. Sono stato in contatto con lei per giorni interi, per individuare le persone da portare in Italia, già attese dalle famiglie dei nostri amici. Arrivati al centro profughi, Anna ci ha accolti come se ci conoscessimo da una vita. Grazie a lei e al suo instancabile lavoro siamo riusciti a portare in Italia 19 profughi ripartiti con noi a bordo dei van. Con loro anche due cani e un gattino.
Quando eravamo a Zamość ci siamo impegnati al massimo per riportare più gente possibile, anche se il tempo a nostra disposizione era poco. Eravamo riusciti a recuperare 16 persone e grazie all’intervento di Maryia, a Cracovia, si sono aggregate al gruppo altre tre, tra cui due anziani di Mariupol che avevano perso la loro casa ed erano stati tratti in salvo dalle macerie. Erano terrorizzati! E’ stato molto difficile convincere questi ultimi, perché erano talmente disorientati che facevano fatica a fidarsi e ad affidarsi. Ma alla fine, siamo riusciti a convincerli, assicurando loro che li avremmo accompagnati personalmente dalla famiglia che li avrebbe accolti.
Abbiamo accompagnato la piccola Evelina dal centro profughi di Zamość a Rivoli, da Mario e la sua meravigliosa famiglia. Con lei, la mamma, la nonna e l’inseparabile cagnolino. A destinazione ha trovato un altro amico a quattro zampe e ha subito festeggiato il suo compleanno con una meravigliosa torta decorata con la bandiera ucraina.
“La generosità è un’onda che trasforma un piccolo gesto in un grande progetto: voglio ringraziare tutti coloro che hanno cooperato per la riuscita di quest’impresa con le donazioni, con il lavoro fisico, con ogni genere di mezzo e risorse. Non da meno è stato l’interesse del mondo del web, con molti influencer e personaggi che hanno lavorato con i volontari e hanno condiviso l’iniziativa in rete per farla conoscere”.
Arcivescovo Avondios Bica
Il progettoOdissea Della Pace – IL TUO AIUTO PER L’UCRAINA è nato per iniziativa di Avondios Bica, Arcivescovo della Chiesa Ortodossa di San Nicola al Lazzaretto a Milano, e di alcune organizzazioni di volontari dell’hinterland milanese e rappresentanti delle istituzioni comunali, che hanno sospeso le proprie attività per dedicarsi completamente a questa importante causa umanitaria, portando sostegni alla popolazione ucraina colpita dalla guerra. All’inizio del mese di marzo, é partita da Milano una lunga carovana composta da 16 tir, che dopo due giorni di viaggio senza sosta, ha consegnato oltre 150 tonnellate di beni di prima necessità direttamente in territorio ucraino. Venerdì 18 marzo è partita una seconda staffetta destinata a sostenere le strutture di accoglienza dei profughi e gli orfanatrofi dell’Ucraina L’Odissea della Pace è una delle tantissime iniziative di solidarietà nate in tempo record grazie alla partecipazione di moltissimi volontari e al contributo di molti personaggi famosi e influencer, che con i propri canali social hanno amplificato questa lodevole iniziativa, sensibilizzando e coinvolgendo così centinaia di cittadini che si sono presentati la notte prima della partenza per aiutare a caricare i tir. Tra questi ultimi, voglio ricordare Paolo Stella, Diego Passoni, Sirio, Victoria Cabello, Nilufar, Dario Head, Clementina Coscera, Alessandra Airo, Andrea Serafini, Nike Martens, Frank Gallucci, Giulia Gaudino, Davide Patuelli, Ana Laura Ribas, Federico Figini, Benedetta Piola, Angelo Cruciani, Tommaso Zorzi, Tommaso Stanzani, Edoardo Mocini. Un grazie speciale va a Event Management srl., alla Ditta Capozi che ha messo a disposizione camion e tir per il trasporto di viveri e farmaci, alle Associazioni Cleanbusters, Milano SoSpesa e Noah, alla Parrocchia cattolica di San Gerolamo Emiliani, al Comune di Milano zona 3, ai Comuni di Pieve Emanuele, Assago, Basiglio, Opera, Siziano, Rozzano, Gambolò e Segrate.
Tra i molti volontari di questa lodevole impresa c’é anche Gianfranco D’Amato che da Segrate si è unito al convoglio e ha tenuto il diario di bordo della spedizione.
Ciao Gianfranco, ci vuoi raccontare questa toccante esperienza?
Ciao Donatella, tutto é iniziato a febbraio con un sms di un amico, mentre stavo trascorrendo qualche giorno in montagna. Il messaggio diceva che a Segrate stavano facendo una raccolta per aiutare la popolazione ucraina e che avevano intenzione di pubblicare un volantino per coinvolgere le persone a donare cibo, vestiti e medicinali.
Un gruppo di persone era in contatto con la Chiesa Ortodossa di Milano e insieme siamo riusciti a raccogliere una incredibile quantità di aiuti. Il Comune di Segrate ci ha destinato degli spazi per il deposito e man mano che arrivavano le donazioni, i volontari ci aiutavano a smistarle e a inscatolarle. Col passare dei giorni, eravamo decine e decine di persone a gestire tonnellate di roba. E la cosa meravigliosa è che tutto è nato per caso. Nulla è stato programmato a tavolino.
A Cascina Commenda, sono stati giorni massacranti a lavorare fianco a fianco con decine di persone che avevano lasciato tutto per dedicarsi all’emergenza. C’era un fiume di gente che arrivava per donare l’inimmaginabile, ognuno portava quello che poteva e i bambini, in prima fila, regalavano i loro giocattoli per i bambini ucraini Sono state raccolte tonnellate di beni di prima necessità. Abbiamo trascorso ore a cercare mezzi e risorse, a pianificare, a sincronizzare meccanismi e programmare azioni, compiti per i quali generalmente servono settimane di tempo. Qualcuno ha deciso di scatenare una guerra, noi a Segrate, come tanti altri in tutto il mondo, abbiamo risposto così.
La sensazione di vivere in un luogo in cui la gente risponde con tanta generosità a un’emergenza non ha davvero prezzo! Da quando ho ricevuto il primo messaggio sull’iniziativa, è stato un diluvio di comunicazioni, adesioni, richieste di partecipazione. C’è tanta gente per bene che, oltre a esprimere un’opinione netta contro la guerra, ha deciso anche di darsi da fare. Si è messa in moto una macchina che sta creando un incredibile effetto domino. Sono orgoglioso di appartenere alla comunità segratese, che in questo drammatico frangente reagisce così.
E’ stato un lavoro estenuante concentrato in soli 4 giorni. E’ davvero incredibile quante persone si sono fatte in quattro per raccogliere, raggruppare, inscatolare, etichettare, trasportare migliaia e migliaia di pacchi.
Sì Donatella, io li ho definiti gli angeli di Segrate. Appena abbiamo iniziato la raccolta, avevo chiesto al mitico Nunzio Brognoli, leader indiscusso di questa estenuante attività durata quattro infiniti giorni, di raccogliere TUTTI i nomi delle fantastiche persone che hanno lavorato ininterrottamente. Sono così tanti che qualcuno è certamente sfuggito. Tra loro e con loro l’Associazione Nazionale Carabinieri e i volontari della Protezione Civile di Nunzio. Questi, uno per uno, i loro nomi: Nunzio Brognoli, Claudia Delissandri, Giulia Di Dio, Martina Paiè, Carmelo Alacqua, Mara Altomare, Giovanni Valore, Cornelia Bonfanti, Mario Sormani, Vitale Loto, Sabrina Casiroli, Grazia Santalucia, Maurizio Borgato, Corrado Luppi, Vanda Tubia, Guido Coltivato, Anna Maria Paci, Ornella Paci, Annamaria Legrottaglie, Enrica Mezzella, Giuliana Lusso, Silvia Milesi, Demetrio Russo, Gabriele Gazzoli, Fabrizio Giaccon, Lara Giaccon, Sestica Molle, Alessandro Andreoli, Liba Shevchenko, Mariella Bolchi, Andrea Bertani, Piera Ompi, Carmelo Alacqua, Angelo Nicoli, Ombretta Pizzera, Giouliana Lusso, Mary Pizzera, Alina Thompson, Federica Cazzaniga, Alessia Gandini, Anna Carriero, Dario Giove, Andrea Belloni, Filippo Goldoni, Mucchi Facchinetti, Celeste Facchinetti, Silvia Vitali, Giuseppe Ferrante, Maria Antonietta Romanoni, Elisa Bragagnolo, Paolo Casati.
Nel contesto di una situazione confusa e difficile in cui stanchezza e stress si accumulavano, questa è stata innanzitutto una squadra fenomenale di amici, unita da uno scopo comune. Una vera macchina da guerra, in moto per l’unica guerra che noi riconosciamo, quella a difesa della solidarietà.
L’Arcivescovo Avondios Bica prima della partenza del convoglio
Il 4 Marzo vi siete ritrovati al punto di raduno per la partenza, a Milano.
Sì, abbiamo recuperato 5 mezzi di trasporto e con altri volontari di Segrate ci siamo uniti alla carovana guidata dall‘Arcivescovo Avondius Bica, che aveva scelto come tappa di partenza lo spazio esterno della Ditta di trasporti Capozi, a sud di Milano. Un’organizzazione incredibile! Ogni mezzo era meticolosamente incolonnato e aveva sul fianco la scritta ‘aiuti umanitari per l’Ucraina’.
L’ingresso in SloveniaL‘arrivo a SuceavaLa coda al confine tra Romania e Ucraina
https://youtu.be/wHLzyjwP_HI
https://youtu.be/Hkx9ron87G8
https://youtu.be/XwSPjbGJ5CY
Sapevamo che il luogo di destinazione era al confine tra Romania e Ucraina, e che al nostro arrivo, avremmo avuto dei contatti grazie all’Arcivescovo Bica. Alcuni aiuti li avremmo dovuti lasciare al confine e altri li avremmo dovuti portare oltre confine, a 35 km, in una cittadina in Ucraina.
Noi non abbiamo attraversato il confine e ci siamo fermati al campo profughi, dopo un viaggio da incubo attraverso la Romania. Mentre in Slovenia e in Ungheria ci sono autostrade, in Romania ci sono strade dove non puoi superare gli 80 km orari. Abbiamo impiegato 32 ore per arrivare a destinazione!
Al campo profughi c’erano tantissimi volontari e Rumeni che lavoravano assiduamente. Avevano in braccio bambini ed era impressionante il flusso continuo degli arrivi di mamme e bambini. La temperatura era a meno 3 e nevicava copiosamente. C’era un brulichio, un fermento di umanità difficile da descrivere se non ci si trova in mezzo.
https://youtu.be/y1fNGzclAXs
Alcuni rappresentanti di associazioni di volontariato, con cui eravamo in contatto, ci hanno trovato da dormire in una canonica perché tutti gli alberghi erano pieni. Tutta la città era strapiena. Tutto era improvvisato e senza programmazione.
Chi era in possesso di passaporto poteva oltrepassare il confine. Alla dogana c’erano controlli molto severi ma alla fine le merci sono state portate in territorio ucraino. Noi volevamo sapere a chi sarebbero state destinate e sono state perciò scaricate insieme ai rappresentanti della Protezione Civile Ucraina.
I pacchi venivano spostati da un camion all’altro. Alcuni di noi sono saliti sui loro camion e hanno raggiunto la Chiesa del Vescovo ucraino per scaricarli personalmente nei magazzini, per monitorare il tutto ed essere certi che le merci arrivassero alle parrocchie ucraine. In questo modo, abbiamo seguito l’intero flusso delle merci.
E’ stata una grande prova questo viaggio.
Abbiamo dormito 10 ore in 4 giorni. Abbiamo viaggiato 1 giorno e mezzo senza sosta. Qualcuno ha dormito nei TIR e poi alla mattina prestissimo siamo andati al confine dove abbiamo trovato la situazione che ti ho descritto. Poi rientrati, siamo tornati al campo profughi per vedere se qualcuno poteva venire con noi, sui 15 mezzi che avevamo a disposizione. Questa azione é stata fatta con molta cautela. Perché é indispensabile conoscere il luogo preciso della loro destinazione e devono essere in possesso di documenti in regola altrimenti in Ungheria non possono entrare.
Noi del gruppo di Segrate abbiamo portato in Italia 8 profughi e altri 12 sono stati accolti sugli altri mezzi. Dei nostri, Veronica, la più piccolina (solo un anno d’età), é stata accompagnata a Bergamoinsieme ai suoi giovanissimi genitori e ad un’altra mamma con il suo bambino. Con me e l’amico Michele Romanelli, hanno viaggiato Olga e le sue due figlie: Anastasiia e Ksenia. rispettivamente di 4 e 9 anni, scappate da una città vicino ad Odessa. Per tutto il viaggio abbiamo comunicato con Google translator e Olga ci ha raccontato che i suoi genitori avevano perso la casa sotto i bombardamenti mentre suo marito e suo fratello erano rimasti a combattere. Lei era riuscita a fuggire con le figlie e voleva raggiungere a Catania la sorella. La cosa bella è che queste bambine, nonostante l’orrore vissuto in Ucraina, hanno giocato, riso e dormito durante tutto il viaggio verso l’Italia.
Gianfranco D’Amato sul Van insieme a Olga, Anastasiia e Ksenia
Sono stati molti i momenti emozionanti.
Tutto il viaggio lo è stato. Un momento molto bello è stato quando il segrateseNunzio Brognoli ha raggiunto il convoglio con la macchina della Protezione Civile e, superandolo, lo ha guidato fino in Ucraina.
E’ stato molto toccante vedere la piccola Veronica in braccio ai suoi genitori, vedere lo sguardo di Olga e delle sue due bambine.
Ti senti responsabile di queste vite.
La piccola Veronika in braccio al padre
Con Olga ci siamo scambiati tantissimi messaggi per sapere del loro arrivo in Sicilia. Purtroppo, appena arrivate, le cose si sono un po’ complicate. Pare infatti che non possano essere ospitate da sua sorella Nadia e inoltre, per poter ottenere i documenti da rifugiati, debbano rimanere per qualche tempo in una struttura religiosa a Ragusa, dove si trovano attualmente. Si spera che prossimamente possano tornare a Catania, vicino a Nadia.
Mi stanno contattando in tanti per questa vicenda: ma noi non abbiamo fatto niente di particolare. Quando abbiamo visto in tv quello che stava accadendo ci siamo semplicemente alzati dal divano. Alla fine, si tratta solo di alzarsi e di fare. Prendi un van e, invece di fare un viaggio, vai laggiù.
Maurizio Biosa, milanese, ha maturato molte esperienze di studio, professionali e di vita sociale. Negli anni novanta ha lavorato come educatore in diversi Centri di aggregazione e dal 1991 al 2002 è stato prima allievo e poi attore dellafamosa Compagnia QuellidiGrock. Fotografo freelance, promotore e portavoce del Forum Europeo del Teatro fino al FSE di Londra 2004, Biosa è stato co-fondatore e attore (con la CompagniaFigure Capovolte) del gruppo di ricerca e produzione teatrale Memoria del Presente. In ambito giornalistico ha collaborato con AGR (agenzia radio-giornalistica) e con la redazione di Box Office Italia. Nel 2011 si laurea in Programmazione dei Servizi e delle Politiche Sociali alla Facoltà di Sociologia presso l’UniversitàBicoccadi Milano: le sue aree di intervento sono l’interazione interculturale, la mediazione dei conflitti sociali, la mutualità di territorio, il sostegno alla patologia e alla fragilità e la riduzione del disagio sociale. Educatore professionale per la Comunità Mizar – Coop.va Filo di Arianna (Responsabile del servizio per la Rete Territoriale), Responsabile dell’Area notturna della Comunità di doppia diagnosi Alisei per CeAS – Centro Ambrosiano di Solidarietà, agente del cambiamento per i diritti sociali e specialista esperto della relazione educativa in contesti complessi o problematici, il suo percorso si allarga alla ricerca antropologica fino ad arrivare alle esperienze di auto mutuo aiuto dedicate al lavoro ed alle attivazioni di progetti sul territorio. Dall’autunno del 2017 è tra i soci fondatori di Radio NoLo aps. Sensibile allo sviluppo e alla progettazione “aperta” di reti territoriali di comunità, così come alla facilitazione, alla generazione e valorizzazione delle espressioni artistiche, culturali ed antropologiche già presenti sul campo, ha maturato anche esperienze nelle banlieues parigine ed in terra di Palestina, Gerusalemme Est (Shu’fat camp). E oggi? “Oggi affronto come il resto dell’umanità questa ‘fase pandemica’ e il fantasma della Terza Guerra Mondiale. Ma ci sono, viandante. Nessuno resti indietro. Restiamo umani e pace sulla Guerra all’Ucraina.”
L’Europa in apparente ripresa dalla Pandemia che ha colpito tutto il mondo è sprofondata dalla durezza dell’aspirante Zar Vladimir Putin. Da giorni vivo con grande preoccupazione gli eventi. Da giorni cortocircuito nel confronto con il reale. Come sotto assedio. Non riesco a prendere le distanze da quanto è accaduto al popolo Ucraino. Sono anche io in balia dell’”operazione militare speciale” voluta dal leader del Cremlino. Si sostiene da lustri che la prima vittima in una guerra sia la Verità. Una Ucraina, ‘amica e smilitarizzata’ è quella che qualche ora fa il Ministro della Difesa Lavrov ha ‘proiettato come un film’ con le sue parole, davanti ai giornalisti del mondo durante la Conferenza Stampa, al termine dell’incontro odierno col suo omonimo ucraino Kuleba, ad Antalya in Turchia. Non invasa ma voluta e sostenuta per liberarla e restituirla alla storia della grande madre Russia. Definitivamente denazificata e liberata dai tossicodipendenti e pure dai gay. Ma da oggi anche per difesa dagli attacchi degli Stai Uniti…
Io non credo alla Verità. La guerra è sempre, prima di ogni cosa, una catastrofe per i popoli. Questa guerra, arrivata al suo 15° giorno, è al momento capace di stravolgere l’esistenza di milioni di persone tra cui almeno 2.500.000 tra donne, anziani e bambini, già rifugiati all’estero. A detta di molti, la Resistenza del popolo Ucraìno e la imprevedibilità dei piani militari di Mosca potranno fare aumentare il numero di chi sarà costretto ad ‘andarsene’ dalla propria casa, o come la più parte, a lasciare il suo Paese. I rifugi di fortuna, i tunnel della metropolitana di Kiev. Bersagliati in tutto il paese dal nemico. Anche se oggi per loro è andata un poco meglio. Meno fuoco su di loro.
La Russia da giorni ha ‘aperto le sue braccia’ per accogliere con corridoi umanitari diretti ai propri confini le persone in fuga. Ma di fatto le scelte ed i modi di condurre l’Operazione da parte di Putin e dei suoi sottoposti, stanno spingendo chi scappa verso il confine Polacco, Moldavo e comunque verso un ‘ovest’, ambito e desiderato prima (l’agognato ingresso nell’UE), ed ora diventato la meta di una disperante fuga dalle proprie radici.
Verso l’Occidente, comunque… Senza “usare” le immagini che hanno fatto il giro del mondo nell’ultima settimana è il buon senso a proporre perché questo stia accadendo. Il buon senso e… le fosse comuni dell’ormai trucidata Mariupol. La scelta coraggiosa del Premier ebreo Zelensky e con lui di un popolo fiero a votarsi alla Resistenza dell’Ucraìna, fa il paio con questa invasione Russa. Anacronistica, quanto disorganizzata, medioevale nella strategia della sua condotta, folle perché verso il cuore e il futuro di un intero continente. Rifiutata e condannata dalla più parte dei Paesi aderenti a ciò che resta dell’ONU. Dall’Europa tutta. Messa in difficoltà dalla coalizione delle sanzioni e degli aiuti economici e militari all’Ucraina.
Resta per chi scrive l’obbligo di spiegare quale sia la frustrazione nel ‘vivere’ più che mai in questi giorni spaventosi quest’occidente. Contraddittorio e bollato, nella contemporaneità, dalla ‘esportazione della democrazia’ e dalla vertiginosa fuga dall’Afghanistan. Pronto a muovere eserciti per i propri interessi economici ma ridotto alle ‘sanzioni’ davanti alla pericolosa evoluzione verso un ipotetico nuovo Conflitto Mondiale che sarebbe probabilmente non più lungo di un’ora… Così come incapace di promuovere una campagna vaccinale mondiale per affrontare la pandemia. Ma a un tempo solo come uno di un popolo così radicalmente affezionato alla propria libertà.
Alla parola Libertà, a ciò che attualmente rappresenta tengo molto. Intimamente, nell’anima. Ho ereditato questo radicamento dalla Resistenza nel mio Paese al Nazifascismo. Dalla straordinaria vitalità di persone come Liliana Segre e dalla figura intellettuale, poetica e politica di Pier Paolo Pasolini. Dalla morte di Fausto Tinelli e Lorenzo (Iaio) Iannucci. Dal diritto all’autodeterminazione dei popoli, da quello Curdo a quella avversa a quello dei Palestinesi. Dalla devastazione di intere culture, antiche come quella Mesopotamica in Iraq e dall’annientamento della fresca rivolta dei giovani di Hong Kong così come fu degli studenti di Piazza Tienanmen. Dall’ipocrisia della ‘guerra umanitaria’ dei Balcani e da quella delle comfort-zones in cui in molti siamo troppo spesso barricati e da cui altri stanno fabbricando anche su questa “guerra” delle fake news. In qualche immorale modo per renderla plausibile.
Ed ecco che dopo tutto questo tempo, il sentimento dell’assedio nell’anima diventa di giorno in giorno insopportabile. Per non riuscire a sostenere altrimenti quelle donne, quegli anziani, quei bambini, inerti e in fuga davanti alla guerra di Putin. In un momento in cui alla libertà siamo un po’ tutti disabituati, fuori sincrono, disumanizzati dal distanziamento pandemico come dalla paura dell’altro. Legati solo dal timore del contagio e dalla speranza che si possa tornare a finalmente a “vivere”… Così come, fino a solo tre settimane fa, facevano le donne e gli uomini. Gli anziani e i giovani, l’infanzia in Ucraìna… Sorelle e fratelli. Come chi in Russia ora rischia la prigione (fino a 15 anni) se dice che questa è una guerra o manifesta per la fine delle ostilità.
Spero che questo incubo finisca presto, anche se probabilmente rischia di cambiare gli equilibri di un mondo che aveva più urgenza di far fronte unito contro la Pandemia e i cambiamenti climatici e non aveva certo necessità di un conflitto tanto pericoloso, le cui ferite mortali resteranno per lustri nelle memorie… Così come Putin, il nuovo “Zar”, internazionalmente riconosciuto come criminale di “guerra”.
Cessate il fuoco e… tornate a casa, tutti. Perché i bambini devono poter tornare a giocare a Maidan*.
Milano 10 Marzo 2022.
*Maidan in ucraìno vuol dire Piazza. E’ così chiamata la Piazza principale di Kiev, Capitale dello Stato libero di Ucraìna.